Giugno 2025 - La vendetta sull'Iran

06 ottobre 2024 - 7 ottobre - Attacco all'occidente - L'antisemitismo nel 2024 - Convegno

01 ottobre 2024 - Iran lancia circa 200 missili balistici su Israele

28 settembre 2024 - Uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah - fautore di attentati in mezzo mondo

Un attacco che ha come effetto prioritario, oltre il massacro immediato di qualche migliaia di innocenti, la reazione furiosa di Israele. 
Lo scopo finale è far accendere ancora una volta, ancora di più, un sentimento antisemita.

Una delle parole di Gesù più dense di tenerezza e di attenzione al reale è il detto che segue l'annuncio dei fenomeni cosmici che accompagneranno la venuta del Figlio dell'uomo: “Dal fico imparate la parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina” (Mc 13,28)

La pietà non va dalla parte degli ebrei

Gli ebrei notano con rammarico che le vittime israeliane dei massacri di Hamas “non hanno diritto alla considerazione data dalle opinioni occidentali alle vittime palestinesi”. Stato sotto accusa da parte della comunità internazionale per il suo mancato rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite, Israele si sente e sa di non essere amato.

(dayFRitalian, 18 ottobre 2023)
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"Israele si sente e sa di non essere amato". E' proprio così, e si sapeva da molto tempo. Ma per chi ama Israele, sia egli ebreo o no, è sgradevole doverlo riconoscere ogni volta in un modo sempre nuovo. Che cosa sono i cortei filopalestinesi che proprio adesso, dopo quello che è accaduto, si è presa la briga di organizzare? Al di là di tutte le considerazioni politiche, che cosa emerge alla base di quello che hanno fatto i "miliziani" di Hamas il 7 ottobre? La risposta è semplice: odio. Puro odio verso lo Stato di Israele in quanto stato degli ebrei, e dunque odio verso gli ebrei. E' così difficile capirlo? Sì, è difficile per chi in qualche misura ne è partecipe. Perché non lo avverte, quindi non capisce perché mai lo si accusi di sentimenti così ignobili. Lui non odia gli ebrei, non è come i trogloditi di Hamas che sparano a vecchi e sgozzano bambini. Lui dice soltanto che però gli ebrei...
Marcello Cicchese


 

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Era ora

Dopo il primo attacco contro obiettivi in Iran nella notte di venerdì, gli esperti militari sono rimasti impressionati. Sabato, lo storico militare John Spencer ha dichiarato che sarà necessario riscrivere i libri di testo, poiché Israele sta scrivendo la storia militare.
   Il britannico ha elencato i punti salienti: 20 comandanti di alto rango eliminati, tra cui il capo dell'esercito, nove scienziati nucleari di spicco uccisi, la difesa aerea paralizzata, le rampe di lancio dei missili colpite per limitare la controffensiva e gli impianti nucleari protetti colpiti. “Mai visto prima”, ha affermato Spencer.

Preparazione e astuzia

  Israele aveva preparato con grande maestria il colpo contro l'Iran per anni. Il Mossad aveva segretamente installato dei droni vicino a Teheran. Nella notte dell'attacco iniziale sono stati attivati e hanno distrutto le rampe per i missili destinati ad attaccare Israele. Già in ottobre Israele aveva distrutto parte della difesa aerea in seguito al grande attacco iraniano.
   Inoltre, i vertici militari iraniani si erano lasciati cullare: dato che nel fine settimana era previsto il sesto round di negoziati sul nucleare, nessuno a Teheran si aspettava un attacco. I generali uccisi dormivano nelle loro case private invece che nei rifugi.
   L'offensiva di autodifesa è stata tuttavia possibile solo grazie ai recenti sviluppi nella regione: Israele ha indebolito in modo decisivo le cellule terroristiche dell'Iran ai confini del Paese (Hamas, Hezbollah) e nello Yemen (Houthi). In precedenza si temeva che questi gruppi terroristici avrebbero reagito con rappresaglie in caso di attacco all'Iran.

Attacco al centro del terrorismo

  Nella notte tra giovedì e venerdì è stato sferrato un attacco al centro del terrorismo, e questo è un bene. La distruzione di Israele fa parte della “ragion di Stato” della Repubblica Islamica. Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, il Paese ha ormai arricchito uranio per nove bombe atomiche. Secondo le informazioni israeliane, scienziati nucleari hanno condotto con successo esperimenti sulla progettazione di armi atomiche; inoltre, Teheran progettava di fornire armi nucleari a gruppi terroristici.
   L'attacco non è quindi arrivato un giorno troppo presto. Un'arma atomica nelle mani del regime di Teheran sarebbe già abbastanza terribile; nelle mani di gruppi terroristici che agiscono liberamente sarebbe apocalittico. Già all'inizio del suo mandato nel 2009, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva sottolineato che il terrorismo nucleare era “la minaccia più immediata ed estrema per la sicurezza mondiale”: “Un terrorista con un'arma nucleare può scatenare una distruzione massiccia”.

Logoramento

Ma non è necessario ricorrere al peggiore dei casi per comprendere l'attacco israeliano. Il leader iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei, ha descritto il suo punto di vista nel libro “Palestina”, pubblicato nel 2011: per sradicare il ‘cancro’ di Israele è necessaria una “lunga fase di guerra a bassa intensità”, ovvero una guerra di logoramento. La vita degli ebrei in Israele deve essere resa così insopportabile da costringerli ad andarsene.
   Questo tipo di guerra è stato ampiamente osservato negli ultimi anni. Israele ha dovuto affrontare continui attacchi missilistici e altri attacchi terroristici da parte di gruppi terroristici controllati dall'Iran, che nessuna altra nazione tollererebbe. Anche se dal 2011 è in funzione il sistema di difesa missilistica Iron Dome per ridurre al minimo i danni, la vita è comunque rimasta sotto costante minaccia, come nel caso degli attacchi missilistici di Hamas nel maggio 2021.
   Con una bomba atomica, l'Iran agirebbe con maggiore sfrontatezza. Teheran era già riuscita a rafforzare la sua politica anti-israeliana e a sostenere gruppi terroristici come Hamas con i fondi provenienti dall'accordo nucleare del 2015. Il massacro terroristico del 7 ottobre è stato reso possibile anche da questi finanziamenti. Tra i maggiori sostenitori dell'accordo sul nucleare c'era la Germania della cancelliera Angela Merkel, della “Unione Cristiano-Democratica” (CDU).

Negoziati come specchietto per le allodole

 A proposito dell'accordo sul nucleare, alcuni criticano  Israele dicendo che avrebbe dovuto puntare sui negoziati in corso. Ma i colloqui di questo tipo sono sempre stati solo fumo negli occhi. Da decenni l'Iran gioca al gatto e al topo con la comunità internazionale. Già nel 2006 l'AIEA era ormai allo stremo delle forze, tanto da sottoporre la questione al Consiglio di sicurezza dell'ONU. Nel 2003 aveva affermato in un rapporto secondo cui l'Iran svolge attività nucleari segrete da 18 anni.
   Il nuovo rapporto, che denuncia violazioni negli ultimi 20 anni, è quindi solo l'ultimo capitolo di un vecchio dramma, con la differenza che nel frattempo l'Iran ha compiuto notevoli progressi nel suo programma nucleare. Chiunque abbia un briciolo di buon senso sa che Teheran sta abusando dei negoziati per guadagnare tempo al fine di costruire la bomba atomica. Nessuno può chiedere a Israele di aspettare pazientemente.
   La minaccia non riguarda solo Israele, ma l'intero ordine liberale. L'esportazione della rivoluzione fa parte della ragion di Stato dell'Iran. Israele è in prima linea nella lotta tra civiltà e barbarie e sta compiendo grandi sacrifici: nei primi giorni di guerra, numerosi civili sono stati uccisi in Israele dai missili iraniani.
   Nonostante tutte le battute d'arresto, l'apertura dell'offensiva rimane un successo. Tuttavia, l'esito di questa operazione non è affatto chiaro. Per considerare il risultato un successo per Israele, sarebbe necessario almeno un colpo decisivo contro gli impianti nucleari e contro la minaccia proveniente da Teheran.
   Meglio ancora sarebbe un disinnesco duraturo del conflitto, ovvero la caduta del regime. Se il popolo iraniano dovesse cogliere l'attimo e sollevarsi contro il regime, i leader occidentali dovrebbero dimostrare coraggio e schierarsi dalla parte di questo popolo.

(Israelnetz, 16 giugno 2025 - trad. www.ilvangelo-israele.it
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A conferma e sostegno di questo "Era ora", riportiamo tre articoli del passato provenienti dalla medesima fonte. NsI 

L'Iran conta le ore che mancano alla “distruzione di Israele

L'Iran non fa mistero di voler distruggere Israele. Ad aprile (2018), il governo di Teheran intende organizzare per la prima volta un festival che segnerà simbolicamente il tempo che manca alla distruzione dello Stato ebraico.

TEHERAN – L'Iran vuole organizzare un festival per celebrare la distruzione di Israele. Martedì l'evento è stato presentato in una conferenza stampa a Teheran. Il festival, chiamato “Festival della clessidra”, sarà dedicato alla “prossima distruzione” di Israele attraverso l'arte e i media. Lo ha annunciato l'ex vice ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian.
   Il “vicino collasso” di Israele sarebbe basato su un piano segreto. Esso esisterebbe dal 2015. All'epoca, la guida spirituale Ayatollah Khamenei aveva annunciato che dal 2040 Israele non esisterà più. Amir-Abdollahian, che è anche segretario generale della “Conferenza internazionale per il sostegno alla Intifada palestinese”, ha affermato di non poter rivelare i dettagli del piano per la distruzione di Israele.
   Il segretario generale del festival, Mahdi Komi, ha dichiarato che “gli organizzatori collaboreranno con 2.400 organizzazioni non governative anti-israeliane in Europa, Nord America, America Latina e Asia orientale”. In questo modo il festival sarà pubblicizzato in tutto il mondo.

