Una delle straordinarie meraviglie del progetto creativo di
Dio che balza agli occhi, leggendo il racconto contenuto nel primo capitolo
della Genesi, è sicuramente l’incredibile abbondanza di elementi prodotti dalla potenza della sua
Parola: miriadi di stelle nel cielo, ciascuna di esse diversa da tutte le
altre, e sulla terra migliaia di specie diverse di “erbe”, di “alberi
fruttiferi”, di “uccelli”, di “animali acquatici”, di “bestiame”, di “rettili” e di “animali selvatici”.
E infine l’uomo, anche lui con la sua diversità: “li creò maschio e femmina”. Si potrebbe sintetizzare il racconto della creazione con una frase: “Nel
principio Dio creò la diversità”. Proviamo ad immaginare un universo con stelle e pianeti
tutti uguali e una terra con erbe ed alberi, uccelli, bestiame, rettili ed
animali selvatici tutti di una sola specie ed un uomo soltanto maschio e
soltanto femmina...
Quali bellezze e quali ricchezze perderemmo! La ricchezza e
la bellezza della creazione sono infatti strettamente legate alle sue infinite
diversità; diversità volute da Dio per motivi funzionali ed estetici, ma anche
per rivelare “le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità”. Le
diversità presenti nella creazione ci rivelano quindi le diversità delle qualità
di Dio e le molteplici possibilità espressive della sua potenza. Senza
diversità avremmo una incompleta rivelazione di Dio.
Ma, a causa della caduta dell’uomo, che ha coinvolto tutta
la creazione, ciò che era esteticamente bello e funzionalmente complementare è
diventato di fatto conflittuale. La diversità è diventata cioè fonte di
tensioni e di conflitti. Ne abbiamo un esempio immediato subito dopo la caduta:
il riconoscente “finalmente” con cui Adamo aveva accolto il dono di Eva si
trasforma in un’accusa al Donatore. Caro Dio – disse Adamo – la
colpevole è “la donna che TU mi hai messa accanto”. Da allora l’uomo ha sempre
vissuto e continua a vivere la diversità in una perenne tensione fra
riconoscenza e accusa, fra accettazione e rifiuto, fra integrazione ed
emarginazione.
Perché la diversità torni ad essere soltanto ricchezza non vi
è altra strada che quella dell’eliminazione di ciò che la fa essere
conflittuale. Paolo
ci ricorda che Cristo è venuto per rimuovere “la causa dell’inimicizia”, cioè
il nostro peccato che è la vera causa di ogni conflittualità. (Ef 2:14). La
ritrovata relazione-comunione con il Dio Creatore della diversità ci consentirà
di percorrere la strada dell’accettazione, dell’integrazione, della
riconoscenza. In questo modo vedremo e godremo come fonte di arricchimento
personale ogni diversità: nella creazione, nella famiglia, nella società, nella
chiesa.
Essere riconoscenti per la diversità significa prendere atto con gioia
che è la varietà delle specie a rendere ancora oggi più bella e più ricca la
creazione, che è la diversità dei sessi e dei ruoli a rendere più funzionale e
più preziosa la famiglia, che è la diversità delle etnie e delle culture a
rendere più ricca la società (anche se i seguaci di un certo orientamento
politico perseguono l’abbrutimento morale e l’impoverimento culturale della
discriminazione). Essere riconoscenti per la diversità significa credere che
ogni chiesa locale possa crescere soltanto attraverso l’esercizio della
pluralità dei doni elargiti dallo Spirito Santo (in 1Corinzi 12 sono proprio le
parole “varietà” e “diversità” a risaltare sopra ogni altra!).
Infine, è sempre alla luce dell’amore e della potenza di
Cristo che anche le diversità che più ci turbano e ci interrogano possono diventare motivo di profondo
arricchimento. Trovandosi davanti ad un uomo “cieco fin dalla nascita”, Gesù
ricordò il motivo di quella sua diversità: “È così, affinché le opere di Dio
siano manifestate in lui” (Gv 9:3).