«Malkijah,figlio di Rekab, capo del distretto di Beth-Hakkerem, riparò la porta del Letame; la costruì, e vi mise i suoi battenti, le serrature e le sbarre» (Nehemia 3:14).

L‘incarico di riparare la porta del Letame venne affidato a uno dei sette capi che vengono menzionati nel capitolo 3 di Nehemia. I nomi di questi capi sono:

  1. Refaiah, il cui significato etimologico significa; "l'Eterno ha guarito", era capo di metà del distretto di Gerusalemme. La Scrittura parla di lui e lo presenta come uno che "lavorò" (v. 9).
  2. Shallum, figlio di Hallohesh, il cui significato etimologico significa: "Ricompensa", (e certamente quella che conta non è quella che dà l'uomo, ma quella che dà Dio, anche se non si riceve in questa terra, sarà data sicuramente nell'eternità) era capo di metà del distretto di Gerusalemme. La Scrittura lo presenta come uno che lavorava alle riparazioni, insieme alle sue figlie (Nehemia 3:12). Dei tanti nomi che vengono riportati in questo capitolo tre di Nehemia, questo è l'unico caso in cui si fa specifico riferimento a donne che lavorarono in lavori di riparazione. Quante erano le figlie di Shallum che lavorarono assieme al padre per riparare la porta del Letame, non ci viene dato da sapere. Stando al plurale di "figlie", sicuramente non potevano essere meno di due. Se poi, invece di essere due erano di più, aumenta maggiormente l'apprezzamento del lavoro che fecero queste nobili donne, unite insieme tra loro e animate da buoni propositi, per una buona causa. Che queste donne erano nubili, cioè non maritate, ci sembra di rilevarlo dal fatto che sono menzionante assieme al loro padre, mentre se fossero state sposate, sarebbero state probabilmente nominate assieme ai loro mariti, Indipendentemente dal loro stato civile, c'è sempre da mettere in evidenza la loro disponibilità e tutto il loro interessamento che manifestarono, per tutto il tempo che durarono i lavori per riparare la porta del Letame. La Bibbia parla di tante donne che con il loro saper fare e il loro zelo, contribuirono in tante attività, compresa quella del ministero (vedi per esempio la profetessa Debora, (Giudici 5); la diaconessa Febe (Romani 16:1, 2); Trifena e Trifosa (Romani 16:12); le quattro figlie vergini di Filippo che profetizzavano (Atti 21:9), nonché la donna "virtuosa" menzionata nei Proverbi 31:10-31), e quella saggia che edifica la sua casa (Prov. 14:1), nonché le due donne, Rachele e Lea che edificarono la casa d'Israele (Ruth 4:11). Per nessuna delle tante donne menzionante nella Bibbia, si dice che fecero un lavoro di riparazione, salvo le figlie di Shallum, secondo Nehemia 3:12. La lode e il riconoscimento che la Bibbia dà a queste donne, supera di gran lunga tutto quello che l'uomo potrebbe dire di loro.
  3. Shallum, figlio dì Kol-Hezeh, capo del distretto di Mitspah, riparò la porta della sorgente (v. 15).
  4. Nehemia, il cui significato etimologico significa: "l'Eterno ha consolato", figlio di Azbuk capo di metà del distretto di Beth-Zur lavorò alle riparazioni (v. 16).
  5. Hashabia, capo di metà del distretto di Keilah, lavorava alle riparazioni (v. 17).
  6. Henadad, capo dell'altra metà del distretto di Keilah, lavorò alle riparazioni (v. 18).
  7. Ezer figlio di Jeshua, capo di Mitspah, riparò un‘altra parte delle mura (v. 19).

Questi sette uomini non vengono solamente menzionati come persone che avevano una carica di responsabilità in mezzo al popolo, ma vengono anche presentati come veri e propri lavoratori tra tanti altri, che prestarono la loro manodopera, in tutto il lavoro di restauro che venne fatto nelle mura e alle porte di Gerusalemme.
Dato che questi uomini erano conosciuti come capi, era logico pensare che questa loro carica fosse rimasta anche sotto la direzione di Nehemia.
Niente di tutto questo.
Che vuol dire ciò?
Dal punto di vista della vita pratica, se certuni hanno delle cariche amministrative o spirituali tra il popolo di Dio, quando si tratta di fare lavori di restauro, "tutti dobbiamo essere lavoratori".
Impartire ordini (che è la cosa più facile), rappresenta la caratteristica dominante di chi si trova in posizione di responsabilità.
Affidare l'incarico di lavorare ad altri (la cosa più naturale), è la caratteristica di chi ci tiene a far valere la sua posizione di capo. Mentre lavorare (la cosa più difficile), è la caratteristica di chi vuole, in prima persona, dare il suo contributo senza badare alla posizione in cui si può trovare, ed essere classificato come un comune lavoratore che svolge la sua attività per il bene degli altri, e per una buona causa.
Ecco, la preziosa verità che vuole insegnarci questo passo scritturale.
Facciamone tesoro!