Collaborazione mondiale con organizzazioni anti-israeliane

Il festival inizierà il 21 aprile. Secondo il quotidiano online “Times of Israel”, sul sito web dedicato all'evento si legge: “Il Festival Internazionale della Clessidra è stato fondato con l'obiettivo di raccogliere e presentare produzioni antisioniste di sostenitori della giustizia, monoteisti e musulmani di tutto il mondo, al fine di denunciare le misure brutali e contrarie ai diritti umani del regime di occupazione sionista e dei suoi sostenitori”.
   Gli interessati sono invitati a inviare contributi su temi quali “il regime sionista assassino di bambini”, “Israele, un cancro” o “Israele, un regime artificiale, razzista e colonialista”. Questi possono essere, ad esempio, film d'animazione, app per smartphone, poster o giochi online.
   I contributi inviati saranno valutati. Il vincitore di ogni categoria riceverà 1.800 dollari. Il vincitore assoluto riceverà 2.700 dollari.

(Israelnetz, 2 marzo 2018 - trad. www.ilvangelo-israele.it

L'Iran minaccia nuovamente di distruggere Israele

Il leader iraniano, l'Ayatollah Khamenei, parla ancora una volta apertamente della distruzione di Israele. I suoi ultimi tweet (2020) hanno richiamato l'attenzione dei politici occidentali. Nel frattempo, Israele e l'Iran sono impegnati in scontri virtuali.

di Ulrich W. Sahm

GERUSALEMME / TEHERAN – I leader politici iraniani continuano a esprimere il loro desiderio di distruggere Israele e di “cancellarlo dalla mappa”. Con vignette e festival a tema ribadiscono la loro intenzione. Questa politica apertamente dichiarata dall'Iran è uno dei motivi dei ripetuti avvertimenti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alle Nazioni Unite e a quasi tutti gli ospiti politici stranieri.
  L'esempio più recente sono le dichiarazioni su Twitter del leader iraniano Ayatollah Ali Khamenei questa settimana. Mercoledì ha parlato della “distruzione del regime sionista”. In occasione dell'odierna Giornata anti-israeliana di Al-Quds – che in Israele coincide con la Giornata di Gerusalemme – ha pubblicato una serie di 25 tweet. In essi ha scritto tra l'altro: “Il regime sionista è mortale, un cancro e un danno per la regione. Sarà senza dubbio sradicato e distrutto”.

Israele: nessuno dovrebbe metterci alla prova

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto le dichiarazioni venerdì sera. Chi minaccia Israele di distruzione si espone proprio a questo pericolo, ha scritto Netanyahu su Twitter. Il ministro della Difesa israeliano ed ex capo dell'esercito Benny Gantz vede nella minaccia iraniana un “segno di debolezza”. Ha inoltre dichiarato: “Come persona che conosce bene la questione iraniana e che ha preparato le capacità operative dell'esercito israeliano, non consiglierei a nessuno di metterci alla prova”.
  Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha paragonato le dichiarazioni di Khamenei all'appello di Adolf Hitler al genocidio. “Questa depravazione dovrebbe smentire qualsiasi idea che l'Iran appartenga alla comunità delle nazioni. Siamo al fianco della Germania e di Israele contro questa forma di odio più antica e malvagia e diciamo ‘Mai più’”.

UE: la sicurezza di Israele è di fondamentale importanza

Altri politici occidentali avevano già reagito al tweet di mercoledì. Il capo della diplomazia dell'UE Josep Borrell ha dichiarato di condannare “con la massima fermezza” l'invito a ‘combattere’ Israele. “La sicurezza di Israele è della massima importanza e l'UE sarà al fianco di Israele”. Il ministro della Difesa tedesco Annegret Kramp-Karrenbauer (CDU) ha scritto: “Quando Khamenei invita a ‘eliminare’ Israele, mette a repentaglio la pace e la sicurezza di tutti noi. La sicurezza di Israele non è negoziabile per noi”.
  L'ambasciatore israeliano in Germania, Jeremy Issacharoff, ha tuttavia criticato Borrell. Le sue dichiarazioni non sono state sufficienti, poiché si è parlato solo di “combattere” Israele. “Khamenei non solo ha messo in discussione il diritto all'esistenza di Israele, ma ha anche scritto espressamente di ‘eliminare’ il regime sionista. Il significato di questa affermazione non è riconoscibile nella reazione dell'UE, che dovrebbe essere più che semplici parole”.
  Il portavoce per la politica estera del gruppo parlamentare FDP, Bijan Djir-Sarai, ha chiesto una “nuova strategia per l'Iran” alla luce delle dichiarazioni di Khamenei. Rivolgendosi al ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas (SPD), ha posto la domanda: “Per quanto tempo ancora si intende tollerare la politica aggressiva del regime dei mullah?”.

Attacchi informatici ai siti web

Ma non si tratta solo di scontri verbali. Ultimamente si sono intensificati i cyberattacchi reciproci tra Israele e Iran. Secondo esperti israeliani, dietro un attacco su vasta scala contro le infrastrutture idriche israeliane ci sarebbe l'Iran. A quanto pare, l'attacco è stato individuato in tempo e respinto con successo. Non sono stati riportati danni.
  Poco dopo, il 9 maggio, secondo un articolo del Washington Post, Israele avrebbe sferrato un massiccio attacco contro i porti iraniani. Anche in questo caso non si sarebbero registrati danni degni di nota. I militari israeliani hanno confermato in modo velato l'attacco, affermando che i danni sono stati “deliberatamente e pianificatamente” ridotti al minimo.

Fantasticherie di distruzione sui media

Nel frattempo, diverse aziende hanno segnalato alla radio israeliana che il loro sito web era stato hackerato dall'Iran. Le autorità ufficiali non sono state in grado di aiutarle.
  Uno dei siti hackerati appartiene all'organizzazione israeliana “Regavim”, che difende i diritti dei coloni. Il sito è stato ripristinato, ma è rimasto inaccessibile per ore. Al suo posto, su uno sfondo nero, era scritto in ebraico e in inglese: “Il conto alla rovescia per la distruzione di Israele è iniziato molto tempo fa”. Un link rimandava a un filmato con riprese aeree di Tel Aviv e Haifa. Si sentono poi delle esplosioni, mentre i grattacieli appena mostrati sono in fiamme e infine crollano.
  Filmati simili, per lo più brevi sequenze, erano già stati inviati anni fa a destinatari israeliani. Una volta era visibile un mosaico con la scritta “Olocausto”, mentre aerei nemici si avvicinavano e sganciavano bombe atomiche su Tel Aviv. Il messaggio era che gli ebrei di Israele dovevano prepararsi a un secondo Olocausto.

(Israelnetz, 22 maggio 2020 - trad. www.ilvangelo-israele.it


Israele: l'Iran ha ingannato l'Agenzia per l'energia atomica

Secondo il governo israeliano, a metà degli anni 2000 l'Iran avrebbe sottratto documenti segreti all'Agenzia per l'energia atomica e li avrebbe utilizzati per i propri scopi. L'Iran respinge queste accuse come false.

GERUSALEMME – Secondo il governo israeliano, l'Iran avrebbe spiato e ingannato l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA). Martedì il primo ministro Naftali Bennett (Jamina) ha presentato dei documenti risalenti al periodo tra il 2004 e il 2006 che proverebbero tale accusa. I documenti provengono dall'archivio segreto sull'energia nucleare dell'Iran, che Israele ha sequestrato nel 2018 durante un'operazione dei servizi segreti esteri Mossad.
   Bennett ha dichiarato che l'Iran avrebbe rubato documenti segreti all'AIEA. Grazie a questi documenti, il regime avrebbe potuto scoprire quali prove l'agenzia sperava di trovare sul programma nucleare. Sulla base di queste informazioni, Teheran avrebbe falsificato rapporti e nascosto prove per eludere le indagini dell'AIEA.

“Grave violazione della sicurezza interna”

Il “Wall Street Journal” ha pubblicato già il 25 maggio un articolo dal contenuto simile. Il quotidiano americano ha fatto riferimento agli stessi documenti che avrebbe ricevuto da “un servizio segreto mediorientale”.
   L'esperto di armi nucleari David Albright ha valutato nell'articolo gli eventi descritti come “una grave violazione della sicurezza interna dell'AIEA”. Il presidente e fondatore dell'Istituto per la Scienza e la Sicurezza Internazionale ha inoltre dichiarato: “L'Iran ha così potuto fabbricare risposte che ammettono ciò che l'AIEA già sa, rivelare informazioni che avrebbe comunque scoperto e allo stesso tempo nascondere meglio ciò che l'AIEA ancora non sa”.

Iran: “I sionisti diffondono menzogne”

Il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo, il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian è intervenuto al Forum economico mondiale di Davos. Alle accuse (nel video al minuto 26:30) ha risposto: “Purtroppo i sionisti diffondono molte menzogne”. Israele avrebbe affermato già molti anni fa che l'Iran era sul punto di costruire una bomba atomica. Tuttavia, la costruzione di una tale bomba non sarebbe nemmeno in linea con i valori iraniani.
   Bennett ha affrontato la questione nel suo video di martedì e ha contraddetto questa affermazione: è l'Iran che mente. “L'Iran sta mentendo ancora una volta al mondo. E il mondo deve assicurarsi che non la passi liscia”.
   Nel frattempo, non ci sono progressi nei negoziati sul nucleare. L'inviato speciale americano per l'Iran, Rob Malley, ha recentemente definito “scarse” le possibilità di un ritorno all'accordo sul nucleare. Solo lunedì l'AIEA ha riferito che l'Iran dispone di una quantità di uranio arricchito sufficiente per costruire una bomba atomica. Martedì l'aviazione israeliana ha simulato attacchi contro obiettivi lontani, che gli osservatori interpretano come esercitazioni in vista di un attacco contro gli impianti nucleari iraniani.

(Israelnetz, 1 giugno 2022) 
 

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La settimana di Israele: il momento decisivo della guerra

di Ugo Volli

Israele contro l’Iran

L’attacco israeliano all’Iran è ovviamente l’evento più importante dell’ultimo periodo, anzi dell’intera guerra. Non occorre qui richiamarne i dettagli. Basti dire che dalla prima mattina di venerdì l’aeronautica israeliana e il Mossad hanno eliminato i vertici dell’esercito e delle guardie rivoluzionarie (la torva milizia degli ayatollah), hanno neutralizzato le difese antiaeree tanto da aver ottenuto la totale superiorità aerea anche sopra Teheran, hanno colpito tre aeroporti di grandi dimensioni, eliminato buona parte dei missili balistici su cui l’Iran contava per reagire, hanno iniziato il lungo e difficile lavoro di eliminazione della macchina produttiva dell’armamento nucleare iraniano, compito reso particolarmente lungo e difficile per il fatto che essa è dispersa in numerosi siti e ovunque protetta da profondi tunnel nelle montagne e sottoterra, soprattutto perché Israele non ha i bombardieri capace di portare bombe gigantesche B52 e B2 che oggi sono solo disponibili agli Usa. Insomma lo smantellamento del potere aggressivo del regime degli ayatollah da parte del solo Israele, senza aiuti stranieri diretti, è iniziato con straordinaria efficacia.

