Il 19 ottobre a Roma viene presentato il "Kairos Palestine" durante il sinodo vaticano sul medio oriente. Il documento non è molto diverso dal manifesto dell'Olp o di Hamas e porta le firme dei patriarchi cattolici, greco-ortodossi, armeni, copti, luterani e anglicani. Il manifesto rappresenta la posizione delle chiese mediorientali e dei vescovi che operano a Gerusalemme.
 
Questi sono i punti principali: "l’occupazione militare è un peccato contro Dio e l’umanità” (è una scomunica delle politiche di sicurezza israeliane); parla di “fine dell’occupazione israeliana della terra palestinese” senza distinguere fra i confini del 1948 e del 1967; chiede l’abbattimento della barriera di sicurezza che ha fermato gli attacchi terroristici (definita in modo maligno "muro di separazione"); enuncia che gli “insediamenti israeliani devastano la nostra terra in nome di Dio”; nega il carattere “ebraico” d’Israele; chiede il rilascio delle "migliaia di prigionieri che languono nelle carceri israeliane e fanno parte della nostra realtà" (prigionieri detenuti per terrorismo); annuncia che "la resistenza al male dell’occupazione è un diritto e un dovere per il cristiano”;  invita ad adottare “un sistema di sanzioni economiche e boicottaggio contro Israele”.
 
In un lessico infarcito di amore, pace, giustizia, carità, sofferenza e martirio, questi vescovi dettano l'agenda per la fine d'Israele.
 
Fonte: Il Foglio

 
E' utile ricordare che nei conflitti del 1948 e del 1967 Israele ha risposto  ad un attacco militare mirato alla distruzione dell'allora nascente Stato. L'attacco avvenne da tutti i paesi arabi confinanti. Il fatto che Israele sia sopravvissuto a tali attacchi e ne sia uscito vincitore fa molto riflettere. In seguito alla vittoria di questi conflitti Israele  ha annesso altri territori, come vincitore di queste guerre. Al riguardo vi linko questo estratto dal Libro: Battaglia per Gerusalemme
Alex

alex

Gerusalemme contro il Sinodo vaticano: ostaggio di una maggioranza anti-Israele

Danny Ayalon

Il Sinodo vaticano sul Medio Oriente «è stato preso in ostaggio da una maggioranza anti-israeliana». Così il vice ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, ha risposto alle conclusioni contenute nel messaggio finale del Sinodo, pubblicato sabato sera, in cui si esortava gli ebrei a non fare della Bibbia «uno strumento a giustificazione delle ingiustizie». La dichiarazione di Ayalon è stata riportata domenica dal quotidiano The Jerusalem Post.
«Esprimiamo il nostro disappunto perché questo importante Sinodo è diventato un forum per attacchi politici contro Israele, nel segno della migliore tradizione della propaganda araba» ha detto Ayalon. «I governi israeliani non si sono mai serviti della Bibbia» per giustificare l'occupazione o il controllo di alcun territorio, inclusa Gerusalemme est (la parte a maggioranza araba della Città Santa, la cui annessione a Israele non è riconosciuta dalla comunità internazionale), ha affermato poi il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor, in risposta alle critiche del sinodo dei vescovi cattolici sul Medio Oriente rimbalzate sabato dal'assemblea tenutasi in Vaticano. Palmor ha poi respinto come «ingiusta e pregiudiziale» la retorica riecheggiata da parte di alcuni vescovi (in maggioranza arabi) presenti al Sinodo.
Sabato l'arcivescovo greco-melchita Cyrille Salim Bustros, a margine della conferenza stampa finale del Sinodo, aveva sottolineato che«per noi cristiani non si può più parlare di terra promessa al popolo giudeo», e perciò «non ci si può basare sul tema della terra promessa per giustificare il ritorno degli ebrei in Israele e l'esilio dei palestinesi».

(Il Sole 24 Ore, 24 ottobre 2010)


Dopo questo sinodo, cosa abbiamo da dirci?

