"Se la lebbra produce delle eruzioni sulla pelle, e copre tutta la pelle di colui che avrà la piaga, dal capo ai piedi, dovunque il sacerdote potrà vedere con gli occhi, il Sacerdote lo esaminerà; e quando avrà visto che la lebbra copre tutto il corpo, dichiarerà puro colui che ha la piaga" (Levitico 13:12,13).

Ecco un apparente paradosso, non considerato tale da chi conosce l'Evangelo. Noi siamo debitori di grazie infinite a Dio, che ci ha liberato da questo demonio dell'oriente, la lebbra, così poco conosciuta fra noi; anche nei casi in cui la lebbra si manifestò nella nostra terra, si mostrò sempre di una natura più mite e più benigna di quella che provarono gli Ebrei nella terra di Canaan. Dio, nella sua infinita misericordia, si servì di una malattia così spaventevole, come se fosse una specie di parola per il suo popolo.

Per noi la lebbra è da riguardarsi come il tipo del peccato; leggendo nel Levitico quanto si riferisce al segregare o appartare o al purificare colui che era guarito dalla lebbra, tutto ciò ha per noi un'istruzione religiosa, insegnandoci qual è la condizione del peccatore nel cospetto di Dio, qual è la cura che il peccatore deve fare e com'egli possa riconquistare tutti quei privilegi dai quali decadde interamente per la lebbra del peccato.

Io non avrò bisogno di prefazione, poiché il soggetto è d'altissima importanza e tale lo troverà ognuno di noi. Se siamo convenuti qui con la coscienza del peccato e con il peso della nostra iniquità, sono certo che il mio sermone sarà motivo di allegrezza nei nostri cuori e che ritorneremo alle nostre case, rallegrandoci nel Signore.

Tenete ben presente nella vostra mente l'unica chiave del nostro testo: la lebbra è il tipo del peccato; ed io in primo luogo vi farò vedere il lebbroso ed in esso il peccatore. Dopo averlo bene osservato, noi lo condurremo davanti al sacerdote perché lo esamini. Fatto ciò, appena la sentenza sarà pronunziata, noi ascolteremo attentamente quali riti e cerimonie sono necessarie per mondare questa lebbra, riti che non erano altro che figura di quanto abbiamo bisogno noi per essere purificati dal peccato.

Ed avremo anche un breve tempo per dare un'occhiata a certi riti posteriori alla purificazione, e non intrinseci con quella, ma pur necessari, perché l'uomo potesse effettivamente riconquistare quei privilegi cui gli dava diritto la purificazione.

1. Lasciate dunque che io vi preghi di rivolgere prima di tutto il vostro sguardo sul disgustoso ed orrido spettacolo di un lebbroso.

Un lebbroso era eccessivamente ributtante nella persona. La lebbra si manifestava con certe macchie rosse, quasi impercettibili prima nella pelle. Non erano fastidiose, ma crescevano gradatamente. Forse l'uomo che ne era affetto se ne accorgeva appena; ma a misura che essa cresceva e si estendeva sempre più, ogni poro si chiudeva alla traspirazione e la pelle seccata cadeva a squame. La pelle rinsecchita era un indizio troppo sicuro di quanto accadeva al di dentro, perché nel midollo delle ossa prendeva piede la più spaventevole corruzione, che a suo tempo avrebbe condotto all'intero disfacimento il corpo umano. L'uomo avrebbe bevuto e mangiato, avrebbe compiuto, come dicono i medici, le sue funzioni naturali, come fa quando è in stato di salute.

Tutto sarebbe proceduto come prima e lievissima sarebbe stata la sofferenza; ma le ossa sarebbero gradatamente marcite, in molte circostanze le dita sarebbero cadute, mentre senza assistenza di chirurgo la parte priva del membro si sarebbe naturalmente richiusa, cosicché non ci sarebbe stato perdita di sangue.

Diffondendosi rapidamente, ogni parte del corpo si dissolveva essendosi rotti i legamenti; e quello che prima era dimora dell'uomo appariva poi una confusione di parti animate. Non potrei porre sotto i vostri occhi tutto il disgustoso e stomachevole spettacolo di Ebrei consumati dalla lebbra; sarebbe troppo spiacevole, se non ributtante.

Permettete però che io vi faccia osservare che un tale testo, per quanto orribile vi appaia, altro non è che un miserevole ritratto della repellente bruttura del peccato.
Vi confesso che, benché la mia vita sia stata curata e guardata come un fanciullo dalle immoralità corporali, quando io mi vidi come ero per natura sia nei miei pensieri, sia nei desideri sia nelle immaginazioni del mio cuore, pensai che neppure i demoni dell'inferno fossero peggiori di me.

Sono sicuro di questo: che, quando lo Spirito di Dio risplende nelle nostre anime, ogni buon'opinione di noi si dilegua. Noi pensavamo di essere quello che il cuore voleva, ma una volta ammaestrati dallo Spirito Santo di Dio, noi ci sentiamo avviliti e pieni di peccato, sentiamo che non c'è nulla di buono in noi. Per quanto ributtante sia il lebbroso, egli non raggiunge mai, come tipo, il peccato secondo una mente illuminata.