L’Iran non riesce a rispondere

La reazione iraniana è stata debole e poco efficace: immediatamente dopo l’attacco uno stormo di 100 droni, tutti abbattuti, poi alcune raffiche di 50-100 missili balistici l’una, che hanno fatto danni materiali, alcuni feriti e anche due o tre vittime, ma senza rilievo strategico. Si ritiene che all’Iran, dopo i primi bombardamenti israeliani restino circa 1500 missili, quanto basta per attacchi di questa intensità per una decina di giorni, ma è per loro sempre più difficile schierarli e lanciarli senza che l’aviazione israeliana li distrugga a terra. È probabile comunque che nelle prossime notti vi siano altri allarmi e altri lanci, di cui una piccola percentuale potrebbe colpire il territorio israeliano. I gruppi terroristici che l’Iran aveva costruito anche come antemurale e arma di rappresaglia sono tutti più o meno impossibilitati a intervenire: Hezbollah ha dichiarato che non parteciperà ai combattimenti, Hamas è pressato a Gaza, gli Houthi hanno sparato un missile e i gruppi sciiti dell’Iraq qualche drone, che non ha fatto danni.

Gli schieramenti internazionali

La ragione e il diritto di Israele sono chiari a tutte le persone minimamente lucide. A parte l’amministrazione Trump che sapeva dell’attacco, appoggia a parole e con rifornimenti e soprattutto non ostacola né ricatta Israele, in Europa Germania, Francia, Gran Bretagna (le ultime due pochissimo amiche di Israele) hanno dichiarato che l’atomica iraniana è inaccettabile e che lo Stato ebraico ha diritto all’autodifesa. I paesi arabi hanno fatto dichiarazioni rituali contro l’attacco, ma hanno dato una mano a Israele nel respingere i missili iraniani (Arabia Saudita e Giordania) o hanno bloccato i manifestanti arrivati per creare torbidi al confine di Gaza (Egitto). E tutti guardano in realtà con un sospiro di sollievo allo smantellamento dell’arsenale nucleare di un nemico aggressivo e imperialista. Solo chi è accecato dall’antisemitismo, dall’odio per l’Occidente o dallo schieramento pregiudiziale a favore dell’integralismo islamico (almeno a parole) come Russia, Cina e vari paesi autoritari del Sudamerica ma soprattutto la sinistra europea (Spagna, Norvegia) e in particolare quella italiana, ha condannato l’azione israeliana.

Unanimità in Israele

Il governo israeliano, che aveva evitato proprio giovedì una insidiosa mozione di scioglimento del parlamento presentata dall’opposizione, che rischiava di essere approvata dai charedim, ora gode dell’appoggio di tutto lo schieramento parlamentare. Una prova di più che questa non è affatto la “guerra di Netanyahu”, come dicono anche personaggi ignoranti o in malafede del sistema politico europeo che pure si presentano ipocritamente come amici di Israele. È la guerra di tutto il popolo di Israele, guidata in maniera molto competente e astuta da un governo democraticamente eletto, per eliminare la minaccia terroristica. Ora la guerra è arrivata alla “testa del serpente” e se questo attacco avrà successo, potrà portare come conseguenza anche la pace che nessuno più degli israeliani desidera.

La strategia

Israele aveva tre obiettivi principali nell’attacco, una volta stabilita la superiorità aerea: disabilitare completamente il programma nucleare; distruggere la potenza convenzionale; ottenere un cambio di regime a Teheran, facendo sì che gli iraniani si liberassero del regime clerico-fascista degli ayatollah e riprendessero la loro libertà, come ha auspicato anche Netanyahu in un messaggio alla nazione persiana. Il secondo obiettivo è in parte raggiunto, ma richiederà ancora molto lavoro per essere realizzato in maniera sufficiente, com’è accaduto con la Siria. Bisogna ricordare che l’Iran ha circa otto volte la popolazione di Israele e quasi ottanta volte la sua superficie: questa enorme differenza di dimensione rende molto più lungo e difficile il compito di trovare armi e truppe nascoste. Il lavoro sul primo punto è iniziato bene, con danni molto gravi all’impianto atomico di Natanz; ma ve ne sono molti altri ufficiali e segreti, molto ben protetti. Lo smantellamento di Fordow è per esempio appena iniziato. È probabile che in certi casi ci sarà bisogno di forze speciali sul terreno, perché le bombe aeree non possono penetrare oltre un certo spessore. Per entrambi questi compiti la pianificazione israeliana, che è molto lucida e scientifica, ha previsto “almeno due settimane di bombardamenti”. Netanyahu ha allargato ancora, dicendo che Israele lavorerà “per tutto il tempo che ci vuole”. Potrebbe anche accadere che gli ayatollah decidano di tentare di colpire gli Usa, che hanno parecchie basi alla loro portata. Ma questo naturalmente provocherebbe una reazione americana che avvicinerebbe la loro fine.

In attesa della rivolta

Il terzo tema naturalmente è quello decisivo. Ci sono segni di sfaldamento del potere degli ayatollah, voci di fughe all’estero e contraddizioni politiche. Ma non può essere Israele a produrre la rivolta degli iraniani. Si sa che ci sono gruppi giovanili urbani (soprattutto donne) che hanno già tanto eroicamente testimoniato il dissenso negli anni scorsi e potrebbero tornare in piazza. Ci sono gruppi importanti colonizzati dallo stato iraniano: arabi sunniti sulla riva del Golfo, azeri nel nord, beluci (molto ben organizzati) all’estremo oriente del paese. Se e quando li vedremo prendere l’iniziativa, forse l’ora del regime sarà suonata. Ci potrebbe essere anche un colpo di stato di militari che non vogliono vedere a pezzi il paese. A seconda delle reazioni cambieranno anche gli obiettivi dell’azione israeliana. In caso di rivolta l’aviazione potrà aiutare gli insorti bombardando i miliziani del regime; se non vi sarà questa reazione, Israele si troverà probabilmente a dover mettere alle strette il regime attaccando le sue risorse economiche, innanzitutto pozzi e raffinerie di petrolio, porti civili, impianti elettrici e di trasporto. Comunque non bisogna aspettarsi una soluzione rapida. Siamo al momento decisivo della guerra, ma sarà un momento che ci terrà in tensione a lungo.

(Shalom, 15 giugno 2025) 

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Dai bunker ai cieli di Teheran. L’antica lotta per sopravvivere
di Fiamma Nirenstein
I bambini sono i più bravi: quando sei ancora semisvestito e scendi nel rifugio alle tre di notte, fanno due a due gli scalini polverosi e ripidi, scendono in una stanza buia dove al massimo c’è un materasso per terra, stanno tranquilli con gli occhi spalancati, non piagnucolano ne chiedono; se gli offri dell’acqua o un biscotto ti degnano di un cenno della testa, in genere negativo. Aspettano il bum: ecco, arriva, ne arrivano tre o quattro, i bambini chiedono senza mostrare ansia dove sono, se abbiamo colpito il missile, se è arrivato fin sul nostro terreno. La radio non dice tutto, per non indirizzare il nemico. Se dopo si comincia a fare qualche preparativo per uscire, i bambini ti ricordano di aspettare i dieci minuti secondo la regola e di guardare sul telefonino se il “pikud ha oref”, il fronte interno, ha confermato l’ordine. 
Alla tv schiere di giornalisti in genere impegnati nella politica interna uno contro l’altro, quasi tutti contro il Primo Ministro, adesso sono per un numero di ore impensabile impegnati a raccontare appassionatamente l’incredibile avventura di un piccolo Paese che ha dovuto affrontare la pletora dei dittatori più aggressivi del mondo per sopravvivere. Senza nessuna retorica, sono fieri dei piloti; sul teleschermo intanto appaiono anche i mozziconi degli edifici di Ramat Gan, e si ricordano i nomi di tre morti e venti feriti. A canale 12 il giornalista super di opposizione seduto accanto a un generale in divisa, spiega come in poche ore è stata ripulita la strada dai missili più fatali e pericolosi con un’acrobazia aerea da leggenda di duemila chilometri; ricorda la distruzione dell’impianto atomico da parte di Begin in Iraq e da parte di Olmert in Siria. Il coro di proteste internazionali che si levò contro queste operazioni indispensabili era guidato dagli USA, la parola d’ordine era la stessa: sopravviviamo.
 
La gente di Israele sa una cosa che il mondo ormai ignora nei suoi più imi precordi: che sopravvivere viene per primo, e che bisogna farlo con maestria, mirando giusto. Si deve ricordare che cosa è l’Iran e che cosa ha deciso, e qui ogni massaia lo sa benissimo: il 7 di ottobre fu preparato con la sua intensa collaborazione strategica, e poi i suoi Hezbollah erano pronti a completare l’invasione dei macellai, e di fianco la Siria e l’Iraq stringevano, pronti a completare l’operazione storica della distruzione di Israele. E di lato, sempre la stessa mano, il vecchio ayatollah iraniano circondato dalle Guardie della rivoluzione accanite e fanatiche nella distribuzione accurata di compiti nella distruzione di Israele, nel genocidio pianificato del popolo ebraico. Soldi a palate, fabbriche di armi letali, geniali costruzioni cibernetiche, scienziati, arricchimento palese e nascosto di uranio, assassini allenati dal Sud America a Gaza solo nell’uccisione di ebrei. Alleanza con la Russia di Putin, strusciamento con la Cina. Adesso per Israele, alla vigilia della bomba atomica, ci voleva un miracolo di bravura, ma bisognava chiudere: così non si poteva andare avanti. Una volta Golda Meyer spiegò a Kissinger che l’arma segreta degli ebrei è che non hanno nessun altro posto dove andare. Di più: non hanno nessun altro posto che sia il loro. Ieri una signora anziana la cui casa è stata distrutta commentava “Mia nipote di tre anni e mezzo mi ha chiesto il perché fuori della porta del botto spaventoso, e io le ho detto che forse da qualche parte era caduto qualcosa. Siamo rimasti a dormire nel rifugio fino alla mattina, tranquilli, chiusi, e ora ecco, la casa è distrutta, e noi si vive”.
 