Hanno senso le "giornate di amicizia", i dialoghi teologici, gli inviti a visite nelle sinagoghe, le collaborazioni istituzionali e anche quelle di singoli intellettuali?

di Ugo Volli

Il mondo ebraico e in particolare l'ebraismo italiano deve fare molta attenzione a quel che è accaduto nel sinodo dei vescovi del Medio Oriente che si conclude oggi. Nel corso dei lavori è riemerso spesso un linguaggio violentemente antiebraico. Si è parlato dell'insediamento ebraico in Eretz Israel come di un "corpo estraneo" "non assimilabile" che "corrode", un'"ingiustizia", cioè un "peccato", della "resistenza" (armata, si capisce dal contesto e dunque del terrorismo) come di un "dovere". C'è chi ha negato ogni rapporto del popolo ebraico con la regione "prima di settant'anni fa" ("cosa fanno qui?"). Si è usata talvolta una terminologia che non può non evocare a orecchie sensibili l'antisemitismo nazista (anche Hitler e Mussolini, oltre ad Ahmadinejad hanno parlato degli ebrei come un "corpo estraneo"), a tratti i suoi precedenti cristiani e in particolari cattolici (il "peccato" originale della nascita di uno stato ebraico).
 
Un documento presentato al sinodo ha addirittura spiegato, con la tipica contorsione del ragionamento inquisitoriale, che la "resistenza" contro Israele è per il bene degli ebrei, dato che solo con la forza essi si possono distogliere dall'"ingiustizia". I due soli interventi (dei vescovi di Cipro occupata dai Turchi e del Libano ormai dominato dagli sciiti) che hanno indicato nell'islamismo il nemico che si propone di eliminare il cristianesimo dal Medio Oriente, non sono stati ascoltati e anzi hanno suscitato subito smentite e scuse al mondo islamico ingiustamente diffamato.
I documenti ufficiali hanno naturalmente dato maggiore compostezza alla posizione del Vaticano rispetto alle punte estreme dei discorsi dei delegati, richiamando il valore del dialogo religioso e aggiungendo molte buone intenzioni. Ma in sostanza hanno ufficializzato la scelta della Chiesa di schierarsi contro Israele, che del resto era già emersa in diverse altre occasioni, come per esempio la conferenza Durban 2 a Ginevra, l'anno scorso, aggiungendo un estremismo propagandistico inconsueto per la felpata diplomazia vatcana. Nel documento finale, per esempio, non si chiede più a Israele di ritirarsi dai "territori occupati", ma si chiede perentoriamente che sia l'Onu a far tornare Israele nei confini del '49, il che implicherebbe, se non un'azione militare, almeno una durissima pressione diplomatica e l'isolamento internazionale dello Stato ebraico. Non si parla più di spartizione di Gerusalemme ma, rilanciando una vecchia utopia vaticana, di una sua internazionalizzazione, cioè sottrazione integrale alla sovranità israeliana e "gestione paritetica" da parte delle tre religioni (non degli stati dell'area), che concretamente vorrebbe dire una specie di Onu delle religioni a facile predominio cattolico.

Bisogna notare che quella del sinodo è una presa di posizione ufficiale al massimo livello, approvata sotto la diretta responsabilità del Papa in un'occasione attentamente costruita e sapientemente propagandata. Non bisogna sottovalutare il senso di questa ostentata campagna propagandistica antisraeliana. Il Vaticano sembra aver deciso di proporsi ufficialmente al mondo islamico come un possibile alleato contro Israele, marcando anche un forte distacco dall'Occidente (quella in Iraq è stata definita nel documento finale "guerra assassina").
A noi l'alleanza con i nemici storici del cristianesimo e gli attuali oppressori e assassini di cristiani sembra una chiarissima sciocchezza, ma la Santa Sede ha le sue logiche, ragiona sul suo interesse a lungo termine. Forse crede di alleviare la posizione dei cristiani ostaggi degli islamisti (ma può illudersi così grossolanamente?). Oppure dà per scontata la vittoria dell'islamismo in Europa e si prepara per tempo a una posizione di assedio, come quella del patriarcato di Costantinopoli, tentando di ingraziarsi il nuovo padrone.