Portate anche a questo la vostra attenzione. Il lebbroso non era stomachevole nella persona soltanto, ma ogni sua azione era contaminata. Il vaso in cui beveva era contaminato; il letto su cui si posava era contaminato e chiunque si fosse giaciuto dopo di lui in quel letto, si sarebbe anch'egli contaminato.

Se egli toccava le mura di una casa queste erano contaminate ed era necessario purificarle. Dovunque il lebbroso si presentasse, infettava l'atmosfera; il suo alito era contagioso come la peste. Il suo sguardo era pernicioso. Quanto egli facesse, era affetto dalla stessa sua bruttura.

Questa che sto per dirvi potrà sembrare forse una verità molto umiliante, ma la coscienza mi costringe a pronunziarla: tutte le azioni dell'uomo, nel suo stato naturale, sono contaminate dal peccato. O che egli segga o che egli beva o qualunque altra cosa egli faccia, pecca contro Dio.

E se egli si presentasse anche nella casa del Signore ed offrisse inni e preghiere a Lui, le sue lodi sarebbero peccato, perché altro non sono che ipocrisia: le sue preghiere sarebbero peccato, essendo le preghiere del malvagio un'abominazione nel cospetto del Signore.

E se si desse alle pratiche di pietà, sarebbe simile ad Uzzia sul quale, avendo impugnato l'incensiere del sacerdote, nacque sulla fronte la lebbra, talché egli fu contento di ritirarsi dal luogo santo per non essere colpito dalla morte. Oh! Quando noi vedemmo, o ci parve di vedere, l'iniquità del peccato, non era che una sola delle sue parti più disgustose: ogni nostra azione è affetta e contaminata dalla colpa.

Io non so se ci sia qualcuno in quest'adunanza che possa negare quanto asserisco. E, se ve ne fossero di tali, mio dovere sarebbe dire loro solennemente che essi sono immondi e coperti di incurabile lebbra.

Essi sono lebbrosi fuori di ogni speranza di essere guariti, perché nessuno può essere puro dal peccato, finché egli non sia pronto a confessarlo.
A questa verità è necessario piegarsi appieno per essere salvati. Io non sono venuto qua per condannare alcun uomo; ma sento in me il dovere di predicare la parola di Dio, e di predicarla in tutta la sua interezza.

Se tu non confessi che ogni tua azione è stata piena di peccato ed abominevole nel cospetto del Signore, prima che tu fossi rigenerato, non hai ancora appreso quello che tu sei e sarà per te difficile comprendere cos'è un Salvatore.

Ma portate ancora una volta la vostra attenzione al lebbroso. Essendo egli una causa di contagio e di contaminazione ovunque si presentava, il Signore volle che egli fosse isolato da ogni gruppo del popolo d'Israele. Fuori del campo c'era un luogo sterile e solitario dove il lebbroso era confinato. Gli era imposto di coprirsi la bocca e di velarsi il labbro superiore, e, se avveniva che qualcuno passava di là, doveva gridare: "Impuro! Impuro! Impuro!"; grido che soffocato dal velo di cui era coperta la bocca del lebbroso, doveva apparire più orribile di ogni altro grido umano e piuttosto simile a quello della morte.

Alcuni rabbini traducono: "Guardati! Guardati! Guardati!"; un poeta americano lo rese con le parole: "Largo al lebbroso! Largo!". Ma certo è fuor di dubbio che la parola è generalmente interpretata: "Impuro! Impuro! Impuro!".

Segregati dai più intimi amici, lontani da tutti i piaceri della società, era loro imposto di non bere mai da un ruscello le cui acque potessero essere bevute da altri, di non sedersi lungo le vie sopra alcun muricciolo, sul quale altri potevano probabilmente sedersi. Essi erano morti sotto ogni rapporto a tutte le gioie della vita; morti a tutte le dolcezze e alla compagnia dei loro amici. E tale è lo stato del peccatore in rapporto al popolo di Dio.

Non senti tu, povero convinto peccatore, che sei indegno di unirti alla chiesa di Cristo? Tu puoi andare e rallegrarti di quelle gioie che a te possono procurare i tuoi consimili. Ma là dov'è il popolo di Dio, non è luogo per te. Tu senti in te stesso che non hai comunione con i santi.

Non puoi unirti alle loro preghiere, né intonare con loro i loro cantici. Tu non conosci le loro gioie. Tu non hai mai gustato la loro perfetta pace. Tu non sei mai entrato in quel riposo che dura in eterno per loro, ma che non è fatto per te, finché tu resti come sei.

Ed è anche questa la sciagurata posizione dell'orribile lebbra del peccato; che molti si accontentano di essere divisi dalla società dei buoni e vi sono anche taluni che si vantano di disprezzare quei privilegi che a loro non è dato godere. Non potendo essi essere santi, mettono la santità in ridicolo.

Non potendo godere le delizie della pietà, si pongono sotto ai piedi e dicono che non esiste gioia nella religione, né contentezza nell'amor di Cristo.
Questa è forse una delle più orribili conseguenze della lebbra del peccato, essendo che essa illuda l'uomo e lo persuada di essere sano, mentre è pieno di infermità. I sani gli appaiono pieni di malattie, mentre egli, il vero lebbroso, crede se stesso sano.