La capacità di resistenza nell’affrontare anche questa guerra così funambolica e distruttiva contro gli ayatollah dopo due anni di Gaza, in cui i ragazzi e anche i padri di famiglia entrano e escono su un terreno in cui si rischia la morte, in cui Israele ha perso mille soldati, il lavoro, i figli, l’economia; la forza delle donne di reggere da sole famiglie con tanti bambini… è la componente che i nemici di Israele non sono capaci di prendere in considerazione. E’ il fantastico allenamento del popolo ebraico alla sopravvivenza persino nelle condizioni più estreme, la sua capacità di lavorare la terra mentre legge la Torah e fa la guerra anche dopo la Shoah.
C’è addirittura qualche povero illuso che disegna nei suoi interventi l’idea di una politica suicida di Israele, di Netanyahu. Niente è più sbagliato: così ha errato l’Iran con Sinwar quando ha interpretato il conflitto politico interno israeliano come un segnale di via al 7 ottobre; mai avrebbe immaginato, Khamenei, che i cercapersone avrebbero suonato la fine del suo maggior proxy, Nasrallah.
 
Immaginava invece che la mostruosa determinazione di Hamas a sacrificare tutta la sua gente costruendo sulla cialtroneria antisemita la leggenda “genocida” avrebbe creato un inghippo internazionale molto difficile per Israele: era vero. Pensava che i rapiti fossero una trappola sanguinante, geniale, Era vero anche questo. Ma se pensava con questo che il popolo ebraico avrebbe scelto di morire nelle sue tenaglie senza affrontare la radice del male, ha commesso lo sbaglio della sua vita. Ogni bambino prima dell’età scolastica sa già dire “am Israel hai”, il popolo d’Israele vive. E’ nella linfa genetica di un popolo che per sopravvivere ha dovuto imparare la strada dei miracoli. Non è la più facile, ma è quella che è stata già inaugurata e sperimentata nei secoli così tante volte, e che lo Stato d’Israele ha reso pane quotidiano superando senza tregua l’assedio di un odio ideologico e religioso senza remissione. Adesso, se si vede come Giordania, Siria, Arabia Saudita, Egitto, fermano nel cielo i missili iraniani, sembra aver trovato un suo punto. 
(il Giornale, 15 giugno 2025) 
 
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Israele ha agito: ora è il momento che si sollevi il popolo iraniano e colga questa opportunità unica per affermare la propria libertà - da Jerusalem Post, 15/06/2025

Per 46 lunghi anni, da quando l’ayatollah Ruhollah Khomeini si impossessò di una rivoluzione popolare ed eresse la Repubblica Islamica, il popolo iraniano ha vissuto sotto un regime che si nutre di paura.Nelle scorse 48 ore, quella paura si è bruscamente spostata: prima sugli uomini al comando nei palazzi di Teheran, poi sulle squadre lancia-missili che hanno scoperto cosa succede quando Israele decide di agire.

L’Operazione “Leone Nascente” – l’audace attacco delle Forze di Difesa israeliane alla macchina bellica e nucleare iraniana – ha ridisegnato la mappa strategica del Medio Oriente e offre agli iraniani comuni un’opportunità di quelle che capitano una sola volta in una generazione.

Il sionismo non ha mai implorato per la propria sopravvivenza, e non inizierà a farlo adesso. La domanda è se i cittadini iraniani, che patiscono da così tanto tempo, sono pronti a cogliere una concomitante occasione per la loro libertà.

Dalle prime esplosioni all’alba di venerdì su Isfahan fino alle intercettazioni di missili di sabato mattina sopra la Galilea, le Forze di Difesa israeliane hanno compiuto quello che il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha giustamente definito “un’impresa senza precedenti”.

Più di 100 aerei israeliani hanno colpito gli impianti di arricchimento sotterranei di Natanz, le basi dell’aviazione a Tabriz e Hamadan e i centri di comando nella stessa Teheran. Contemporaneamente, agenti del Mossad disarticolavano gli snodi della difesa aerea iraniana e sabotavano depositi missilistici nel cuore della Repubblica Islamica.

Il capo delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami, il capo delle forze armate Mohammad Bagheri e una serie di scienziati nucleari sono stati eliminati.

Non meno impressionante è stata la velocità con cui si è coalizzata la politica israeliana, notoriamente frastagliata e conflittuale. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha fornito ai leader dell’opposizione, Yair Lapid e Benny Gantz, briefing completi prima che decollassero i primi jet. Entrambi, che pure si sono scontrati duramente con la coalizione di governo su molte questioni interne, hanno rilasciato dichiarazioni di inequivocabile sostegno.

Il ministro delle finanze Bezalel Smotrich e la leader laburista Merav Michaeli, due personaggi agli antipodi dello schieramento politico, raramente si trovano insieme nella stessa notizia: venerdì è successo, quando entrambi hanno elogiato la professionalità delle forze di difesa e auspicato il loro successo.

 

La Knesset, che solo poche settimane fa era paralizzata da diatribe su leggi interne, si è unita in una standing ovation per i piloti.
Quando il Comando del Fronte Interno ha ordinato ai cittadini di andare nei rifugi, nei rifugi si sono ritrovati tutti: di sinistra, di destra, laici, ortodossi, arabi ed ebrei.

Questa unità è una risorsa strategica. Le più grandi vittorie di Israele – il 1948, il 1967, Entebbe, il raid sul reattore nucleare iracheno di Osirak nel 1981 – sono nate da momenti in cui il fronte interno ha detto ai soldati: “Andate, noi vi sosterremo”.
Ancora una volta vediamo la forza di una società che discute ferocemente il giovedì, e venerdì combatte fianco a fianco per la propria sopravvivenza.

Ora ci rivolgiamo a Teheran, Shiraz, Mashhad, Tabriz. Il regime ha investito le vostre ricchezze in milizie per procura, da Gaza al Libano a Sana’a (nello Yemen); in fabbriche di razzi e missili balistici; in sanguinosi complotti terroristici da Buenos Aires (in Argentina) a Burgas (in Bulgaria).
Ha promesso gloria e ha portato isolamento, inflazione, fiumi avvelenati e il più alto tasso di esecuzioni pro capite al mondo.
Nel 2022, avete scandito nelle piazze Zan Zendegi Azadi, “Donna Vita Libertà”, e le Guardie Rivoluzionarie hanno risposto con i proiettili. Ora quelle Guardie hanno scoperto che non godono di immunità.
Insorgete. Afferrate con tutt’e due le mani questo momento.
Milioni di israeliani hanno trascorso venerdì sera nei rifugi antiaerei scambiando messaggi WhatsApp con amici in Iran, offrendo preghiere e solidarietà. Non siamo in guerra con il popolo iraniano. Siamo in guerra con una banda che uccide ogni giorno siriani, yemeniti, israeliani. E iraniani.
Il sionismo insegna che la dignità non viene mai concessa: va afferrata e difesa. Oggi, dopo l’operazione israeliana più audace dai tempi di Entebbe, questo insegnamento dovrebbe apparire concreto.
Il cammino sarà arduo – le tirannie raramente crollano da un giorno all’altro – ma le Forze di Difesa israeliane hanno messo a nudo i nervi scoperti del regime.

Le sue difese aeree hanno fallito, i suoi missili (per quanto micidiali) non ottengono nemmeno lontanamente i risultati promessi, i suoi miti sono in frantumi. Persino la Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, si è trovato costretto a promettere vendetta “al momento che sceglieremo”: una formula che quasi sempre tradisce debolezza.
L’Operazione “Leone Nascente” non è finita. Netanyahu ha affermato che continuerà “finché la minaccia iraniana non sarà rimossa”.
L’auspicio che ora rivolgiamo al popolo iraniano è: non abbiate paura. I 46 anni che avete patito sono già troppi. L’asse del male che collegava Hamas, Hezbollah e la Forza Quds è molto più debole oggi di quanto non fosse giovedì scorso.
Prendete in mano il vostro destino e troverete partner in tutta la regione, da Riyadh a Rabat fino a – sì – a Gerusalemme.
Am Yisrael Chai: il popolo d’Israele vive. Che un libero popolo iraniano possa presto dire lo stesso della propria nazione.

(israelnet.it, 15 giugno 2025)

alex

Iran attacca con 200 missili balistici - Israele si difende su sette fronti per la sua sopravvivenza

Israele Orologio del Mondo Attacco Iraniano il 1 ottobre 2024 con circa 200 missili balistici, mentre Israele si difende su sette fronti per la sua sopravvivenza.

10 Tutte le nazioni m'avevano circondato; nel nome del SIGNORE, eccole da me sconfitte. 
11 M'avevano circondato, sì, m'avevano accerchiato; nel nome del SIGNORE, eccole da me sconfitte. 
12 M'avevano circondato come api, ma sono state spente come fuoco di spine; nel nome del SIGNORE io le ho sconfitte. 
13 Tu mi avevi spinto con violenza per farmi cadere, ma il SIGNORE mi ha soccorso. 
14 Il SIGNORE è la mia forza e il mio cantico, egli è stato la mia salvezza

Salmo 118
 



L’attacco iraniano contro Israele di martedì notte è il secondo mai compiuto dall’Iran contro il territorio israeliano, e di gran lunga il più grave. L’attacco precedente, dello scorso aprile, era stato in gran parte simbolico: l’Iran l’aveva segnalato con largo anticipo e Israele e i suoi alleati erano riusciti a intercettare praticamente tutti i missili e i droni lanciati contro il territorio israeliano.

 

Martedì le cose sono andate diversamente: l’Iran non ha fatto avvertimenti e ha lanciato a sorpresa circa 180 missili balistici, che sono tra i più difficili da intercettare. Molti sono caduti in territorio israeliano, anche in aree abitate: se le vittime sono state pochissime (un morto palestinese in Cisgiordania, pochi feriti) è soprattutto grazie all’efficacia del sistema di difesa antiaerea israeliano e alla presenza capillare di rifugi in tutto il paese, in cui milioni di israeliani hanno potuto nascondersi.

