La banalità dell'odio (che è sempre degli altri)

Quando la Russia invase l'Ucraina si diede inizio a un'attività di osservazione lessicale: interessava appurare che uso si sarebbe fatto di tutto il repertorio bellicista e cattivista con cui nel discorso comune e giornalistico ci riferiamo a normali, e incruente, vicende sportive, professionali, persino coniugali: killer, spararla grossa, far fuori, in trincea, bombardare, assediare, non fare prigionieri, col bazooka, col kalashnikov, eccetera.

L'insorgenza di una guerra effettiva avrebbe smorzato la bellicosità verbale e iperbolica con cui pensiamo di dare importanza ai nostri fatterelli? Risultato: l'uso enfatico del lessico guerresco si è dapprima parzialmente attenuato ma poi è ripreso come al solito. Come al solito ci devono pensare i lettori a distinguere i contesti, per cui l'attacco, l'offensiva e l'aggressione significano qualcosa di diverso se si incontrano nelle pagine su Ucraina e Gaza, in quelle di campagna elettorale per le regionali o magari in quelle sul campionato di pallone. E continuiamo a dire «sto morendo di fame» se il cameriere tarda anche se sappiamo la carestia indotta è una delle strategie inumane che devasta la popolazione della Striscia di Gaza.

Il martirio di Charlie Kirk - Ne è valsa la pena?

La storia contemporanea non conosce più, se non raramente, la figura del martire cristiano in senso stretto. Eppure essa continua a produrre figure che, pagando con la vita la fedeltà ad un principio, richiamano ad una dimensione superiore dell’esistenza. La morte violenta di Charlie Kirk, assassinato a soli trentun anni durante un evento pubblico, deve essere letta in questa luce: non come un fatto di cronaca isolato, ma come un segno che interpella la coscienza dell’Occidente.

La vicenda di Kirk è salita alla ribalta della cronaca come era giusto, ma purtroppo con il susseguirsi delle macabre tifoserie pro e contro insieme a tutte le annesse strumentalizzazioni, anche se il martirio cristiano è quotidiano e purtroppo incessante. Si pensi solo alle centinaia di uccisione in Nigeria, praticamente rimaste mediaticamente spente.
Vite di uomini, donne e bambini, che nella quotidianità, nella loro povera quotidianità avevano scelto di seguire Gesù! Leggi qui: 

Disprezzo degli uomini? - D. Bonhoeffer

Sul limitare del 1942, in uno scritto destinato agli amici più cari (Bilancio sulla soglia del 1943 – Dieci anni dopo, in Resistenza e resa. Lettere e altri scritti dal carcere, Opere, vol. VIII, Queriniana, 2002,  pp. 21-40), Bonhoeffer traccia un bilancio di dieci anni di resistenza al regime di Hitler. Sono parole pesanti, maturate a contatto con l’esperienza della sofferenza, dell’ingiustizia e della morte. Ma sono anche parole piene di speranza che solo chi ha una fede grande può dare. Ne riproponiamo alcune.

Efesini 4 - Perdonare ferite che non meritiamo - Charles Stanley

Efesini 4:31 - Non puoi vivere questa vita senza essere ferito - La questione non è come evitare di essere feriti, ma come gestire le ferite che la vita ci procura. - Quanti fedeli sono seduti nelle sale di culto ed hanno uno spirito di non perdono (intransingente) che li possiedono. A causa di tutte le ferite e delle memorie non guarite. E non hanno nemmeno imparato a gestirle e sistemarle perché è troppo doloroso, è più facile semplicemente ignorare l'argomento.


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