Malkijah, il cui significato etimologico significa: "l'Eterno è Re", capo del distretto di Beth-Hakkerem, fu da solo a riparare la porta del Letame.
Nonostante fosse una persona di autorità, su cui pesava la responsabilità del distretto in cui esercitava la sua mansione, egli riconosceva che sopra di lui, oltre i superiori, ai quali doveva rendere conto di tutto quello che faceva, vi era soprattutto l'Eterno come Re sovrano, che era al disopra di ogni altra autorità costituita.
Coloro che occupano posti di responsabilità, secondo l'incarico che gli è stato affidato, faranno bene di ricordarsi sempre che, oltre a rendere conto ai loro superiori, al disopra di tutti c'è l'Eterno, che è il Signore dei signori e il Re dei re.

a) Qualche accenno sulla porta del letame
Era chiamata così perché da questa porta passavano tutti i rifiuti e tutta la spazzatura che si raccoglieva nella città di Gerusalemme. Il tutto veniva raccolto in un luogo, fuori di un centro abitato, e lì subiva i processi di fermentazione e di decomposizione. Il cattivo odore che si sprigionava da questo luogo, ne era la diretta conseguenza che i vari elementi subivano. Inoltre, il letame, veniva usato come fertilizzante, e il terreno ben concimato da questa sostanza, era preparato per far produrre ciò che vi era seminato e le varie piante, spesso portavano abbondanti frutti. Nell'eventualità però che, dopo un'adeguata concimazione del terreno, la pianta non avrebbe portato frutto, essa allora veniva tagliata, senza ulteriori ritardi (vedi la parabola del fico sterile in Luca 13: 6-9).

b) Quello che dice la Bibbia a proposito del letame

Parlando, della moglie di Acab, Jezebel, la sua morte viene raccontata come l'adempimento letterale di una speciale profezia da parte di Elia. Infatti, quest'ardente profeta del Signore, aveva predetto la sua morte, con le seguenti parole: «Questa è la parola dell'Eterno pronunciata per mezzo del suo servo Elia il Tishbita, quando disse: i cani divoreranno la carne di Jezebel nel campo di Jezreel; il cadavere di Jezebel sarà nei campo di Jezreel come letame sulla superficie del suolo; così non potranno dire: Qui giace Jezebel» (1 Re 21:23; 2 Re 9:36,37).
La morte di questa donna, viene presentata come una giusta punizione da parte dell'Eterno, per le molte azioni malvagie che aveva compiuto.

LE CARATTERISTICHE DI JEZEBEL

Era figlia di Ethbaal, re de Sidoni, quindi una pagana, ed era una fervente adoratrice di Baal.
Aveva un carattere mascolino.
Fece uccidere tutti i profeti dell'Eterno (1 Re 18:4, 13) e voleva anche mettere a morte Elia (1 Re 19:1, 2).
Il matrimonio col re Acab, viene definito dalla Scrittura, come il colmo di una vita peccaminosa da parte di questo re ‘d'Israele (1 Re 16:31).
Usò l'autorità del re suo marito per fare uccidere Naboth (1 Re 21:7-16).
Fu una continua istigatrice di suo marito Acab, per fargli commettere il male.
Il marito, Acab, nonostante fosse il Re d'Israele, veniva abilmente manipolato da lei, talché faceva quello ch'essa diceva. Il classico esempio del come fece avere a suo marito la vigna di Naboth, nonostante che quest'uomo avesse risposto con un deciso rifiuto alla richiesta di Acab, è abbastanza eloquente da farci vedere come agiva questa Jezebel, senza avere scrupoli, per i più effetti delitti di omicidio (2 Re 21: 1-15).
Di Acab, la Bibbia dice: «In verità non ci fu mai alcuno che sì vendette a fa re ciò che è male agli occhi dell'Eterno come Acab, perché era sospinto ("istigato", come dice la Nuova Riveduta) da sua, moglie Jezebel » (2 Re 21: 25).
Che questa Jezebel avesse preso in mano il potere di suo marito, sfruttando al massimo l'autorità di questo monarca, ci sembra abbastanza chiaro, soprattutto quando pensiamo alla schiera nutrita dei profeti di Baal, che lei manteneva, e alla minaccia di morte nei confronti del veggente Elia, dopo che quest'ultimo aveva ucciso i quattrocentocinquanta profeti di Baal.
Lo stesso coraggioso Elia, davanti alla ferma minaccia di morte da parte di Jezebel, oltre ad aver avuto paura, fuggì per mettersi in salvo e poi si inoltrò nel deserto, e lì, rivolgendosi all'Eterno, richiese di morire.
Se non fosse stato per l'intervento di Dio a favore del Suo servitore, il profeta Elia, sarebbe certamente caduto nelle mani di Jezebel e avrebbe fatto la stessa fine dei veggenti di Baal, uccisi in precedenza da Ella.
Questo perché, anche se Acab era il re d'Israele, sua moglie Jezebel lo aveva talmente sottomesso, che usava l'autorità di quest'ultimo, secondo quello che lei pensava, senza che lo sposo si opponesse minimamente.
Arroganza, prepotenza e malvagità che caratterizzavano questa donna, erano senza pari. Inoltre, la sete di potete che manifestava in tutte le sue attività, erano talmente marcate, che non aveva nessuno scrupolo a realizzare i suoi progetti e i suoi piani, anche se qualcuno doveva farne le spese, e spesso, era proprio lo sposo che ne pagava il prezzo.
L'agire di questa donna fu talmente abominevole davanti a Dio, che non ci fu nessun rimedio per lei. L'adempimento della profezia della morte di Jezebel, avvenne dopo 11 anni.