L’attacco è cominciato alle 19 e 30 israeliane: nelle ore precedenti sia gli Stati Uniti sia Israele avevano ottenuto informazioni che l’Iran stesse preparando un qualche tipo di azione militare, ma non c’erano certezze su quando e su come sarebbe avvenuto. Formalmente l’Iran ha attaccato Israele come ritorsione per l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e di altre personalità come il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh, ucciso da Israele lo scorso luglio. L’attacco è inoltre avvenuto nello stesso giorno dell’annuncio da parte dell’esercito israeliano dell’inizio dell’invasione del sud del Libano.

 

I missili balistici sono stati lanciati da basi militari in territorio iraniano e hanno impiegato circa una ventina di minuti ad arrivare in prossimità di Israele. Tra le altre cose, un pilota della compagnia aerea British Airways ha filmato dal suo aereo la partenza dei missili dalla base militare di Shiraz.

Quasi immediatamente i sistemi di allerta israeliani hanno avvertito della possibilità di impatti: l’ampiezza dell’attacco si vede bene da questa mappa pubblicata dall’esercito israeliano, che mostra come le allerte missilistiche abbiano praticamente coperto tutto il territorio di Israele, tranne le zone più desertiche del sud.

Immediatamente si è iniziato a capire che, al contrario di quanto era avvenuto ad aprile, molti missili iraniani non erano stati intercettati e stavano effettivamente cadendo in territorio israeliano.

Dopo relativamente poco tempo diversi analisti hanno spiegato che il sistema di difesa antimissile stava usando un approccio selettivo: intercettava i missili ritenuti più pericolosi, che rischiavano di cadere su centri abitati e obiettivi sensibili, e lasciava cadere quelli diretti verso campi aperti o zone disabitate.

Nonostante questo, molti missili non intercettati sono arrivati molto vicino a colpire edifici civili e obiettivi sensibili.

In generale, Tel Aviv è stata colpita in più punti dai missili iraniani.

L’attacco, dunque, era stato pensato per avere effetti distruttivi, o comunque per essere molto più pericoloso di tutti gli attacchi precedenti. Il fatto che, almeno in termini di morti e feriti, sia stato praticamente neutralizzato è merito soprattutto del sistema di difesa aerea israeliano.

Fonte: IL POST

alex

28 settembre 2024
Uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah - fautore di attentati in mezzo mondo
L’esercito israeliano ha confermato questa mattina l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, nel corso del raid effettuato su Beirut nel pomeriggio di ieri. “Hassan Nasrallah è stato ucciso”, ha detto un portavoce. Il raid, secondo la ricostruzione israeliana, sarebbe stato condotto sulla base di informazioni di intelligence riguardo a una riunione di leader sciiti nel quartiere di Dahiyeh.

 

alex

Rapito da Hamas - Ricongiunto dopo 8 mesi - giugno 2024
Il SIGNORE disse ad Abramo: «Va’ via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va’ nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». - Genesi 12

alex

Ragazze israeliane in mano ad Hamas dal 7 ottobre 2023
(se fossero nostre figlie?) - Israele, orologio del mondo.

Mentre monta, come "profetizzato" un sentimento antisemita per la dura reazione di Israele, assistiamo all'abdicazione della ragione. Un altro segno di questi tempi?

alex

Ap premiata per la foto dell’anno che ritrae il corpo di Shani Louk uccisa da Hamas: critiche social. Ma il padre non le condivide

Lo scatto con al centro la 23enne tedesca-israeliana mentre veniva portata via il 7 ottobre è di un reporter palestinese accusato di essere stato avvisato dai jihadisti

NEW YORK – L’immagine del suo cadavere martoriato e seminudo portato via dai terroristi di Hamas la mattina del 7 ottobre e poi esibito nelle strade di Gaza dai miliziani in parata come bottino di guerra, è diventato uno dei simboli della violenza di quella tragica giornata. Shani Louk, la 23enne tatuatrice tedesca-israeliana dal sorriso aperto e i lunghissimi capelli annodati nei dread era infatti una dei 260 giovani massacrati durante l’attacco al rave Supernova nel deserto del Nagev. La sua tragica sorte ha commosso il mondo. Ora però l’assegnazione di un prestigioso premio di fotografia a quello stesso scatto lo sta facendo indignare.

Le accuse ad Ali Mahmud

Il Reynolds Journalism Institute dell’Università del Missouri che si vanta di avere il concorso di fotogiornalismo più antico del mondo, ha infatti assegnato il premio per la categoria “Team Picture Story of the Year” – foto dell’anno scattate in squadra – all’Associated Press. Premiando una raccolta di 20 scatti, e fra queste anche immagini di Gaza in fiamme, aperte proprio da quella foto, terribile, del corpo della giovane Louk scattata appunto da un collaboratore di Ap: il freelance palestinese Ali Mahmud. Un reporter che in seguito è stato accusato da Israele di essere “embedded” con Hamas, di essere stato cioè preallertato dell’attacco e di aver avuto per quello l’occasione di scattare foto di scene terribili, insieme ad altri tre colleghi che poi hanno venduto gli scatti, oltre che ad Ap, a Cnn e Reuters. Contro di lui una causa è in corso, anche se ha sempre negato.

«Mi hanno svegliato i colpi, ho trovato la breccia aperta, sono uscito» ha infatti raccontato in seguito.

Dopo l’annuncio del premio, i curatori hanno pubblicato la foto sul sito web e sulla pagina Instagram del Reynolds: ricevendo però in poche ore migliaia di commenti negativi. Un’indignazione che ha fatto rapidamente il giro del mondo, viaggiando via social: “Un’oltraggiosa profanazione della vita ebraica”, ha dunque scritto un utente indignato su X. “Sono disgustato, scioccato infuriato che a questa immagine di Shani Louk assassinata sia assegnato un premio come foto dell’anno”, posta un altro. E ancora: “Questo è quanto valgono le donne israeliane per voi?”.

 

I responsabili del premio hanno dunque provato a difendersi: “Questa categoria mira a riconoscere lo sforzo collaborativo di uno staff fotografico nel coprire un singolo evento”, hanno scritto sul sito. “È una narrazione. Documentare le ultime notizie in tutto il mondo, non importa quanto orribili, è il nostro lavoro. Senza Ap e altre testate giornalistiche, il mondo non avrebbe saputo cosa stava succedendo il 7 ottobre”.

A rispondere, ci ha dunque pensato Hen Mazzig del Tel Aviv Institute Social Media Laboratory: «Le foto che mostrano violenza e morte possono essere degne di nota o importanti quando umanizzano i morti o galvanizzano il pubblico. La foto vincitrice di quel contesto non fa nessuna delle due cose; disumanizza Shani che non è nemmeno nominata, ritraumatizza la sua famiglia e legittima le azioni di Hamas con il pretesto della neutralità giornalistica».

La posizione del padre

Ma in realtà Nissim Louk, padre di Shani, sostiene esattamente il contrario: «Sono felice che lo scatto sia stato selezionato e premiato. È una delle immagini più importanti degli ultimi 50 anni. Immagine capace di plasmare la memoria umana. Pesa come quella del bambino ebreo con le mani alzate o dei paracadutisti al Muro del Pianto. Simboleggia un'epoca. Questa documentazione di Shani e il video di Noa Argamani portata via su una motocicletta sono i simboli di quella tragedia. Tra 100 anni, chi le guarderà saprà cosa è successo qui. Tutti diranno immediatamente questa era Shani».

Fonte: Repubblica

alex

L’autore inglese Lee Kern è andato in Israele a vedere i 45 minuti di ripresa dalle bodycam dei terroristi, dalle telecamere e dai cellulari delle vittime. Questi sono i suoi appunti

Pubblichiamo ampi stralci del resoconto che l’autore britannico Lee Kern (è uno degli autori di “Borat-Seguito di film cinema”) ha pubblicato su Substack.

Mi chiamo Lee Kern. Ho 45 anni. Sono uno scrittore di Londra. Dopo aver visto filmati di alcuni dei crimini commessi da Hamas contro i civili israeliani il 7 ottobre 2023, sono andato in Israele e ho chiesto il permesso di partecipare a una proiezione stampa con filmati che le famiglie hanno chiesto di rendere pubblici. Non è questo che voglio fare nella vita. Sono un civile. Sono un artista. Ho la mia salute mentale da proteggere. Ma è diventato chiaro che stiamo vivendo la negazione dell’Olocausto in tempo reale. Chi vuole distruggere Israele e serba rancore verso gli ebrei non è il mio pubblico: abbraccia un anti intellettualismo che rincorre obiettivi mendaci. Ma sono ancora convinto che il mondo civilizzato abbia un vantaggio su coloro che sono debilitati dall’odio e dal complottismo. Scrivo per loro, e anche per le vittime. Di seguito sono riportati gli appunti che ho preso durante la proiezione del filmato che dura quarantacinque minuti. E’ estremo fin dall’inizio, e lo diventa sempre di più. 

Di seguito sono riportate le descrizioni dei filmati girati dai terroristi di Hamas con le loro bodycam e i telefoni cellulari. Ci sono anche i filmati delle dashcam, delle telecamere a circuito chiuso e dei telefoni cellulari delle vittime.

Il filmato inizia quando Hamas entra dentro Israele. I miliziani sono su camion e moto. Gridano Allahu Akbar. Ancora e ancora. Allahu Akbar. I loro volti sono raggianti di gioia. Sono così felici.

I terroristi sono su una strada. Un’auto civile guida verso di loro. Iniziano a sparare. Sono tantissimi, in piedi sulla strada. Una lunga fila di uomini con i fucili che sparano contro un’unica macchina. L’auto danneggiata continua a muoversi, ma lentamente. Un terrorista fa un gesto con la mano verso il veicolo – quasi fingendo di essere un amico – chiedendo gentilmente di rallentare in modo che possa sparargli. Spara altri proiettili. L’uomo e la donna nell’auto sono morti. I loro corpi vengono tirati fuori e lasciati senza vita sulla strada.

Filmati di terroristi che sparano a un corpo a terra. I suoi pantaloni sono abbassati, le natiche nude.

Non c’è dubbio che questa sia una guerra contro i civili. Non ci sono militari israeliani. Coloro che vengono uccisi non sono tragicamente coinvolti in una sparatoria. Non sono il danno collaterale di un obiettivo militare giuridicamente accettabile. Uccidere civili è chiaramente l’obiettivo. Non è guerriglia. E’ omicidio di massa. Stiamo guardando una banda criminale di assassini che si scatena e che fa più morti possibile.