E c'è anche di più. Il lebbroso era assolutamente inabile a presentarsi nella casa di Dio. Altri uomini potevano offrire sacrifici, ma non il lebbroso. Altri avevano parte al gran sacrificio offerto dal Sommo Sacerdote e quando questi entrava nel santuario vi entrava per tutti gli altri tranne che per il lebbroso. Egli era segregato da Dio e dagli uomini. Non partecipava delle cose sante d'Israele e tutte le ordinanze del tabernacolo erano nulle per lui.

Rifletti su ciò peccatore! Come peccatore, e pieno d'iniquità, tu sei diviso da ogni comunione con Dio e non ricevi neppure una di quelle delizie che Dio partecipa al suo popolo. Tu non puoi resistere al Suo cospetto, perché Egli è un fuoco consumante che ti annichilirebbe. Le tue preghiere non hanno accesso a Lui, le tue parole non giungono al Suo orecchio. Tu sei un figlio prodigo e il padre tuo è lontano da te. Tu hai speso le tue ricchezze nelle lascivie della vita e nessuno può aiutarti. Ti sei fatto il compagno dei porci e saresti appagato di riempire il tuo ventre con gli avanzi che essi mangiano. L'occhio di tuo padre non ti riguarda. Tu non siedi al banchetto del padre tuo. I servi di tuo padre hanno abbastanza pane ed anche oltre il bisogno, mentre tu muori di fame.

Oh, peccatore! Tu che non senti di essere quello che io ora ti descrivo, un giorno realizzerai la terribile separazione eterna da Dio. Allora desidererai di rientrare nella casa del padre, ma sarà troppo tardi. Bramerai, dopo la morte, entrare per quelle porte splendenti, ma ne sarai respinto, perché i lebbrosi e gli impuri non possono comparire nel cospetto di Dio, che è santo.

Là dove gli angeli celano la loro faccia, i lebbrosi non porteranno la contaminazione del loro alito. Dio cacciò Satana dal paradiso, perché aveva peccato e finché tu resterai nel tuo peccato, Dio sarà sempre in guerra con te. Finché tu vivrai tranquillo con la tua iniquità, l'Eterno Dio impugnerà la sua spada e ti farà guerra eterna.
Io vorrei potervi mettere sotto gli occhi quest'oggi e con più vivi colori lo stato del peccatore nel cospetto di Dio. Lasciate perciò che io vi riepiloghi per un momento.

Ogni uomo per natura è affetto dalla lebbra. Riluttante nella persona, contaminato in ogni sua azione, in ogni cosa che egli faccia; egli è indegno per ogni verso di unirsi al popolo di Dio e per il suo peccato egli è interamente respinto dalla presenza di quel Dio da cui non può in nessun modo essere accetto.

2. Descritti così il lebbroso o il peccatore, ora io lo porterò dinanzi al Sommo Sacerdote.

Eccolo là in piedi: il Sacerdote gli si avvicina. Notate che nella purificazione di un lebbroso, sotto la legge ebraica, questi non faceva niente: faceva tutto il sacerdote. Io vi prego di rileggere il capitolo quando sarete nelle vostre case e potrete vedere come il lebbroso fosse in tutto passivo, prima di essere dichiarato netto: faceva tutto il Sacerdote. Ecco il Sacerdote che viene fuori dal santuario; si porta al luogo dei lebbrosi, dove nessun uomo può entrare, tranne lui nel suo ufficio di Sacerdote.

Chiama a sé uno dei lebbrosi e l'osserva; un'ulcera che non è di lebbra si mostra su quel lebbroso; la carne è viva, fresca, sana: il Sacerdote lo pone da parte, egli è un immondo lebbroso.

Ecco un altro che non ha che una o due macchie più basse nella pelle; tutto il resto del suo corpo è perfettamente sano: il Sacerdote lo pone da parte, egli è un immondo lebbroso.

Ecco un terzo. Questo è coperto dal capo alle piante dei piedi dalle bianche squame della stomachevole malattia; tutti i suoi capelli sono imbiancati, in conseguenza della prostrazione di forze nel suo corpo, reso inabile a nutrire la radice dei capelli. Dalla punta dei capelli alla pianta dei piedi non v'è nel suo corpo una benché minima parte che sia sana. Tutto è contaminazione, tutto immondizia. Ma, meraviglia! Il Sommo Sacerdote gli dice: "Tu sei netto" e dopo alcune cerimonie indispensabili, egli è ammesso nel campo; in seguito nel santuario di Dio.

Il testo dice che, se v'era nel lebbroso alcuna parte sana, egli era immondo; ma quando la lebbra aveva ricoperto tutto il suo corpo, in qualsiasi parte il sacerdote guardasse, allora l'uomo attraverso certi riti religiosi era purificato.

Ora io porterò dinanzi all'Altissimo Sommo Sacerdote il peccatore. Vi sono pur tanti che, pur presentandosi in questo luogo sono disposti a confessare di aver fatto molte cose che non dovevano essere fatte; ma pur vogliono difendersi dicendo: "Benché abbiamo fatto molto per cui non possiamo discolparci, abbiamo fatto anche molto che può stare a bilanciare il peccato. Non abbiamo usato carità con i poveri, istruito gli ignoranti, ricondotto sul retto sentiero i traviati! Abbiamo commesso dei peccati, è vero, ma in fondo abbiamo fatto anche molto bene e possiamo sperare per questo di essere salvi".