2. QUEL CHE DICE IL N.T. INTORNO A JEZEBEL

Oltrepassando i confini dell'A.T., in cui la vita e la condotta di Jezebel vengono ampiamente descritte, il suo nome compare nel N.T. e precisamente nel libro dell'Apocalisse.

3. LE CARATTERISTICHE DI JEZEBEL NEL LIBRO DELL'APOCALISSE

Poiché all'epoca in cui venne scritto il libro dell'Apocalisse Jezebel, come persona fisica, non esisteva da tanti anni, il riferimento che viene fatto di lei in questo testo, deve essere inteso in senso metaforico, attinente cioè allo spirito di Jezebel.
Ecco quali sono le sue caratteristiche salienti:
• Si autodefinisce profetessa. Questo significa che non sono gli altri che riconoscono in lei lo spirito profetico, ma è lei che si crede tale.

  • Era un'insegnante.
  • Seduceva i servi di Cristo. 
  • Aveva una condotta immorale (fornicazione e adulterio). 
  • Manifestava sviamento dai diritti sentieri (mangiava cose sacrificate agli idoli). 
  • Aveva un atteggiamento altero, cioè non ha voluto riconoscere i suoi peccati e i suoi sviamenti. 
  • Come diretta conseguenza del non volersi ravvedere, fu colpita da una dura punizione (in un letto di sofferenze).

Con la qualifica che si da di profetessa e di insegnante, e con la libertà che gli viene data nella chiesa, riesce a sedurre i servitori di Dio, inducendoli a fornicare e a mangiare cose sacrificate agli idoli (Apocalisse 2:20).
In pratica questo vuole significare che nella chiesa di Gesù Cristo, vi possono essere persone con lo spirito di Jezebel che causa dei mali in mezzo al popolo di Dio.
Dio, però, prima di intraprendere una severa azione disciplinare e punitiva, da tempo affinchè avvenga il ravvedimento, a chi impersona lo spirito di Jezebel, per farlo uscire. Se questo tempo di grazia viene respinto, si abbatterà inevitabilmente la punizione divina, non solo su quella persona, ma anche su tutti coloro che ne sono stati sedotti (Apocalisse 2:22, 23).
Riprendendo il discorso a proposito di quello che dice la Bibbia circa il letame, si nota una bella promessa, nel libro dei Salmi: «Egli (il Signore) rialza il misero dalla polvere e solleva il bisognoso dalla spazzatura, (o letame, come dice la Riveduta) per farlo sedere coi principi, coi principi del suo popolo» (Salmo 113:7, 8).
Da parte sua, il profeta Geremia, parlando del castigo di mortalità che si abbatterà su Sion, precisa: «Poiché la morte è salita per le nostre finestre, è entrata nei nostri palazzi per far sparire i bambini dalla strada e i giovani dalle piazze. Parla, così dice l‘Eterno: I cadaveri degli uomini giaceranno come letame sull'aperta campagna, come un covone lasciato indietro dai mietitore e che nessuno raccoglie» (Geremia 9:21, 22).
In un altro passo, lo stesso profeta dice: «Essi moriranno di morti atroci; non saranno rimpianti né sepolti, ma saranno lasciati come letame sulla superficie del suolo; saranno sterminati dalla spada e dalla fame, e i loro cadaveri saranno pasti per gli uccelli del cielo e per le bestie della terra» (Geremia 16:4).

c) Il senso che potrebbe avere la porta del letame, dal punto di vista spirituale