I terroristi hanno gli Rpg, i lanciagranate portatili, e sparano a un veicolo civile, che cerca disperatamente di tornare indietro, ma non ne ha la possibilità. Gli occupanti muoiono nella confusione totale. Si sente ancora Allahu Akbar.

I terroristi esultano sopra a un uomo morto e a una donna piena di fori di proiettile sulla strada. E’ come Spring Break per loro. Si divertono così tanto.

Una rotonda. Un veicolo in avvicinamento chiaramente non capisce verso cosa sta guidando. Vede gli uomini sulla strada e rallenta. Capendo che qualcosa non va, accelera per cercare di fuggire. Hamas lo insegue come in una caccia, sparando selvaggiamente. I civili vengono uccisi. Hamas tira fuori i trofei dalla macchina per vedere cos’ha catturato.

Hamas continua a tirare fuori dai veicoli le persone che ha ucciso e a buttare i corpi in strada. Tanti civili giacciono morti accanto alle loro auto. Non c’è motivo di tirare fuori un corpo da un’auto se non per renderlo più visibile. Vogliono che la gente veda la loro impresa. Sono orgogliosi e vogliono che il mondo sappia ciò che fanno. E’ la loro opera migliore, non vogliono nasconderla.

Un uomo e una donna morti sui sedili anteriori. L’uomo è accasciato sul volante. Il volto della donna è straziato, grottesco e di un colore orribile.

Filmati di terroristi al cancello di un kibbutz. Strisciano in posizione e furtivi si intrufolano in una comunità di famiglie. Uno di loro si nasconde in un cespuglio. Un’auto civile arriva al cancello. Il terrorista nel cespuglio si alza e spara con il fucile d’assalto più volte attraverso il finestrino laterale. L’uomo non muore sul colpo. Sembra che si guardi confuso e poi si divincola con i proiettili nel petto. Si gira verso la portiera, cercando di allontanarsi dalla direzione dei proiettili, ma viene ucciso da altri spari. I terroristi ora irrompono nel kibbutz.

I terroristi si appostano tra le case. C’è un’ambulanza parcheggiata. Sparano alle gomme per evitare che possa essere utilizzata. C’è un’attenzione incredibile ai dettagli per prendere quante più vite possibili. E’ quasi matematico – sono determinati ad aumentare il numero di morti da ogni posizione possibile.

Un cane in un giardino inizia a camminare verso di loro. Un terrorista spara. La camminata del cane è confusa, ma procede ancora verso i terroristi. Un altro sparo, cade. Il cane non sa nulla di bandiere o paesi. Era solo un cane.

I terroristi si intrufolano oltre le altalene dei bambini. Sono in un giardino. Hanno visto qualcuno all’interno della casa attraverso una porta aperta. Un terrorista spara un colpo. Si sente un terribile gemito di confusione. Si può dire che è una persona anziana.

Hamas si sta intrufolando in un giardino passando davanti a giocattoli e biciclette per bambini. Vanno a caccia di famiglie nelle loro case.

Un terrorista inizia a sparare su una casa. Un altro sbircia attraverso le finestre per vedere se c’è qualcuno all'interno della casa a cui stanno dando fuoco. Vediamo movimento dentro. C’è qualcuno.

Appunto per me: dobbiamo combattere.

Queste non sono zone di battaglia. Sono case di famiglia.

Hamas s’avvicina a una casa dove si sente della musica. Significa che c’è qualcuno dentro. Hamas entra, si muove lentamente con furtività militare all’interno di una cucina. Si avvicinano alla fonte della musica attraversando la cucina.

Un padre è in preda al panico all’interno della sua casa. Ha due ragazzini – di circa sette e dieci anni. Ne ha uno in braccio. E’ mattina presto, sono in biancheria intima. Si precipitano in giardino e si dirigono verso il rifugio. Credono che ci sia un attacco missilistico. Ora sono fuori dalla vista, nel rifugio. I terroristi di Hamas appaiono lentamente nell’inquadratura. Si avvicinano al rifugio. Lanciano una granata. Dopo un paio di secondi c’è un’esplosione. Il padre è gettato fuori dal rifugio e sbatte contro un muro. E’ morto per l’esplosione o per il colpo o entrambi. Dopo pochi secondi uno dei ragazzi emerge coperto di sangue, in mutande. E’ accanto al padre morto. L’altro ragazzo esce anche lui, in mutande, coperto di sangue. Uno dei terroristi spinge i ragazzi in casa. Li fa sedere sui loro divani. Urlano e piangono. “Aba! Aba!”, papà, papà. Il loro universo è il peggior universo appositamente progettato per loro. Il terrorista li lascia per un pochino. Uno dei ragazzi urla: “Hanno ucciso papà. Non è uno scherzo!”. L’altro risponde: “Lo so, ho visto”. Il terrorista torna dentro e apre il frigo. E’ uno psicopatico e offre loro dell’acqua. “Voglio mia mamma!”, piange uno dei due ragazzini. Il terrorista ha gli occhi spenti, scrolla le spalle e beve dalla bottiglia. Si rinfresca dal frigo del padre dopo averlo ucciso. Il terrorista esce. I ragazzi sono soli in quella che era una casa fino a due minuti prima e ora è stata trasformata in un universo di dolore. “Penso che moriremo”. Un fratello vede le ferite dell’altro: “Riesci a vedere dagli occhi?”. “No”. Il ragazzino che ancora ci vede grida: “Perché sono vivo!”. Le riprese successive mostrano la madre che arriva in giardino con due guardie di sicurezza del kibbutz. Si avvicinano con cautela al rifugio. Vede il marito che giace in mutande. Crolla, urla e diventa isterica. Le guardie di sicurezza cercano di trattenerla e di non farla collassare contemporaneamente. Cercano di attutire le sue urla. Il kibbutz è ancora sotto attacco.

Hamas prende i telefoni delle persone che uccide.

Un terrorista tira fuori una persona assassinata dal sedile anteriore della sua auto e lascia cadere il corpo nella terra. Poi sale in macchina, nel sangue di quella persona, e se ne va.

Una donna è in ginocchio in un asilo. E’ in una stanza vuota, senza mobili. Sbircia nervosa dalle finestre. Cerca di nascondersi pateticamente dietro le uniche cose a sua disposizione: alcune borse. Vediamo i terroristi di Hamas intrufolarsi nell’asilo. Si muovono con furtività militare in un asilo. Usano tattiche militari in un asilo. Usano tattiche militari per trovare la donna che cerca di nascondersi dietro due borse e spararle. Le setacciano le tasche e prendono il suo telefono. Poi sollevano il suo corpo sulle spalle e la portano via.

Appunto per me: dobbiamo lottare per le nostre vite

Sentiamo una comunicazione radio tra i terroristi di Hamas in Israele e i loro leader a Gaza:

“Siamo nel Kibbutz Nisim”
“Tagliate teste con i coltelli!”
“Allahu Akbar! Allahu Akbar!”
“Gioca con le loro teste! Fai delle foto! Mandamele”.

Un uomo ferito è sul pavimento del suo salotto accanto a una sedia. E’ sdraiato sulla schiena e ha del sangue sul petto. Gli uomini di  Hamas afferrano un attrezzo da giardino, una zappa. Cominciano a far oscillare la lama sulla sua gola e sul pomo d’Adamo. Dondolano di nuovo. Dondolano ancora, colpendo la gola. Tengono l’estremità più lontana del palo per ottenere la massima leva e potenza. Mentre tagliano la testa dell’uomo gridano: “Allahu Akbar! Allahu Akbar! Allahu Akbar!”. Sono così eccitati.
 
Il volto di una donna crolla per il numero proiettili sparati.
 
Una stanza con otto persone in un bagno di sangue dopo essere state colpite dai proiettili. E’ una minuscola camera da letto. Sono stipati lì dentro.
 
Case in fiamme. I terroristi si divertono come non mai. Uno di loro dà fuoco a un’auto usando una bomboletta spray e un accendino, come un vandalo adolescente.
 
I terroristi ridono e sorridono. Si scattano selfie. Provano un grande piacere. Ridono. Esultano. Per loro è un carnevale di sangue.  
 
Il cadavere di una donna. Una famiglia morta in casa. Labbra che si baciavano sono ora volti distrutti con crani rotti. Una donna di mezza età è morta, distesa a faccia in giù sul letto. Una persona morta è sul pavimento accanto al letto. Si vede un fiume di sangue dove è stato trascinato un corpo. Sangue denso. Congelato. Con grumi. Bolle. Una testa mozzata, tagliata. I denti sporgono. Le labbra si sono raggrinzite.
 
Un corpo carbonizzato alla brace. Un cane domestico ucciso in una pozza del suo stesso sangue sul pavimento del soggiorno. Un cadavere bruciato ricoperto di fuliggine. Una bandiera dell’Isis. Una donna morta nel suo bagno. Un bambino morto con il cranio fracassato.  Un bambino morto in mutande.  Un bambino morto con una maglietta della  Disney di Topolino. Un bambino morto. Un altro bambino morto.
 
Un bambino annerito dalle fiamme.
 
Labbra bruciate. Un bambino morto con addosso un vestito con delle farfalle. Mucchi di persone morte.  Un terrorista usa un telefono rubato a una delle vittime che ha ucciso. Chiama suo padre. “Ho ucciso degli ebrei, papà!”. Il padre risponde “Allahu Akbar!”. Padre e figlio legano nel modo più idealizzato possibile, per un omicidio. Il figlio chiede di parlare con la mamma. “Mamma! Ho ucciso degli ebrei!”. “Che Allah ti riporti in pace” risponde lei. Come un bambino entusiasta di mostrare ai genitori qualcosa che ha fatto a scuola, lui dice: “Guardate la mia diretta whatsapp! Guardate la mia diretta whatsapp!”. La maggior parte delle persone sulla terra difficilmente ricorderebbe un momento in cui si è emozionata come questa famiglia in questo momento.
 
 Una vecchia signora morta con le mutande scoperte. Persone morte. I loro occhi sono privi di vita o i loro volti sono collassati a causa dei proiettili.
 

Alcune ragazze adolescenti si nascondono. Si spaventano ogni volta che sentono una granata esplodere in lontananza. Singhiozzano e saltano con grida soffocate ogni volta che sentono un’esplosione avvicinarsi.
 