In ogni caso bisogna far credito al Vaticano di determinazione e capacità di perseguire politiche a lungo raggio, non certo di infallibilità e neppure di moralità. La scelta di questi giorni può essere accostata a quella di non opporsi frontalmente al nazismo, come invece la Chiesa fece col comunismo. Bisogna dunque che l'ebraismo e in particolare quello italiano si riabitui all'idea di un Vaticano schierato strategicamente contro Israele, sia pur sotto lo schermo ipocrita del dialogo interreligioso. In fondo non è una novità, la Santa Sede è stata buona ultima nel riconoscere Israele, l'ha fatto a pieno titolo solo nel 1994, quarantasei anni dopo la fondazione dello Stato. Ma quanti di noi avevano sperato che avesse senso tenere aperto il dialogo per favorire una posizione più equilibrata della Chiesa nei confronti del mondo ebraico, dovranno rivedere ora le loro illusioni. Si tratta di un problema molto più grave di quello già pesantissimo della santificazione di Pio XII, perché riguarda il futuro e non il giudizio sulle persecuzioni subite in passato e sulle loro complicità.

Hanno senso, bisognerà chiedersi, le "giornate di amicizia", i dialoghi teologici, gli inviti a visite nelle sinagoghe, le collaborazioni istituzionali e anche quelle di singoli intellettuali? Naturalmente la pace è una buona cosa e nessuno ha interesse ad aprire guerre di religione. Ma, a parte la dubbia soddisfazione di essere chiamati "fratelli maggiori" (ruolo che nella Bibbia è sempre dei malvagi), abbiamo qualcosa di sostanziale da condividere con un'organizzazione religiosa che lascia senza commenti i suoi alti prelati definire come "peccato", di "ingiustizia", di "corpo estraneo corrosivo" quello che per noi è il "germoglio della nostra redenzione", come diciamo nelle funzioni? Possiamo scambiarci solidarietà o rispetto o anche solo condividere con una Chiesa dove hanno spazio colo che legittimano chi organizza attentati nei centri commerciali, nei ristoranti e sugli autobus dove si trovano i nostri fratelli, che ci vedono all'origine dei mali di mezzo mondo? Ha senso un dialogo teologico con chi dice che la Scrittura non può legittimare l'ingiustizia, intendendo con questo Israele? Non sarebbe il caso di dichiarare chiuso un dialogo che ha dato risultati così fragili? Queste sono le domande cui tutti saremo chiamati a rispondere presto; se non ora, quando le politiche decise nel sinodo si caleranno nella realtà.

(Notiziario Ucei, 24 ottobre 2010)

alex

I cristiani criticano Israele ma chiudono gli occhi sulle violenze islamiche

I religiosi accusano Gerusalemme per la situazione in Palestina Ma lo Stato ebraico è l'unico dell'area in cui i fedeli di Cristo aumentano

È facile immaginarsi quante preoccupazioni la Chiesa nutra nei confronti dei suoi cristiani in Medio Oriente, ed è per questo che ha indetto una lunga sessione di lavoro del sinodo dei vescovi sui problemi dell'area. L'islam non ama i cristiani d'oriente: li ha costretti alla fuga se è vero che sono ora solo il 6% della popolazione mediorientale. C'è solo un paese dove i cristiani sono cresciuti in numero: in Israele da 34mila che erano nel '49 sono diventati 163mila, e saranno 187mila nel 2020. Invece, nei paesi musulmani i cristiani diminuiscono, ma le 50 Chiese ospitate in Terra Santa non se ne accorgono. Preferiscono dare addosso a Israele, dove godono di piena libertà di culto e di espressione.

Secondo il rapporto del dipartimento di Stato americano sulla libertà religiosa, nel 2007 in Turchia c'erano due milioni di cristiani, oggi sono 85mila; in Libano si è passati dal 55 al 35%; in Egitto la cifra si è dimezzata; in Siria dalla metà della popolazione sono ridotti al 4%; in Giordania dal 18 al 2%; in Arabia Saudita si parla di «cristiani invisibili». In Iran i cristiani quasi non esistono più. A Gaza sono rimasti in 3.000 sottoposti a continue persecuzioni. Tutto questo le gerarchie cristiane lo dicono a mezza bocca, e si può capire; ma non si può ammettere che per non urtare i propri persecutori si dia addosso, in una sede importante come il sinodo, a Israele.
Questo è anche una parte della Chiesa a pensarlo: dopo un primo momento in cui un nome di grande rilievo come quello del Custode di Terra Santa Pierbattista Pizzaballa era stato utilizzato senza riguardo come firma sotto un documenti dai toni di scomunica teologica verso lo Stato d'Israele, adesso con una conferenza stampa Pizzaballa avverte che nessuna chiesa di Terra Santa ha sottoscritto il documento.