Dal momento che il Letame ci parla d'immondizia, di putridume, d'infezione, di ambiente malsano, si può ravvisare in esso le varie contaminazioni di carne e di spirito, secondo quello che l'apostolo Paolo scrisse ai Corinzi: «Avendo dunque queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio (2 Corinzi 7:1).
Le varie contaminazioni di carne e di spirito, non devono restare nella vita del credente; devono essere portate via, lontano, in modo da non subire quel contagio malefico, che causerà immancabilmente infezione nell'esistenza dell'anima e dello spirito.
«Uscite dimezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d'immondo, ed Io vi accoglierò» (2 Corinzi 6:17; Isaia 52:11), deve essere fatto in vista delle promesse di Dio e del fatto che i credenti in Cristo Gesù, «sono il tempio del Dio vivente» (2 Corinzi 6:16).
Considerando l'alto privilegio che i credenti hanno nell'essere il tempio di Dio, logicamente l'apostolo Paolo, conclude che non vi può essere alcuna «relazione tra la giustizia e l'iniquità», e non può esservi alcuna «comunione tra la luce e le tenebre»; nessuna armonia tra Cristo e Belial, o che il fedele possa avere parte «con l'infedele» (v. 14).
Davanti alla santificazione che il cristiano è chiamato a procacciare (Ebrei 12:14), e ricordando sempre quello che Cristo ha fatto, nel comprarci a caro prezzo (1 Corinzi 6:20) e che il nostro corpo «è il tempio dello Spirito Santo» (v. 19), dobbiamo prestare molta attenzione all'esortazione dell'apostolo Paolo quando dice: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione; che vi asteniate dalla fornicazione; che ciascuno di voi sappia possedere il suo vaso in santità ed onore, non con passioni disordinate, come i gentili che non conoscono Dio, e che nessuno inganni e frodi negli affari il proprio fratello, perché il Signore è il vendicatore di tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e attestato. Dio infatti non ci ha chiamati all'impurità, ma alla santificazione (1 Tessalonicesi 4:3-7).
La porta del Letame venne riparata, per permettere a quelli che erano addetti a raccogliere i rifiuti e l'immondizia, elementi nocivi alla salute, affinchè tali cose non restassero nella città, ma che venissero portate fuori dal centro abitato di Gerusalemme.
C'è molta immondizia e tante contaminazioni in mezzo al popolo di Dio.
La scrupolosità che si sentiva una volta per certe cose o la sensibilità che c'era per la maniera di condurre la propria vita cristiani, quasi sono idee del lontano passato. Il progresso di ogni genere, compreso quello della conoscenza della Parola di Dio, invece di portare il popolo ad una maggiore consacrazione e separazione da tutto ciò che dispiace al Signore, porta le anime ad essere spesse volte, indifferenti e noncuranti delle cose del Signore.
Questo modo di vivere, naturalmente, non è vero progresso, inteso come benessere dell'anima e dello spirito, ma è solamente salute per la carne, mentre la vita spirituale è diventata arida e vuota.
Dio vuole la ricchezza del Suo popolo.
Cristo stesso è venuto per donare vita ad esuberanza.
La vita esuberante è quell'esistenza arricchita dalla benedizione di Dio e permeata dalla potenza dello Spirito Santo.
Una persona che trabocca dell'esuberanza della vita di Dio, oltre a mantenersi sempre in continua comunione con Lui, fa del tutto per restare lontano da tutto ciò che offende Dio e disonora la Sua Parola, tutto a scapito naturalmente della buona reputazione della testimonianza e della vita cristiana.

Non è privo di significato che la porta del Letame è stata riparata da un capo.
I capi sono quelli che possono influenzare la vita degli altri con il loro esempio.
Se la loro maniera di vivere, è conforme alla sana morale e secondo l'insegnamento della Parola di Dio, l'influenza sarà benefica e salutare per gli altri; se invece la loro condotta è scandalosa, ne deriverà che l'efficacia sulla vita degli altri sarà negativa, nel senso che altri non saranno ispirati a camminare in santità e nel timore di Dio.
Ci sia pertanto di monito e d'insegnamento il lavoro di riparazione fatto alla porta del Letame, in modo che tutto ciò che avrebbe rappresentato immondizia, impurità, contaminazione, mondanità e quant'altro potessero risultare nocivo alla vita dell'anima e dello spirito, abbia ad essere portato fuori dall'esistenza di ogni cristiano e che la gloria del vivente Signore, risplenda nella vita dei figli di Dio, e che della città di Gerusalemme (figura del popolo di Dio, di quella popolazione che è stata riscattata col Sangue di Gesù Cristo), si potesse dire:«Da quel giorno il nome della città sarà L'Eterno e la» (Ezechiele 48:35).

Domenico Barbera

Tutte le citazioni bibliche sono tratte (salvo diversa indicazione) dalla versione "Nuova Diodati".

Tratto, e liberamente adattato, dal libro «NEHEMIA» ed. Cristian Vision Literature e distribuito in Italia da C.L.C. www.clcitaly.com

Inviato da alex il

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