Ed io quest'oggi vi pongo, nel nome di Dio, da parte come lebbrosi. Per voi non c'è speranza, non c'è promessa alcuna di salvezza.

Ecco qua un altro. Egli acconsente con tutta schiettezza di essere un gran peccatore, non forse di un'immoralità sfacciata, ma confessa che i suoi pensieri e le immaginazioni del suo cuore furono malvagie.

"Ma pure", "dice egli", sebbene io non abbia alcunché da gloriarmi, né alcuna giustizia su cui possa confidare, pure io spero che potrò emendarmi con un pentimento sincero; io confido, con la perseveranza assoluta in buone opere, annullare la mia vita passata ed acquistarmi l'entrata in cielo." Io pongo anche questo da parte come un immondo lebbroso e i riti di purificazione non siano provveduti per lui. Egli è uno di quelli da tenersi ancora fuori dal campo: non è ancora arrivato a quello stadio in cui sia possibile renderlo puro.

Ma ecco qua un terzo che si presenta. Probabilmente egli è molto migliore degli altri due, ma non dinanzi alla sua coscienza. Egli si pone innanzi a noi e in mezzo alle lacrime ed ai sospiri, confessa d'essere del tutto rovinato. Vede la sua giustizia come un panno sporco e tutta la sua bontà essere immondizia. Afferma che non c'è nulla di buono nella sua vita, confessa di essere un peccatore indegno della gloria di Dio. Dichiara che se c'è un peccatore che merita la condanna è lui e che è un uomo che non ha scuse, non ha attenuanti.

Non può impegnarsi con Dio perché appartiene a quella categoria di persone che ha promesso spesse volte e poi ho mancato. Tante volte ha riposto in se stesso la sua fiducia fallendo miseramente. Comprende che se ritornasse sano, sarebbe solo per la grazia di Dio. Confessa apertamente che desidera essere liberato dal peccato, ma che ogni tentativo è risultato vano. Vorrebbe vedere il suo cuore cambiato, ma aggiunge che sarebbe più facile per la vipera non essere più capace di avvelenare, per l'Etiope cambiare colore alla sua pelle e per il leopardo le sue macchie, che per lui cessare di peccare.

Questa è la sua dichiarazione: "Io mi getto Signore ai Tuoi piedi: sono pieno di lebbra dalla testa ai piedi; non ho di che vantarmi; non mi posso fidare di nulla, eccetto della tua misericordia."

Fratello mio, tu sei netto dalla tua lebbra: i tuoi peccati ti sono tutti rimessi, la tua iniquità è coperta. Per il sangue di Gesù Cristo morto sulla croce, tu sei salvo. Appena la lebbra si era sviluppata interamente su tutto il corpo, l'uomo era puro; ed appena il peccato si mostra interamente al peccatore, cosicché egli si trova veramente tale nella sua coscienza, c'è per lui una via di salvezza. Per l'aspersione del sangue e per il lavacro dell'acqua, egli può essere reso puro.

Finché l'uomo sente in sé qualche ragione per gloriarsi, non c'è Cristo per lui; ma Cristo diviene tutto suo dal momento in cui egli sente di non aver nulla di proprio.
Finché tu sei qualche cosa, Cristo è nulla per te: ma dal momento in cui tu diventi nulla per te stesso, Cristo si fa tutto per te.

L'unica cosa necessaria per il peccatore quando si presenta a Cristo è di riconoscersi peccatore, perché Cristo venne al mondo per salvare i peccatori. So io di essere peccatore? Allora egli venne per salvare anche me e solo in lui io mi riposo, solo in lui confido.

Se vi sono in me buoni sentimenti od opere buone che mi tolgono la potenza di dichiararmi peccatore, o se esse diminuiscono la forza e l'enfasi che io metto nel pronunziare questa parola, io posso dubitare di avere alcun diritto di andare a Cristo. Cristo morì, il giusto per l'ingiusto, per condurci a Dio. Sono io fra gli ingiusti? Devo confessare apertamente di esserlo?

Cristo morì per i peccatori. Sono io peccatore? Affligge e dà pena all'anima mia la mia natura di peccatore? Dunque Cristo morì per me.

Io non so, diceva Martin Lutero, quando gli uomini crederanno questa verità: "Cristo morì per i nostri peccati". Essi crederanno che egli morì per la nostra giustizia, non per i nostri peccati. Cristo non vide la nostra giustizia quando venne a salvarci, ma la nostra iniquità.

Quando un medico si dirige al mio letto, tiene conto del mio stato attuale di salute: non si avvicina perché io sono sano, ma perché sono ammalato e più vede grave la malattia, più ricorre all'arte medica, più fa uso della sua scienza e più impiega con me le migliori medicine per guarirmi. L'unica vostra scusa in faccia a Cristo è la vostra colpa. Usatela peccatori, usatela, come fece Davide quando disse: "Abbi misericordia della mia iniquità, Signore, perché essa è grande."

3. Dopo aver condotto l'uomo dinanzi al sacerdote, soffermiamo la nostra attenzione alle cerimonie da lui usate nella purificazione del lebbroso.

