La grande rimozione del 7ottobre ha sdoganato l’Intifada globale cancellando due parole: “mai più”. Test per non manipolare la storia 

Due anni dopo, il 7 ottobre non è più solo una data tragica, drammatica, dolorosa, ma qualcosa di più: è il simbolo di una grande rimozione voluta, necessaria ed essenziale per cambiare le carte in tavola, per manipolare la storia ed evitare di concentrarsi sulle parole da cui siamo partiti due anni fa. Due parole: mai più. Due anni dopo, il 7 ottobre, l’aggressione al popolo ebraico più grave mai registrata dall’Olocausto a oggi, un’aggressione motivata da uno spirito genocida, senza se e senza ma, al centro della quale vi era la volontà esplicita di uccidere gli ebrei in quanto ebrei, di trasformare l’Intifada in un atto di resistenza globale da rendere in tutto il mondo virale, è il simbolo di una rimozione sconsiderata che va ben al di là di quella data che spesso indispettisce l’algoritmo funesto del pro Pal collettivo. Il 7 ottobre, oggi, è una data che infastidisce perché restituisce le coordinate della verità, perché ci costringe a ricordare chi sono gli aggrediti e chi sono gli aggressori, perché ci costringe ad ammettere che, pur nella tragedia assoluta di Gaza, i nemici militari di Israele restano i nemici militari dell’occidente, e perché quella data maledetta ci costringe anche a fare i conti con le altre cancellazioni imposte all’opinione pubblica dai professionisti della grande rimozione. 

Due anni dopo, lo vedete anche voi, non si può più dire Hamas, non si può più dire ostaggi, non si può più dire terrorismo, non si può più spiegare quanto sia grave l’antisionismo, non si può più accendere una luce sul dramma dell’antisemitismo, perché nella tragedia della guerra infinita l’unica verità necessaria da affermare, dal fiume al mare, resta solo una, resta solo quella che prevede un unico copione, resta solo quella in cui l’aggredito del 7 ottobre deve essere descritto come il grande aggressore che non vedeva l’ora, tutto sommato, di avere una scusa buona per colpire senza pietà il popolo di Gaza. E in questa narrazione – necessaria per disumanizzare non Netanyahu, cosa più che legittima, ma Israele e dunque il popolo ebraico e, in definitiva, tutti gli ebrei del mondo complici del genocidio – l’unica verità che merita di resistere sul palcoscenico è quella che prevede la nazificazione del popolo vittima del nazismo, è quella che prevede la disumanizzazione di chiunque cerchi di riportare alla memoria ciò che è successo il 7 ottobre di due anni fa. Se dici ostaggio, oggi, sei un complice del genocidio. Se parli di terrorismo, oggi, sei un mistificatore della realtà, perché non capisci che i terroristi bisogna capirli, non condannarli, perché che altro mezzo hanno, se non il terrore, per far valere le loro ragioni. E chissà poi che, grazie ai pogrom – che vuoi che sia – non si raggiunga anche il riconoscimento dello stato. Se parli di antisemitismo, poi, se per caso ti azzardi a ricordare che in due anni negli Stati Uniti gli episodi di antisemitismo sono aumentati del 140 per cento, se ti azzardi a dire che nella sola Francia gli episodi di antisemitismo nel 2024 sono stati 1.570 rispetto ai 436 del 2022, se ti azzardi a dire che si può combattere l’antisemitismo anche senza dimenticare la tragedia di Gaza, non ci sono vie di mezzo: sei un negazionista, sei un amico dei nazisti, sei un mandante del terrore di Gaza.

Il 7ottobre, la grande rimozione e la nuova cultura della cancellazione

E se ti scandalizzi per chi canta durante una manifestazione “dal fiume al mare la Palestina deve essere libera, e dunque Israele deve sparire e affogare, e se ti scandalizzi per gli striscioni che celebrano il 7 ottobre come un atto di resistenza assoluta, e se ti scandalizzi per chi va in piazza con i cartelli “meglio terroristi che sionisti”, sei solo un pericoloso nazista che merita di essere processato a Norimberga. La grande rimozione del 7 ottobre porta alla manipolazione della storia. La manipolazione della storia porta alla trasformazione dell’antisionismo in una forma più delicata dell’antisemitismo. La trasformazione dell’antisionismo in una forma più accettabile di antisemitismo trasforma ogni ebreo in un complice della tragedia di Gaza. 

E questa manipolazione, figlia della grande rimozione, è necessaria per affermare una sola verità. Non si può più dire Hamas, non si può più dire ostaggi, non si può più dire Israele, non si può più discutere di cosa sia un genocidio, perché ogni discussione viene spacciata come se questa fosse la spia di una negazione della presenza di una tragedia. E così anche la domanda necessaria che ciascuno di noi dovrebbe porsi ogni 7 ottobre – come evitare nuove atrocità antisemite nel futuro – diventa una perdita di tempo, diventa un non-tema, diventa tutto sacrificabile sull’altare della grande demonizzazione necessaria per trasformare gli aggrediti in aggressori, per scrivere una sola verità, per considerare in fondo il 7 ottobre un rumore di fondo lontano, nel migliore dei casi, e nel peggiore dei casi un passaggio doloroso ma in definitiva forse necessario per provare ad avere uno stato, per provare a vincere una guerra, se non quella militare, almeno quella dei cuori, delle coscienze, quella delle bandiere, quella della rimozione dei 1.200 ebrei morti due anni fa in quanto ebrei, vittime di un pogrom, vittime di una nuova Intifada globale divenuta ormai virale e dunque accettabile. Come dice Liliana Segre, ma non ditelo a Francesca Albanese se volete coccolarla nei vostri salotti, quel che è cambiato è semplicemente questo: l’antisemitismo c’è sempre stato, ma prima era un tabù, oggi invece è sfacciato, vergognoso, disgustoso, semplicemente sdoganato. Il virus è sempre lo stesso, è l’amplificatore che è cambiato. Essere preoccupati per Gaza, anche oggi, anche il 7 ottobre, ed essere angosciati da quello che potrebbe succedere a Gaza senza un accordo di pace, è doveroso. Ma il vero test per capire quanto la grande rimozione abbia raggiunto i suoi obiettivi, e i nostri cuori, è quello che ciascuno di voi può fare con i propri conoscenti: chiedere se l’odio nei confronti degli ebrei sia una reazione naturale o un male da combattere, e chiedere se sia possibile augurarsi che finisca la guerra a Gaza senza manipolare la storia, cancellando la verità che è figlia delle ferite genocidarie di un pogrom chiamato semplicemente 7 ottobre.

Fonte: IL FOGLIO 7 ottobre 2025

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Inviato da alex il

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