Nei giorni scorsi è circolata una notizia curiosa che, per evidenti motivi, ha avuto una scarsa diffusione nei media nazionali: “dalla Cina, dopo le borse, i jeans, i cd, sono arrivati anche i santini taroccati.
Seimila rosari contraffatti con le immagini dell’attuale pontefice e del suo predecessore erano mischiati a quintali di altra merce stipata in un container proveniente dalla Cina e sbarcato nel porto di Genova... La merce era destinata alle bancarelle per i pellegrini che visitano il Vaticano”. Ma, segnala il commentatore, “le immagini erano di proprietà del Vaticano e non potevano essere utilizzate senza l’autorizzazione della Segreteria di Stato”. La notizia non ci stupisce più di tanto e conferma come, purtroppo, la religione sia ancora oggi un canale commerciale dalle mille risorse e, soprattutto, dai mille guadagni ben convogliati, tramite i vari diritti di proprietà, verso la mèta unica del Vaticano. L’unico motivo di sorpresa è che questa volta i guadagni avrebbero preso la direzione di Pechino (come del resto accade da tempo in moltissime altre attività commerciali) e non quella di Roma. Si potrebbe parlare della grande tristezza e del profondo scandalo che provoca, nel cuore e nella mente di chi si nutre della Parola di Dio, la strumentalizzazione della religione per un guadagno che la Parola stessa definisce “vile” (1P 5:2), cioè “spregevole”.
Ricordiamo anche che Gesù non esitò a definire “ladri” i mercanti che nel tempio di Gerusalemme utilizzavano la religione per i loro guadagni! Ma è sicuramente più importante riflettere sui rischi di contraffazione ai quali siamo esposti come discepoli di Cristo: rischi contro i quali la Parola ci mette in guardia, anche perché già presenti nel primo secolo. In fondo anche la contraffazione di santini scaturisce da forme ben più gravi di contraffazione!
La prima è la contraffazione di Cristo: “sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se possibile, anche gli eletti” (Mt 24:24). Gli avvertimenti di Gesù non erano relativi ad un futuro lontano, dal momento che Giovanni ci ricorda che già al suo tempo erano “sorti molti anticristi” (1Gv 2:18), cioè molte contraffazioni di Cristo: uomini che evidentemente avevano avuto l’arroganza di presentarsi con la sua autorità come se fossero “Cristo in terra”.
La seconda è la contraffazione della Parola di Dio. Paolo esortò Timoteo ad “ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse e di non occuparsi di favole e di genealogie” (1Ti 1:4), perché già nel primo secolo tradizioni e storie senza fondamento (“favole profane”, 1Ti 4:7) si stavano diffondendo soppiantando “le parole della fede e della buona dottrina”.
La terza è la contraffazione del Vangelo, del messaggio di salvezza. Nelle chiese della Galazia si insegnava “un vangelo” che condizionava la salvezza alle opere e non alla sola grazia di Dio, un vangelo che aveva di fatto “sovvertito (o contraffatto) il vangelo di Cristo” (Ga 1:6-7).
La quarta è la contraffazione della pietà: Paolo invita ad allontanarsi da coloro che hanno “l’apparenza della pietà”, ma ne “hanno rinnegato la potenza” (2Ti 3:5); simulare una pietà, cioè una dedizione e consacrazione a Dio, che in realtà non si ha, trasforma la vita cristiana in una recita.
La quinta è la contraffazione dell’identità cristiana: molti sedicenti discepoli si erano allontanati dalla Chiesa (1Gv 2:19) rivelando di aver simulato un’identità cristiana, in realtà mai esistita. Il giudizio divino rivelerà se la griffe dello Spirito Santo è autentica o frutto di contraffazione!
Stiamo in guardia contro le contraffazioni! Esaminiamoci davanti al Signore:
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