Leggerò rapidamente i versi e ne darò quindi una breve esposizione: "Ed esca il sacerdote dal campo e se, avendolo riguardato, la piaga della lebbra è guarita, comandi che si prendano, per colui che si purificherà, due uccelli vivi, sani, e del legno di cedro, dello scarlatto e dell'issopo. Poi il sacerdote comandi che si scanni uno degli uccelli, versandone il sangue dentro un vaso di terracotta, sopra dell'acqua viva. Quindi prenda l'uccello vivo, il legno di cedro, lo scarlatto e l'issopo. Intinga quelle cose nel sangue dell'uccello scannato sopra l'acqua viva, e spruzzi sette volte colui che si purifica dalla lebbra. E dopo averlo così purificato, lasci andare l'uccello vivo per i campi".

Voi noterete in primo luogo che il sacerdote si avvicinò presso il lebbroso e non il lebbroso verso il sacerdote. Noi non possiamo salire da noi stessi in cielo, finché Cristo non scenda dalla gloria del Padre fino a noi, laddove, quali lebbrosi, siamo tenuti lontano da Dio. Oh glorioso Sommo Sacerdote!
Mi sembra vederti in questa mattina scendere dal tabernacolo dell'Altissimo, dove tu hai offerto un completo sacrificio, e scendere fino a noi detestabili ed aborriti peccatori. Tu prendi sopra di te la forma umana... Il grembo di una vergine non ti è vile, vieni fra i peccatori, mangi e bevi con essi. Ma non bastava la venuta del sacerdote: c'era bisogno del sacrificio e, in questa circostanza, a dimostrar la via per la quala può salvarsi un peccatore, c'era bisogno di un sacrificio congiunto alla risurrezione.

C'era in primo luogo un sacrificio. Uno degli uccelli s'immolava e il suo sangue si raccoglieva in un vaso pieno, come si legge nel testo ebraico, di acqua corrente: acqua non ristagnante, ma pura. Come dal costato di Gesù Cristo, quando fu messo a morte, uscirono acqua e sangue, per essere doppio medicamento al peccato, così nel vaso di terracotta si raccoglievano prima l'acqua pura e poi il sangue dell'uccello, che era stato sacrificato.

Se il peccato si può cancellare, è solo per il sangue. Non c'è altro mezzo per cancellare il peccato nel cospetto di Dio, tranne le fonti che derivano dalle vene aperte di Cristo. Non v'era nulla che il lebbroso facesse; voi dovete osservare che egli non fa nulla in tutta questa funzione, restando in piedi e partecipando umilmente ai benefici di cui gli è fatto dono per la missione del sacerdote e per l'uccisione dell'uccello.

In seguito il secondo uccello era immerso nel sangue, tanto che le penne si tingevano di rosso e gocciolavano di quello. Esso era fermato senza dubbio intorno al legnetto di cedro in cima al quale era l'issopo, per formare una specie di pennello. Le ali dell'uccello erano legate lungo il legno ed il tutto era immerso nel sangue dell'uccello immolato; e, quando ciò si era ripetuto per sette volte si recidevano le cordicelle, e si dava all'uccello vivo la libertà di volarsene. E questa è una viva figura del Cristo. Come uccello vivente egli sale in cielo dopo essere stato sacrificato per noi. Egli sale oltre le nubi, spruzzando le rosse gocce del riscatto su noi; e, scomparendo ai nostri sguardi, presenta dinanzi al trono del Padre suo il merito infinito del sacrificio, offerto da lui una volta per tutti.

Il lebbroso era reso puro per il sacrificio e per la risurrezione; ma non era puro finché il sangue non era spruzzato su di lui.
Cristiani! La croce non ci salva, finché il sangue di Cristo non scende sulla nostra coscienza. E niente di meno che la virtuale salvezza degli eletti fu compiuta sin da quando egli morì sulla croce. È questo il gaudio d'ogni cristiano: sentirsi salvato da un altro.

Egli si sente coperto di lebbra; egli sente di non avere potenza alcuna per purificarsi, e che, di conseguenza, senza la potenza di quel sangue, egli sarebbe condannato e resterebbe sempre diviso da Dio. Ma si fa innanzi il Sommo Sacerdote Melchisedec, il Figlio della vergine e Figlio di Dio.

Egli ha offerto per noi il Suo sangue. La salvezza della vostra anima non dipende da voi: deriva da Cristo Gesù, come la purificazione del lebbroso non dipendeva dal lebbroso, ma veniva dal sacerdote.

Quanti vi sono in mezzo al popolo di Dio che dicono: "So che Cristo morì per i peccatori, ma ciò non mi reca alcun conforto, poiché io non mi sento salvato". Questo è solo un giustificare la natura umana nel modo più illusorio. Voi non siete salvati dal sentire che Cristo è morto per voi, ma dal suo morire per voi. Se egli morì per voi, voi foste salvati quando egli morì. Se egli prese sopra di sé i vostri peccati, Egli li prese veramente e non sono più vostri. Se Cristo si pose in vece vostra, Dio non potrà mai punire due per l'offesa di uno solo.

