Seguendo la formula
cattolica, i due papi Giovanni XXIII
(Angelo Giuseppe Roncalli, 1881 – 1963) e Giovanni
Paolo II (Karol Józef Wojtyla, 1920 – 2005), hanno dovuto aspettare rispettivamente 51 e 9 anni dopo la
morte per essere riconosciuti “santi”. Tra l’altro nel secondo caso il processo è stato ritenuto particolarmente rapido! Per essere riconosciuti “santi” secondo questa formula, bisogna di aver compiuto almeno un miracolo e di aver manifestato altri meriti personali.
Qui vedo due problemi, uno formale e l’altro sostanziale.
- Il problema formale è il modo in cui viene usato il termine “santo”.
- Il problema sostanziale è che a fare quest’errore è un’istituzione che si reputa “apostolica”.
Nel Nuovo Testamento l’appellativo “santo” si applica a persone ancora in vita sulla terra che sono state “santificate”, ossia “appartate a
Dio”, mediante lo
Spirito Santo (1
Pietro 1:2). Quindi, mentre per la
chiesa cattolica i “santi” sono una categoria speciale di
cristiani, secondo gli apostoli i santi sono tutti coloro che hanno posto la loro
fede in
Cristo per essere salvate. Non a caso l’apostolo Paolo indirizza le sue Lettere
ai santi, ad esempio
ai “santi” che “sono in Roma” (Romani 1:7), “in Corinto” (1 Corinzi 1:2) e “in Efeso” (Ef 1:1).
Queste persone sono
santi secondo il pensiero di Dio, non per
miracoli compiuti o per loro merito, bensì per
grazia! Avendo messo la loro fede in Cristo sono visti “in Cristo
Gesù, che da Dio è stato fatto per noi
sapienza,
giustizia,
santificazione e redenzione; affinché «Chi si vanta, si vanti nel Signore»” (1 Corinzi 1:30-31). La loro
santità si basa sull’opera compiuta da Cristo sulla croce, “Colui che non ha conosciuto
peccato, [Dio] lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21).
Gesù stesso disse Paolo che le persone, per diventare santi, devono “convertirsi dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, per ricevere, per la fede in Cristo il perdono dei peccati e la propria parte di eredità tra i santificati” (Atti 26:18). Dopodiché, come scrive l’apostolo Pietro, bisogna “consacrare il tempo che resta da vivere nella carne, non più alle passioni degli uomini, ma alla volontà di Dio” (1 Pietro 4:2).
Efeso era una delle città dove molte persone erano diventate santi “per la fede in Cristo”. A questi “santi” l’apostolo Paolo scrive: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi: è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti; infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone” (Efesini 1:1; 2:8-10). Dio chiama “buone opere” quelle fatte da persone che credono in Gesù, il Salvatore.
Rinaldo Diprose
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