Fa sapere che non è più della partita. Ma se si va sul sito www.kairospalestine.ps si trovano in bella vista firme molto importanti sotto il documento, redatto sin dal dicembre 2009 e che sarà presentato oggi al Sinodo: ci sono infatti il Patriarca Latino monsignor Fouad Twal, Pizzaballa stesso (un bravo, intelligente francescano e un fine intellettuale), il patriarca greco ortodosso Teofilo III, l'armeno Torkon Manugian e il copto Anba Abraham oltre al luterano Manib Yunan e l'anglicano Suheil Dawani. Il precedente Patriarca Michel Sabbah, un apostolo senza se e senza ma della causa palestinese, presenterà il documento che parla a nome di «noi cristiani palestinesi». Vi si dice: «L'occupazione militare è un peccato contro Dio e contro l'uomo», scomunica di fatto i cristiani sostenitori di Israele, si butta contro la presenza stessa d'Israele, paragona all'apartheid la barriera di difesa che ha bloccato il terrorismo al 98%, attacca gli insediamenti invocando il nome di Dio, cancella concettualmente lo Stato ebraico immaginandolo misto, islamico, cristiano e forse anche un po' ebraico. Si legittima persino il terrorismo quando si dice dei «migliaia di prigionieri che languono nelle carceri israeliane» e che «fanno parte della nostra realtà». Difatti «la resistenza al male dell'occupazione è un diritto e un dovere per un cristiano».

Monsignor Twail ha rilasciato svariate dichiarazioni: ha detto che invece di due Stati per due popoli se ne potrebbe immaginare uno solo, ignorando l'idea corrente che profughi e tasso di natalità arabi spazzino via gli ebrei. E in secondo luogo ha detto che «al cento per cento» il motivo di fuga dei palestinesi è l'occupazione israeliana.

Probabilmente il suo riferimento è alla libertà di movimento negata dalla barriera e ai controlli di sicurezza, che si moltiplicano o diminuiscono a seconda delle minacce terroristiche, del tutto ignorate da Twail. Ma c'è un errore nel ragionamento del Patriarca: Israele è l'unico Paese del Medio Oriente dove la popolazione cristiana cresce; in Cisgiordania sotto l'Autorità palestinese è declinata del 29%. L'occupazione israeliana certo impedisce i movimenti, ma terrorizzano di più rapimenti, delitti, ritorsioni di Tanzim e Hamas contro i cristiani. Non solo: anche se possono sorgere talora discussioni fra le tre religioni a Gerusalemme (unica città in Israele dove la presenza cristiana è diminuita, forse per il clima di conflitto) esse sono sempre aperte e nell'ambito di una legislazione totalmente liberale.

Chiunque vada nella capitale di Israele, la vede percorsa da folle di pellegrini, processioni, fedeli, etnie e fedi. La libertà religiosa, di accesso, di culto, è totale, come non lo era mai stata sin dai tempi della conquista islamica. Le Chiese di ogni genere e grado hanno corpo giuridico, voce in capitolo, proprietà immobili e in denaro in grande abbondanza, e totale libertà di opinione. Nei paesi arabi è vero il contrario. C'è chi al Sinodo, al contrario dei rappresentati di Gerusalemme, ha denunciato la persecuzione islamista, come ha riportato Il Foglio: Gregorius III Laham patriarca di Antiochia, l'arcivescovo dei Siri in Irak Basile Georges Casmoussa e Francois Eid, vescovo egiziano e altri hanno osato parlare della situazione di costrizione in cui vivono i loro fratelli.

Nella bozza di appello finale che sarà votata venerdì, il Sinodo ripropone la Chiesa come garante della libertà di culto e delle libertà personali di tutte le religioni. Ma se manca una sanzione di quello che i cristiani subiscono nei paesi islamici e si seguita a prendersela con gli ebrei che non c'entrano niente, come pensa di sostenerli moralmente e praticamente?