Colui che si pose al posto del peccatore è divenuto Egli stesso peccatore. Se Cristo morì realmente per voi, i vostri peccati sono dunque tolti, sia che voi vi sentiate o no perdonati.
Un altro mi risponde: "Sì, ma io ho bisogno di verificare questo fatto". Il verificarlo è veramente una santa cosa, ma non è questa verifica che ci fa salvi. È la morte di Cristo che ci salva e non la verifica della sua morte.

Se una barca di soccorso, si avvicinasse ad un povero infelice vicino ad affogare e una mano potente lo tirasse fuori dalle acque, riprendendo coscienza egli verificherebbe il suo essere nella barca; ma non sarebbe questa verifica a salvarlo, ma la barca di soccorso.

E così è quando Cristo salva il peccatore: non è il modo in cui ciò si sente, non è la nostra volontà, non le nostre opere. Nel cielo la gloria della salvezza sarà data alle ferite di Gesù, non ad altri.

Ed un altro ancora mi domanderà: "Come posso io sapere che Cristo morì per me?" Tu non lo saprai finché non ti senti condotto al luogo del lebbroso e come lui coperto di lebbra; da quel momento ti sentirai pieno di peccato, sarai convinto che né in te, né nella tua carne esiste alcun bene e allora conoscerai quello che sta scritto secondo le Scritture, non secondo i nostri pensieri: "Che Cristo è morto per i nostri peccati".

  • Come so d'essere pieno di peccato?
    Perché credo di essere tale, perché Dio me lo dice; non semplicemente perché lo sento, ma perché Dio me lo dice.
  • Come conosco io che Cristo morì per i miei peccati?
    Non perché io lo senta, ma perché Dio me lo dice.

Egli dice: "Cristo venne nel mondo per salvare i peccatori". Io sono un peccatore, lo sento, lo vedo. Dio non permetta che io m'indurisca a tal punto da non voler confessarlo a me stesso. Dunque egli venne a salvare anche me. Venite ora e ragioniamo insieme. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto (e questo è il mio caso) diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana.

È questa la sola parte difficile. Se siete oggi disposti a starvene come peccatori condannati (niente più che peccatori) allora Cristo è morto per voi. Da voi non si chiede altro che porre fiducia per l'anima vostra nel fatto che Cristo fu appeso alla croce per i peccatori.

Quindi ponete ben mente che la fede consiste nel riporre la propria fiducia tutta in Cristo, non in se stessi. Additatemi nel vostro corpo una qualche parte sana e voi siete perduti. Mostratemi in voi una qualche bontà nella quale sia riposta la vostra fiducia e non v'è paradiso per voi.

Confidatevi in qualche cosa che voi avete sentita o pensata, fatta o detta e voi vi appoggerete su di una canna rotta.
Ma se confidate in Cristo, solamente in Cristo e vi stringete al petto la Sua croce attaccandovi ad essa, voi siete salvi. Però non sarà il vostro stringervi ad essa che vi darà salvezza, ma la croce.

Non confidate nei vostri abbracci, ma nell'oggetto di quelli. Alla croce, alla croce riparatevi o poveri, rovinati, maledetti peccatori. È l'ombra di quella che offre sicurezza per chi non ha riposo. Sotto a quella vi è speranza per tutti.

4. Ora siate compiacenti con me e datemi ascolto ancora per un minuto o due mentre io vi farò osservare che il lebbroso, dopo essere stato reso puro, aveva anche lui qualche cosa da fare. Non v'era per lui nessun fatto da compiere, finché era impuro.

E il peccatore non può fare nulla per la propria salvezza. Il suo luogo è quello della morte. Deve essere Cristo la sua vita. Il peccatore è in tale stato di miseria che Cristo solo deve cominciare, condurre e finire l'opera della Sua redenzione: quando il peccatore è salvato, allora egli comincia ad operare in giustizia e con zelo.

Quando egli non è più un lebbroso, ma un purificato, tale è l'amore che egli sente verso il suo Salvatore, che nessuna prova è per lui troppo dura, nessun ufficio troppo difficile. Ogni sua potenza è consacrata a magnificare e dar gloria al suo Signore. Mi piace richiamare la vostra attenzione al seguito della purificazione del lebbroso. Notate come egli era dichiarato puro interamente e purificato dal sacerdote, e quanto era fatto dopo, veniva compiuto da lui stesso: "E colui che si purifica lavi i suoi vestiti, si rada tutti i peli, si lavi con acqua, e sarà puro".

Il sangue prima, poi l'acqua. Non v'è purificazione dalle cattive abitudini, finché non è tolto il peccato. Non v'è rinnovamento di natura, finché non v'è spogliamento del peccato: "Lavi i suoi vestiti, si rada tutti i peli, si lavi con acqua e sarà puro; poi potrà entrare nel campo, ma dimori sette giorni nel suo padiglione".

Il sacerdote non gli dice per prima cosa di lavarsi, perché non gli sarebbe servito a nulla. Non dice di lavare per prima cosa i suoi abiti e radersi. "Le forme esterne non fanno l'uomo puro. La lebbra uccide l'uomo nel cuore profondo".
No, il sacerdote deve fare tutto per primo: dopo, il lebbroso deve lavarsi.

