Ci è stato ordinato di compiere «opere buone», perché saremo giudicati secondo le nostre opere. Il timore della buona opera, con il quale cerchiamo di giustificare le nostre opere malvagie, è del tutto estraneo alla Bibbia. In nessun passo la Scrittura oppone la fede all’opera buona, vedendo nella buona opera la distruzione della fede; anzi, è l’opera malvagia che impedisce e distrugge la fede. Grazia ed azione devono restare unite. Non c’è fede senza opera buona, come non c’è opera buona senza fede{22}. Il cristiano ha bisogno delle opere buone per la sua salvezza; perché chi avrà agito male non vedrà il regno di Dio. Perciò la meta del cristiano è di compiere opere buone. Poiché in questa vita una sola cosa importa, che cioè l’uomo sia trovato giusto al giudizio universale, e poiché ognuno sarà giudicato secondo le sue opere, è necessario che il cristiano sia preparato a compiere opere buone. Perciò anche la nuova creazione dell’uomo in Cristo ha per meta l’opera buona, «poiché per grazia siete salvati, mediante la fede, e ciò non proviene da voi: è dono di Dio, e non di opere affinché nessuno si vanti. Infatti siamo opera sua essendo stati creati in Cristo Gesù per le buone opere che Dio preparò, affinché camminassimo in esse» (Ef. 2,8-10; cfr. 2 Tm. 2,21; 3,17; Tt. 1,16; 3,1.8.14).
Qui è ben chiaro: la meta richiesta da Dio è la produzione di buone opere. La legge di Dio rimane in vigore e deve essere osservata (Rom. 3,31). E questo vien fatto mediante le buone opere. Ma c’è una sola opera buona, l’opera di Dio in Gesù Cristo. Noi siamo giusti per l’opera di Dio stesso in Cristo, non per le nostre opere. Perciò dalle nostre opere non ci viene nessun merito; infatti noi siamo la sua opera. Ma siamo stati creati di nuovo in Cristo, perché in lui compissimo buone opere.
Ma tutte le nostre buone opere sono l’opera buona di Dio solo, egli ci ha preparati. Dunque per la nostra salvezza ci viene ordinato di compiere opere buone, eppure le buone opere non sono altro che le opere stesse che Dio produce in noi. Sono il suo dono. Siamo noi a dover camminare nelle buone opere, ad essere continuamente ammoniti a compiere buone opere, eppure sappiamo che non potremmo mai essere considerati giusti davanti a Dio con le nostre opere, ma dobbiamo aggrapparci in fede solo a Cristo e alla sua opera. Dio promette a quelli che sono in Cristo Gesù buone opere mediante le quali potremmo, un giorno, essere giustificati; egli promette loro di custodirli nella santificazione fino al giorno di Gesù Cristo. Noi possiamo solo prestar fede a questa promessa fidando nella sua Parola, e camminare nelle buone opere per le quali egli ci ha preparati.
Perciò la nostra buona opera resta completamente nascosta ai nostri occhi. La nostra santificazione ci resta nascosta fino al giorno in cui tutto sarà manifestato. Chi vuol vedere qualcosa già in terra, chi vuole essere manifesto a se stesso e non sa attendere con pazienza, ha già ricevuto la sua ricompensa. Proprio quando ci sembra di notare un progresso nella nostra santificazione e vogliamo rallegrarcene, siamo tanto più chiamati al pentimento e riconosciamo che le nostre opere sono peccaminose fino in fondo. Ma siamo invitati a rallegrarci sempre più nel Signore. Solo Dio conosce le nostre buone opere, noi conosciamo solo la sua buona opera, ascoltiamo il suo comandamento e camminiamo nella sua grazia, camminiamo nei suoi comandamenti e pecchiamo. Dev’essere così; la nuova giustizia, la santificazione, la luce che splende deve restare a noi stessi completamente nascosta. La sinistra non sa che cosa fa la destra. Ma noi crediamo e viviamo nella certezza che «colui che ha incominciato in voi un’opera buona) la condurrà a termine, fino al giorno di Cristo Gesù» (Fil. 1,6). In quel giorno Cristo stesso ci manifesterà le buone opere che non conoscevamo. Senza saperlo gli abbiamo dato da mangiare e da bere, lo abbiamo vestito e visitato, e senza saperlo lo abbiamo respinto. Ed allora ci meraviglieremo grandemente e riconosceremo che non sono le opere nostre a giustificarci, ma l’opera che Dio ha compiuta a suo tempo per mezzo nostro, senza che lo volessimo o che ci affaticassimo (Mt. 25,31 ss.). E perciò non ci resta che volgere lo sguardo via da noi verso colui che ha già fatto tutto per noi, e seguirlo.
Chi crede è giusto, chi è stato giustificato viene santificato e chi è stato santificato sarà salvato nel giudizio, non perché la nostra fede, la nostra giustizia, la nostra santificazione - per quanto sta in noi - sia altro che peccato, ma perché Gesù Cristo «è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione, e redenzione, affinché chi si gloria si glori nel Signore» (1 Cor. 1,30).
La differenza tra Paolo e Giacomo sta nel fatto che Giacomo toglie all'umiltà della fede ogni possibilità di presunzione e che Paolo sottrae all'umiltà dell'opera ogni possibilità di presunzione. Giacomo non nega l'esattezza dell'affermazione che l'uomo è giustificato per sola fede, ma vuole sottrarre il credente al pericolo di sentirsi sicuro nella propria fede ed attirare la sua attenzione sull'obbedienza rendendolo così veramente umile. Sia Paolo che Giacomo vogliono solo che l'uomo viva veramente di grazia e non confidi in se stesso.
Tratto da: Sequela - Dietrich Bonhoeffer
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