(il Giornale, 19 ottobre 2010)

di Fiamma Nirenstein

 

"RESISTERE A ISRAELE"
Questa la posizione della Chiesa Cattolica!

qui il video

https://www.evangelici.info/files/videos/2010_5C10_5Cmons-michel-sabbah…

Corradino Mineo intervista il Mons. Michel Sabbah Michel Sabbah, Patriarca Emerito di Gerusalemme, sulle posizioni del Sinodo circa la situazione in Medio Oriente

 

alex

SI caro fratello mi convince il pensiero sull'Apocalisse secondo il quale il combattimento non sarà contro Corna e Coda, contro forca e brutti demoni, piuttosto contro chi ha l'apparenza della pietà, avendone rinnegato la potenza (2° Timopteo 3.5). Non è un caso se uno dei nomi di satana sia Lucifero, ovvero "portatore di luce"!

E' necesarrio restare vigili, svegli, e sopratutto predicare, instancabilmente, il vangelo. La buona notizia di Gesù Cristo!


L'accusa del Sinodo Vaticano a Israele: l'occupazione "favorisce il  fondamentalismo"


Il Papa saluta l'ayatollah iraniano Ahmadabadi a margine del suo intervento al Sinodo mediorientale
 
Dura presa di posizione nella relazione finale dell'assemblea dei vescovi dell'area: "Condanniamo violenza da dovunque venga, esprimiamo solidarietà al popolo palestinese la cui situazione favorisce il fondamentalismo"

CITTA' DEL VATICANO - "Pur condannando la violenza da dovunque provenga, e invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese, la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo". Contiene questa forte presa di distanza dall'occupazione israeliana uno dei passaggi della 'Relatio post disceptationem' del Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente, letta stamane, alla presenza di Benedetto XVI, dal relatore generale del Sinodo, l'arcivescovo egiziano Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti.

(la Repubblica, 18 ottobre 2010)


La condanna della violenza è generale e generica, come si addice al più schietto stile curiale; la solidarietà è espressa generosamente al popolo palestinese; e per ì fondamentalismo islamico si manifesta "comprensione" perché la causa di tutto naturalmente si trova in Israele. C'è qualcuno che pensa davvero che il Vaticano abbia sostanzialmente cambiato visione e politica verso gli ebrei e Israele dai tempi del 16 ottobre 1943? Osservando come si muove Benedetto XVI si capisce meglio Pio XII.

Fonte: Notizie su Israele

R_Francesco

Pace... dicevo, a prescidere dalla storia che ha determinato il dissolvimento del popolo Ebraico, e non volendo parteggiare per loro, c'é una profezia Bibblica che vuole Israele quale popolo di Dio... ma anche le scritture hanno annunciato la dispersione come pure la ricostituzione di Israele come popolo!... Ma è evidente che il papa e i suoi accoliti, la pensano diversamente da Dio... che speranza hanno di vincere?... Se Dio è con i Suoi, chi potrà andare loro contro e aver una sola possibilità di vittoria?... Non sono parole mie, le scritture parlano chiaro, ma non per tutti.                 Il Lucifero della creazione ora Satana, ha lavorato molto bene!.. Quante fette si salame sugli occhi dei "luminari" di tutte le fedi sedicenti cristiane...si, ha lavorato in modo eccellente. 

F.sco

R_Francesco

Scusate, ma è successo contro la mia volontà(non è vero)... ho incollato per errore questi passi delle scritture che adir il vero, hanno attinenza con lo scritto "I vescovi contro Israele..?" mia impressione?...

Lettura da: Apocalisse
    17:1 E uno dei sette angeli che aveano le sette coppe venne, e mi parlò dicendo: Vieni; io ti mostrerò il giudicio della gran meretrice, che siede su molte acque
    17:2 e con la quale hanno fornicato i re della terra; e gli abitanti della terra sono stati inebriati del vino della sua fornicazione.
    17:3 Ed egli, nello Spirito, mi trasportò in un deserto; e io vidi una donna che sedeva sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia e avente sette teste e dieci corna.
    17:4 E la donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle; aveva in mano un calice d'oro pieno di abominazioni e delle immondizie della sua fornicazione,
    17:5 e sulla fronte avea scritto un nome: Mistero, Babilonia la grande, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra....

Stiamo a vedere dove andiamo a parare....

F.sco

Inviato da alex il

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