Così è per te, o peccatore. Se vuoi essere salvato, Cristo deve fare tutto per te; ma una volta che la tua fede è ferma in Cristo, allora devi lavarti: devi allontanarti dal peccato, e potrai farlo, essendo guidato dalla potenza dello Spirito Santo. Ciò che ti era prima impossibile, ti diverrà facile in seguito per la nuova vita di cui Dio ti farà dono.

Il lavacro e la purificazione dalle opere di morte diventerà in te un dovere potente ed efficace. Tu sarai reso santo e nella santità procederai per quella purezza di cui Cristo ti riveste.

Il radersi rappresentava il fatto che ogni cosa vecchia dovesse passare e come tutto dovesse divenir nuovo. Ogni pelo bianco, come leggete al verso nove, doveva essere raso: "Si rada tutti i peli, il capo, la barba e le ciglia degli occhi". Non doveva rimanere traccia di quello stato: tutto doveva cambiare.

Così è per il peccatore. Una volta perdonato, una volta puro, allora egli comincia a spogliarsi dei vecchi abiti, delle vecchie superbie, delle sue vecchie gioie. Quella barba di cui andava superbo il canuto giudeo, doveva essere rasa e quelle ciglia, che sembravano così necessarie a dare all'uomo un contegno maestoso, dovevano essere rase interamente.

Così è per colui che ha ricevuto il perdono. Non ha fatto niente prima, fa tutto ora. Tutte le buone opere che aveva fatto precedentemente non avevano alcun valore ai fini della salvezza, ma ora egli è divenuto così preciso da togliere ogni rimasuglio del suo stato precedente. Nessuna concupiscenza sarà più accarezzata, nessuna malignità sarà più risparmiata; tutto deve essere tolto via: "Egli laverà i suoi vestiti, laverà con acqua il suo corpo, e sarà puro".

Vi è nell'ottavo verso una cosa su cui vorrei portare la vostra attenzione ed è quella che non gli era permesso di entrare nel suo padiglione. Egli poteva unirsi al suo popolo, ma non poteva entrare nel suo padiglione.

E benché il peccatore abbia la sua fiducia in Cristo, non può entrare direttamente nel suo padiglione: non potrà mai verificare che Cristo è fatto suo personalmente, finché non vi sia in lui qualche cosa di più della fede, cioè la purificazione che viene per la potenza dello Spirito. Quanto alla piena sicurezza, io non credo si possa ottenere per la fede immediata in Cristo; una sicurezza assoluta è un fatto posteriore. La fede va crescendo per l'influenza dello Spirito, finché giunge a farsi certezza.


Osservate ancora che, sebbene per sette giorni l'uomo non potesse entrare nel proprio padiglione, egli era puro; e così, se voi avete rimesso la vostra fiducia in Cristo, i vostri peccati vi sono rimessi, sebbene anche a voi non scenda per sette giorni la gioia nel cuore. Sebbene non vi sia dato tornare alla vostra casa e dire: "Io so di essere perdonato", il perdono vi fu comunque concesso. È appunto il tempo in cui sovrabbonda la grazia, quando abbonda il peccato. Quando questo ha distrutto in voi ogni speranza, Gesù Cristo, l'unica speranza e conforto al suo popolo, scende allora nel vostro cuore; e, quantunque non siate in grado neppure di accorgervene, Egli è là e voi siete salvati. Quanto gloriosa è questa salvezza e quanto puri sono i suoi effetti!

Io non vi tratterrò più a lungo di quanto occorra per farvi osservare che l'uomo, prima di poter gioire dei privilegi che a lui procurava la recuperata salvezza, doveva offrire un'offerta ed il sacerdote doveva presentarlo alla porta del Tabernacolo. Egli non avrebbe mai osato venire da sé, ma ora poteva presentarvisi.

Così l'uomo che ha ottenuto il perdono può andare diritto al trono del Dio di bontà ed offrire l'offerta della sua santità e delle sue buone opere. Ora egli è un uomo puro.

Voi mi domandate come? Non per qualcosa che egli abbia fatto; ma per quello che il sacerdote, il sacerdote soltanto, ha fatto. Leggete il verso 14: "E il sacerdote prenda del sangue del sacrificio della colpa e lo metta sull'estremità dell'orecchio destro di colui che si purificherà". Qui il Signore toglie i peccati di udito che sono pur tanti! I peccati per l'udito: quando tu dai ascolto a lascivie, quando porgi l'orecchio a parole maligne o a futili ciance.

È scritto: "Lo metta sull'estremità dell'orecchio destro e sul pollice della mano destra". L'avete letto? Quante volte la mano destra peccò contro Dio! Come vi hanno contaminato le vostre azioni. "Lo metta sull'estremità dell'orecchio destro di colui che si purifica, sul pollice della mano destra e sull'alluce del piede destro". Quante volte i vostri piedi corsero dietro all'iniquità! Oh, come avete bisogno di essere puri!

Ma riflettete che il sacerdote faceva anche di più: dopo aver posto il sangue sulle orecchie e sulle dita, egli lo ungeva. Leggete al verso 17: "E sul rimanente dell'uomo che aveva sulla palma della mano, ne metta sull'estremità dell'orecchio destro di colui che si purificherà, sul pollice della sua mano destra e sull'alluce del piede destro, sopra il sangue del sacrificio per la colpa". E diceva a lui ancora una volta, e chiaramente, quanto doveva essere osservato già nel tipo dei due uccelli. Una volta che l'uomo giunge ad essere perdonato, passa ancora del tempo prima che egli possa comprendere perfettamente il piano della sua salvezza.