 
Una donna si nasconde sotto un tavolo in una stanza buia. Gli uomini di Hamas fanno brillare le torce nella stanza. Sono incredibilmente scrupolosi, si assicurano che nessuno sopravviva. Abbassano la torcia sotto il tavolo e la vedono. Lanciano una granata sotto il tavolo. Gridano “Allahu Akbar”. C’è un’esplosione. Lei urla per poco, poi smette.
 
 
Trovano un’altra donna nascosta sotto un tavolo al buio. I terroristi non si occupano subito di lei perché non rappresenta una minaccia per nessuno. Non è un soldato. E’ un civile. I terroristi parlano con calma tra loro. Indicano con precisione dove sono le persone da uccidere. Lo fanno con calma, perché non stanno combattendo contro dei soldati. Stanno uccidendo dei civili che non hanno nessuna carta da giocare in questa situazione.

Si sente una comunicazione radio di Hamas. Tutto questo viene orchestrato da Gaza. Non potrebbe accadere senza un’enorme infrastruttura. Si tratta di un’ondata di serial killer che hanno un’enorme rete di supporto e un quartier generale per dirigere i loro crimini. Catturano un israeliano. “Crocifiggilo”, è l’ordine che arriva da Gaza.
 
 
I terroristi si scattano selfie con i cadaveri. Mettono i piedi sul volto di un cadavere, come se fossero dei ragazzi che escono la sera. Si filmano mentre prendono a calci la testa di una persona morta. Ridono. Come un gruppo di amici che insieme programma un assassinio. 

A Gaza un cadavere viene trascinato fuori da un’auto. Ci sono incredibili festeggiamenti di gioia ed estasi. Una folla di palestinesi inizia a calpestare il cadavere. Lo calpestano sulla strada. Il civile non aveva nessuna difesa quando era vivo.  

Una ragazza terrorizzata viene prelevata da un camion a Gaza. E’ a piedi nudi, nella sporcizia. Indossa pantaloni della tuta  insanguinati intorno all’inguine e solo intorno all’inguine. Intorno c’è una folla di palestinesi. Suonano i clacson. Ci sono grida di Allahu Akbar – grida profonde e sentite di Allahu Akbar mentre la ragazza con i pantaloni insanguinati si ritrova sola nella città dei suoi stupratori. La folla grida Allahu Akbar e le auto suonano il clacson come se stuprare una ragazza fosse una vittoria nella finale della Coppa del Mondo.
 
Un concerto di musica. I giovani ballano. Si divertono. Subentra un po’ di incertezza. Sentiamo una ragazza dire: “Cosa sta succedendo?”. Taglio improvviso sulle persone che corrono. Una ragazza singhiozza. Si sente un rumore di proiettili. Gli adolescenti cercano di sfuggire al rumore dei proiettili. Alcuni riescono a raggiungere una fila di veicoli e cercano di nascondersi dietro le auto. I terroristi armati di Hamas li inseguono. Un adolescente cerca di scappare. Centinaia di ragazzi   corrono in un campo aperto. Sono come bufali braccati. I bambini corrono. I terroristi di Hamas li seguono con le mitragliatrici. Sparano su di loro.
 
Alcuni terroristi di Hamas sono in piedi vicino ai veicoli. Notano un individuo solitario sulla cresta di una collina che cerca di fuggire. Circa venti membri di Hamas lo inseguono. E’ così importante ucciderli tutti. TUTTI gli ebrei devono essere uccisi.  
 
I terroristi sparano ad alcune persone mentre si nascondono nei bagni chimici durante un concerto. E’ un metodo. Come fosse un lavoro. Uno alla volta vanno in ogni cubicolo e sparano attraverso la porta di plastica. Vogliono uccidere tutti gli ebrei possibili.
 
L’equipaggiamento che i terroristi hanno portato per uccidere i civili è sorprendente. Il denaro, il tempo, la logistica e il supporto operativo solo per uccidere dei ragazzi sono impressionanti. Si dice che ci vuole un villaggio per crescere un bambino. Ogni terrorista che preme un grilletto ha alle spalle l’equivalente di un villaggio. Non ci si può svegliare una mattina e commettere spontaneamente massacri come questo, in così tanti luoghi e su così vasta scala.
 

Una donna in lacrime tra spari ed esplosioni. Il rumore  dei proiettili. Adolescenti rannicchiati e nascosti con le lacrime nel cuore. Qualcuno è a terra accanto a un’auto. Si stanno fingendo morti. Una gamba si contrae. Un terrorista si avvicina e gli spara dei proiettili nella schiena. Corre per ucciderli con efficienza e intenzione. Vogliono un punteggio perfetto per uccidere gli ebrei. Zero ebrei lasciati in vita, questa è l’unica cosa accettabile per loro.
 
Grida di giubilo di Allahu Akbar. Ovunque. In ogni scena di morte. Allahu Akbar. Allahu Akbar.
 
Un corpo carbonizzato brucia a terra. La schiena brucia con fiamme basse. Un giovane uomo è intrappolato. Il suo volto è terrorizzato. Occhi selvaggi. Denti digrignanti. E’ in un gruppo di altri giovani intrappolati. I suoi denti battono in mezzo al suono dei gemiti dei feriti e dei moribondi.
 
Ci sono parti di corpi in una strada. Pezzi di carne umana.
 
Una donna è rannicchiata in un’auto. Una granata viene lanciata in un rifugio  pieno di giovani. Ostaggi feriti e sanguinanti vengono caricati sul retro di pick-up.

I terroristi si scattano selfie con i loro ostaggi. Mezzi vivi, picchiati o morti. I terroristi si scattano selfie   con i loro ostaggi. Ci sono corpi di ostaggi nel retro dei camioncini.  Gli arti si sovrappongono. Ci sono grida di Allahu Akbar.
 
All’interno di Gaza. Nel retro di un pick-up. Un terrorista siede con un ostaggio. Non si sa se sia viva o morta. E’ a faccia in giù con la testa in grembo. E’ stata spogliata. Ha solo il reggiseno. Non si sa se sia viva o morta. Il terrorista sta giocando con i suoi capelli. Guarda con noncuranza la folla che si sta radunando.   Una folla di palestinesi va verso il camioncino per sputare sul corpo della ragazza. Si scontrano e lottano tra loro per ottenere una buona posizione per sputare sulla ragazza a faccia in giù che non si muove. Uno dopo l’altro sputano, mentre il terrorista stanco accarezza i capelli della ragazza svestita a faccia in giù sulle sue ginocchia.
 
Una strada completamente distrutta. Auto dopo auto distrutte. Auto che sarebbero potute essere utilizzate per la fuga, deliberatamente distrutte. Questi non sono atti spontanei. Sono tattiche prese e studiate in anticipo. Sono atti pianificati intenzionalmente per garantire l’uccisione del maggior numero di ebrei. Sono atti  pianificati in anticipo per garantire che persone indifese abbiano ancora meno opportunità di sopravvivere.
 
Due corpi cotti alla brace. Sono così  cotti che potrebbero ridursi  in polvere. Un teschio umano   la carne bruciata è carbonizzato.   Ci sono cadaveri cotti ancora fumanti. Ci sono corpi che sembrano essere stati coinvolti in un’esplosione nucleare. Persone che si sono svegliate quella mattina si sono trasformate in carbone al tramonto.
E’ notte. C’è una fossa piena di corpi fumanti. E’  stata un’intera giornata di massacri.
 
Un corpo deforme e martoriato. Gli arti di una donna sono stati spezzati. Sono stati volutamente distorti. Le sue labbra sono state strappate via. I suoi denti sporgono senza senso. 
 
Una tenda piena di morti. I morti sono circa cinquanta.  Non ci sono abbastanza pagine per documentare ogni atto malvagio avvenuto oggi.  L’entità dei loro crimini. Hanno fatto tutto questo in un giorno. Immagina cosa potrebbero fare se avessero un intero calendario. Nessun ebreo esisterebbe se avessero tale potere.
 
Una ragazza morta. Una ragazza morta. Un’altra ragazza morta. Una ragazza morta con un buco profondo nel petto dove è entrato il proiettile.  Un corpo con le gambe spezzate. Un cadavere decapitato con un bavaglio in bocca. Un cadavere a faccia in giù con le mani ammanettate dietro la schiena.
 
Un corpo bruciato e annerito. E’ in una posizione strisciante. Le sue spalle sono sollevate da terra in una posizione strisciante.
 
Un camion pieno di cadaveri bruciati, fusi insieme in un unico ammasso. E’ stato implacabile. Pronunciavano il nome del loro Dio in un momento in cui la maggior parte delle persone dubitava che Dio esistesse.

Il Foglio 10 novembre 2023

alex

di David Elber

Un’altra drammatica conseguenza dell’eccidio compiuto dalle squadre della morte di Hama il 7 ottobre scorso, è  il graduale emergere di una equivalenza insopportabile e insostenibile, mettere la morte dei civili palestinesi vittime dei raid israeliani a Gaza sul medesimo piano dei civili israeliani trucidati da Hamas. Questa equivalenza è sia ipocrita che falsa, il suo unico scopo è unicamente quello di criminalizzare Israele equiparandolo ai terroristi palestinesi.  
   Secondo questa logica abbietta, non c’è distinzione tra la programmatica volontà di uccidere i civili e la morte di questi ultimi come conseguenza collaterale e sempre, purtroppo, inevitabile, di ogni guerra ma, conta solo il loro numero. Se il numero dei morti civili di uno dei due contendenti è più alto, si tratterebbe di quello che è moralmente dalla parte della ragione. 
   Proveremo a descrivere il perché e il come sono avvenute le uccisioni dei civili. Partiamo dall’eccidio perpetrato da  il 7 ottobre, senza eguali nella storia di Israele pur avendo la stessa dinamica di azione e reazione di innumerevoli episodi passati. 


   L’azione compiuta dai terroristi palestinesi di Hamas aveva un fine chiaro, lo sterminio di quanti più ebrei possibile. Questa azione di sterminio è stata accompagnata da atti di inumana crudeltà, ripresi dagli stessi esecutori a fini propagandistici, anche verso persone particolarmente indifese: bambini, neonati e anziani. Essi non sono stati colpiti a distanza perché si trovavano nei pressi di basi militari, ma sono stati uccisi casa per casa a sangue freddo: in pratica erano i civili stessi il vero obiettivo dell’azione. Sono stati omicidi volontari con l’aggravante della crudeltà, del sadismo e dello scempio.