Reso puro, egli si vede purificato per il sangue: tutti i suoi peccati di udito, di tatto, di piede, quali che essi siano, sono tutti cancellati per il sangue. In seguito, affinché egli possa divenire il servo di Dio, egli è unto di un olio santificante, per l'influenza dello Spirito Santo.

E quest'olio gli è posto sull'orecchio, affinché egli oda la voce del suo Signore e porga ascolto alla Parola di Dio. Quell'olio gli è versato sulla mano, affinché egli sia fatto santo per servire il suo Dio. Quell'olio è versato sui suoi piedi, affinché egli possa correre con essi nelle vie e negli statuti del Signore fino alla fine.

Ma osservate, ve ne prego, perché io temo di non raggiungere lo scopo al quale miro. Osservate che tutto ciò si faceva dopo che il lebbroso era purificato della sua lebbra. Di tutte queste cose nessuna poteva farne da se stesso, finché la prima parte non fosse stata dal sacerdote per lui.

Riduciamo ora in una o due brevi sentenze tutto il mio ragionamento.

Peccatore, se tu non sei fino ad oggi rinnovato, né rinato, tu sei spregevole ai tuoi stessi sguardi; tu non puoi resistere dinanzi a Dio, ti apri davanti l'inferno. Agevole però è la via della salvezza. Se ti senti pieno di peccato, gravato d'iniquità, se ti senti disposto a confessare che non c'è nulla di buono in te, se non rifiuti di prendere il posto di un prigioniero processato e condannato, allora Cristo è morto per te. Cristo ha versato il Suo sangue, è salito in alto e la tua salvezza è compiuta. Non dire nel tuo cuore: "Non sento questo, non sento quest'altro".
 
Non è quel che senti o quello che fai che deve salvarti, ma è ciò che Cristo ha fatto per te; e da te altro non chiede che tu ti ponga nel luogo dei contaminati, affinché Egli, giusto com'è, possa prendere il tuo posto. È troppo facile per te?
 
Sei tu così superbo da rifiutare un tale sistema di salvezza? Ma, se al contrario tu dici: "Ecco ciò che mi conviene, poiché io non ho in che confidarmi, mi sento condannato", perché non sarà dunque per te quando senti che ti conviene?
  • Per chi sarà fatto un vestito di nozze?
    Forse per quelli che posseggono ad esuberanza abiti bellissimi? No, per coloro che sono nudi.
  • Per chi era la Piscina? Forse per i sani?
    No, ma per gli infermi. Immergiti, dunque, uomo contaminato. La tua immondizia è per te una caparra sufficiente.
  • A chi è offerto un medicamento? Forse per chi è sano?
    Sarebbe un insulto. Esso è per il malato.
La tua infermità è per te una caparra. Corri all'ospedale delle Misericordie e fatti curare. Per chi credi che Cristo sia venuto a caricarsi sulle spalle per condurlo al cielo? Forse quelli che possono salirvi da se stessi? No. Lascia che essi si trascinino per la loro via faticosa; se essi credono di poter salire al cielo con le loro buone opere, lascia che essi corrano. O tu devi salvarti senza aver meritato la tua salvezza o devi farti da te questa salvezza, e conseguire il possesso della gloria per l'adempimento intero della legge.

Se dunque ti piace ricorrere a Cristo così come sei, senza alcun merito, ma piuttosto come semplice peccatore, allora Cristo si è fatto per te purificazione; i tuoi peccati sono coperti. Dio ti accoglie a sé, tu sei un peccatore riscattato. Tu puoi andare libero e ripetere nel tuo cuore: "Giustificati per la fede abbiamo pace presso Dio per Gesù Cristo nostro Signore". E non solamente questo, ma: "E ci rallegriamo altresì in Dio per Gesù Cristo nostro Signore per il quale noi abbiamo ricevuto redenzione". Quanto a santità e buone opere, anche queste verranno, ma dopo.

Avendo creduto in Cristo lo Spirito ci sarà anche elargito e saremo fatti zelanti in buone opere. E mentre gli uomini della legge cianciano intorno a quelle, voi le farete. Ciò che prima non vi era possibile fare, voi lo farete ora. Quando avrete rinunciato ad ogni fiducia che voi poteste essere in voi stessi, sarete fatti santi e puri, e lo Spirito di Dio, prendendo possesso di voi, vi rinnoverà.

Sarete guardati del continuo dalla potenza di Dio, senza macchie, senza rughe; e senza nessun'altra di simili lordure voi sarete presentati nel cospetto del vostro Padre redenti per sempre.

Aggiunga Dio le Sue benedizioni. Io mi sono studiato di annunziarvi con quanta chiarezza possibile l'Evangelo. Nonostante ciò, potrei essere frainteso. Ma se così fosse, io credo che non sia colpa mia. Io ho ripetuto più e più volte al peccatore, condotto quasi a disperare: "Vai a Gesù, poni in lui la tua fiducia, e cerca vita nella morte di Gesù; cerca nelle Sue ferite la tua salvezza".

Inviato da alex il

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