   L’azione militare intrapresa da Israele, come quelle avvenute in passato, non ha unna intenzione omicida programmatica nei confronti della popolazione civile palestinese. I morti civili a Gaza sono causati del fatto che la popolazione è utilizzata volontariamente dai terroristi palestinesi, come scudo umano. A riprova di ciò, è facile dimostrare che quest’ultimi hanno disseminato le installazioni militari di comando, comunicazione, stoccaggio delle armi, depositi di esplosivi e rampe di lancio per razzi e missili, sia tra le case, gli ospedali, le scuole, le moschee, sia sotto terra tramite una rete di tunnel (di diversi chilometri) sottostante i centri densamente popolati. Inevitabilmente, una qualsiasi risposta militare in questo teatro di guerra provoca, e ha provocato, la morte dei civili.
   Israele è ben consapevole che i terroristi palestinesi, attuano questa forma di “protezione” dei propri centri militari tramite lo “scudo” delle abitazioni civili (modalità severamente vietata da tutte le convenzioni internazionali relative alla guerra), di conseguenza ha sviluppato, unico paese al mondo, delle tecniche di avvertimento per la popolazione al fine di evitare il più possibile il suo coinvolgimento. Le tecniche più utilizzate sono: avvertimento tramite chiamata telefonica nell’area che si andrà a colpire, oppure segnalazione dell’obiettivo che sarà colpito con un missile senza carica esplosiva per far allontanare i civili. Ovviamente, di questi avvertimenti, ne approfittano anche i terroristi per scappare sapendo con precisione cosa sarà colpito.


   Per il comando israeliano è più importante evitare al massimo le vittime civili, anziché, colpire in maniera più efficace i terroristi. Nessun altro esercito al mondo ha mai adottato tecniche simili in altri teatri di guerra, tanto è vero che, nelle accademie militari e nei centri di addestramento di molti paesi, le tecniche utilizzate da Israele sono studiate e prese a modello.


   Tutte le statistiche sui conflitti armati, rilasciate dal comando americano o dai paesi NATO, forniscono chiare indicazione del fatto che le azioni militari israeliane compiute a Gaza sono quelle che hanno prodotto il minor numero di morti civili rispetto a qualsiasi altra azione militare intrapresa dagli eserciti di tutto il mondo. Questi dati comprendono anche gli USA e i paesi della NATO, per i quali la priorità è  sempre quella di tutelare i propri soldati. Tra queste azioni militari si possono ricordare la Prima guerra del Golfo (sotto egida ONU) quella in Somalia (sotto egida ONU),  e di seguito in Serbia, Afghanistan, Iraq, Siria. Ognuna di queste operazioni militari ha causato un numero di morti tra i civili enormemente superiore, benché, la densità abitativa in ogni teatro  di guerra citato fosse molto più bassa di quella di Gaza. 

Quindi, accusare Israele di uccidere deliberatamente i civili, come fanno, invece, i terroristi palestinesi, è  falso in modo esorbitante.
   Il diritto internazionale su questo punto è chiaro, la totale responsabilità dei morti civili, se sono utilizzati come scudi umani, o semplicemente dimorano nelle immediatezze degli obiettivi militari, è esclusivamente di chi installa tali obiettivi tra la popolazione civile. Il solo fatto di svolgere azioni militari da installazioni ubicate tra le case, rende ipso facto, tali abitazioni legittimi obiettivi militari. In più, è utile anche ricordare che, il non utilizzare abiti riconoscibili (divise) da parte di milizie armate, soprattutto nei centri urbani, è una grave violazione delle leggi di guerra perché rendono indistinguibili le milizie dai civili disarmati, trasformando questi ultimi in possibili obiettivi militari.  
   Quanto esposto fino ad ora, non significa che “un morto vale meno di un altro” ma che le azioni e le motivazioni che hanno come conseguenza non intenzionale le uccisioni dei civili, sono moralmente diverse e non equiparabili a quelle che lo sono intenzionalmente, oltre che essere discriminabili tra legali e illegali. 


   Mettere sullo stesso piano chi ammazza a sangue freddo, volontariamente, e in modo efferato con chi, involontariamente, uccide delle persone perché si trovano nell’immediatezza di un chiaro obiettivo militare, è immorale e pericoloso. Pericoloso, perché se uno Stato non potesse reagire ad una strage per il fatto che l’avversario utilizzi la propria popolazione civile come scudo umano, non è assolutamente vero che la spirale della violenza cessi. È sicuro il contrario, si verificherebbero più attentati e più stragi perché il chiaro intento di organizzazioni criminali come Hamas è lo stermino, non il benessere della propria popolazione. Per quanto costosa in vite umane possa essere, una risposta militare adeguata ai crimini commessi da Hamas, deve essere la sua distruzione. 

(L'Informale, 18 ottobre 2023)

alex

Un video ripreso da una telecamera di sorveglianza a Sderot il 7 ottobre 2023 (giorno dell'assalto di Hamas in Israele) mostra chiaramente due veicoli Toyota con a bordo miliziani di Hamas armati che entrano in città. Una vettura civile israeliana nera, con a bordo due adulti e due bambini, incontra uno dei due pick-up, costringendo il conducente a frenare. 

I miliziani di Hamas aprono il fuoco contro l'auto e un uomo esce immediatamente dal veicolo con la figlia, mentre la madre si allontana con l'altro figlio nella direzione opposta. L'uomo si trova di fronte agli uomini di Hamas e protegge sua figlia facendo scudo con il corpo. I miliziani sparano, prima di allontanarsi. 

I soccorritori dei South First Responders affermano di non conoscere il destino dell'uomo. Dalle immagini, sembra che la figlia riesca a tornare al veicolo senza suo padre. L’ipotesi è che l’uomo abbia sacrificato la sua vita per salvarla.

alex

In occasione degli 80 anni dal rastrellamento del ghetto di Roma parla Tatiana Bucci. Fu deportata da Fiume verso Birkenau il 18 marzo 1944
 

di Paolo Rodari

“Il 16 ottobre del ’43 eravamo ancora a Fiume. Nostra madre era ebrea. Cercava di proteggerci da tutto quanto stava accadendo intorno a noi. In famiglia in tutto eravamo in tredici ebrei. Alla fine della guerra ci salvammo soltanto in quattro. Ricordo i bombardamenti, le fughe nei rifugi. Ma anche le gite al mare, nonostante la guerra tutt’intorno. Poi arrivò il 28 marzo del ’44. Ci deportarono in otto a Birkenau. Gli altri vennero successivamente deportati a Bergen Belsen. Vennero i nazisti, ma anche due fascisti. È doveroso ricordarlo, perché è storia. Eravamo alleati e ci deportarono. Dovremmo imparare da quanto accaduto, invece troppo spesso non accade. L’antisemitismo è vivo ancora oggi, purtroppo, e il conflitto in Israele con bambini innocenti che perdono la vita è qui ancora a dircelo”.
   Tatiana Bucci vive a Bruxelles. In questi giorni è a Roma per partecipare alla marcia silenziosa per ricordare la deportazione romana avvenuta ottant’anni fa, il 16 ottobre del 1943, dal ghetto. Tatiana fu deportata poco dopo, da Fiume, assieme ai suoi famigliari, fra cui la sorella Andra, il cugino Sergio e le rispettive madri. Fu internata nella “baracca dei gemelli” perché il dottor Joseph Mengele notò che assomigliava alla sorella e le credeva gemelle.

- Come sopravvisse?
  “Arrivati al campo ci separarono dalle nostre madri. La capa della nostra baracca, che chiamavamo “blokowa”, forse perché ci aveva preso in simpatia ci disse che quando i nazisti ci avrebbero chiesto se avessimo voluto raggiungere i nostri genitori non avremmo dovuto rispondere ma rimanere ferme. Nostro cugino Sergio, purtroppo, non ci ascoltò, fece un paso in avanti e per lui fu la fine. Noi ci salvammo. Riuscimmo poi a resistere fino alla liberazione”.

- Quanti anni aveva quando arrivò a Birkenau?
  “Appena sei. Non ricordo tutto. Nel tempo ho poi ricostruito anche grazie al fatto che ho ritrovato mia madre viva per l’intercessione della Croce Rossa”.

- Quando sta accadendo in Israele quali sentimenti le suscita?
  “La morte dei bambini innocenti mi riporta alla memoria quanto avvenne allora. E ogni volta fatico anche a parlarne. Mio cugino venne deportato in un campo di Neuengammead, ad Amburgo, dove svolgevano alcuni esperimenti sulle ghiandole linfatiche e contro la tubercolosi. Era insieme ad altri diciannove bambini. Una volta effettuati gli esperimenti i bambini venivano sedati con la morfina e fatti morire. Coloro che non morivano, venivano appesi ai ganci dei macellai e fatti morire così. Vennero uccisi il 20 aprile 1945 a guerra quasi finita. Erano innocenti come lo sono i bambini morti in queste ore in Israele e come lo sono i bambini palestinesi che muoiono senza avere colpe. La storia si ripete e sembra che la lezione non venga mai appresa”.

- L’antisemitismo è vivo ancora oggi?
  “Purtroppo sì. Per Hamas, Israele non ha diritto di esistere. È un atteggiamento antisemita e nazista. Per colpa di alcuni fondamentalisti la popolazione innocente muore. Per questo parlo ancora, per questo cercherò anche io di far sì che a Trieste il nostro binario, da dove partivano i convogli per Auschwitz-Birkenau, diventi monumento nazionale come il binario 21 a Milano. La memoria non deve morire.”

- Il 16 ottobre 1943 dice anche del silenzio di papa Pio XII. Avrebbe potuto fare di più per gli ebrei?
  “Credo proprio di sì. Anche se gli archivi devono ancora essere studiati a fondo, credo che non abbia fatto tutto quello che avrebbe dovuto fare”.

- Pensa che testimoniare possa aiutare?
  “È l’unica cosa che possiamo fare. Eravamo duecentomila bambini sotto i dieci anni ad essere stati deportati. Siamo tornati soltanto in una cinquantina. Lo dobbiamo a chi non ce l’ha fatta”.

(RSI.CH, 16 ottobre 2023)

Inviato da alex il

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