Vi sono comunque delle domande che abbiamo il diritto di porre, perché dalla loro risposta dipende la nostra consolazione di oggi. Le Scritture non confondono queste legittime preoccupazioni della fede con la curiosità svagata di quelli che dubitano, o i sofismi dei Sadducei. D'altra parte, la domanda che arde sulle mie labbra, lo stesso testo sacro la pone: «Come risuscitano i morti e con quale corpo ritornano in vita?» (1 Corinzi 15:35). Sì, ho bisogno di sapere sotto quale forma risusciterò, se Questo corpo sarà veramente il mio corpo, se riconoscerò i miei.

Altrimenti, poco m'importerebbe di quella felicità eterna, in cui non mi sentirei più me stesso, dove non mi ricorderei più del mio passato, né di coloro che ho amato. Poco m'importerebbe di un paradiso dalle coorti uniformi, dove non avrei più nome, né tenerezza: uno zero allineato agli altri zeri, dove incontrando i miei cari con gli occhi mesti, con i pensieri mesti, scivolerei accanto a loro. Come un povero mutilato, morto a metà. E' forse questa la gloria promessa?
No! Avrò bisogno di stringere fra le mie braccia quelli che ritroverò. Non ho amato soltanto per questa terra. Dio non sarebbe Dio se non avesse voluto eterni i miei affetti. Chi? Quest'essere che ho prediletto. Abbiamo pregato insieme, abbiamo vissuto insieme questa nobile vita cristiana e, venuta la morte, tutto sarebbe finito, la bara si sarebbe chiusa sui nostri affetti come sui nostri corpi? E peggio ancora; la terra ci renderebbe il corpo senza restituirci i nostri teneri affetti? Dio stesso ha voluto darci parole rassicuranti, raggianti di splendore: questo povero corpo, accadrà certamente anche a voi, corruttibile e mortale diverrà incorruttibile e immortale (1 Corinzi 15:53). E inoltre vi ridarò i vostri figli, quelli che avete amato (Isaia 65:23). Saranno vostri come sono miei. Non piangete come quelli che non hanno speranza! (1 Tessalonicesi 4:13) Li ricondurrò. Vado a prepararvi un luogo, e quando ritornerò, vi accoglierò presso di me (Giovanni 14:3). Voi mi vedrete, proprio voi e non altri (Giobbe 19:27). Sarete proprio voi...
 
Ho ascoltato queste parole rassicuranti. Ma ho considerato anche i fatti. Un giorno Gesù, mosso a compassione al passaggio di un corteo funebre, restituì un figlio a sua madre (Luca 7:15). Era proprio suo figlio, con la sua intonazione di voce, i suoi gesti ben noti. La vita ha ripreso come prima. E Lazzaro risuscitato era veramente lo stesso Lazzaro. Lo stesso dicasi di Gesù, che i discepoli hanno riconosciuto e che portava ancora il segno dei chiodi, la traccia della sua ferita... Beato te Tommaso, che finalmente hai creduto!
C'è poi da mettere in causa la questione del giudizio, che mi obbliga a essere me stesso, ad assumere la piena responsabilità della mia vita. Allora questa mi apparirà in tutti i suoi dettagli: precisa e viva. Incontrerò questo vicino o questo collega di lavoro che mi dirà forse con un tono di rimprovero: «Come, lei che conoscevo così bene, sapeva delle meravigliose promesse del Vangelo e non mi ha detto niente! Ho appreso tutto da un altro e molto tardi!». Il Maestro mi dirà anche che quando ho visitato quel malato, tale giorno e tale ora ho fatto visita a lui. «M'hai confessato dinanzi agli uomini, io ti confesso ora dinanzi a Dio» (Matteo 25:40). Anche Giona sarà là con gli abitanti di Ninive, e testimonierà contro la nostra incredulità. La regina di Saba si leverà anch'essa contro la nostra generazione (Matteo 12:41, 42). Li riconosceremo... Come riconosceremo Colui che abbiamo amato senza averlo mai visto, Gesù, che si avvicinerà e con voce sconosciuta e tuttavia familiare ci dirà: «Sono io... in quanto a te, ti avevo conosciuto prima della fondazione del mondo» (Efesini 1:4, 1 Pietro 1:20, Apocalisse 13:8).
A un tratto, indugio tremante per le conclusioni alle quali giungo... Se è vero che si entra nel regno con coloro che amiamo, se è vero che Dio vuole che gli affetti siano eterni, se è vero che il mio cuore, per essere pienamente felice ha bisogno di tutti i suoi teneri affetti, tutti quelli che amo avranno un posto presso il Padre? Sono certo di ritrovarli tutti? Il coniuge, un figlio...

Dio mio, mi inchino qui ai tuoi piedi. Grido a te con tutto l'ardore della mia fede. Signore, tu li hai amati prima di me, meglio di me. Tu ti sei dato anche per loro. Tu li salverai, andrai a cercarli. So che tu asciugherai le mie lacrime, ma credo con tutta la mia anima che tu non le asciugherai avvilendo II mio cuore. No, tu non permetterai che io entri nel tuo paradiso insanguinato e mutilato. Vi sono delle cose che non comprendo, della armonie velate in cui intuisco che il tuo amore per loro è infinito mentre io sono limitato. Avverto vagamente che la pecorella, se essa si perdesse tu la cercheresti e la troveresti...
Le Scritture parlano di due risurrezioni.
La prima si situa al momento del ritorno di Cristo. È quella del giustI. Costoro vedranno Dio; una felicità ineffabile li aspetta. Saranno relativamente poco numerosi.
La seconda, mille anni dopo, sarà quella dei malvagi, che forse sedotti dalla loro potenza numerica tenteranno di rivoltarsi contro Dio. La sorte che li aspetta è l'annientamento definitivo, la seconda morte, assoluta, senza speranza di un ritorno alla vita (Apocalisse 20:5-15). Questa volta non si tratta del sonno, ma della vera distruzione, orribile, unica da far paura: «Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima: temete piuttosto Colui che può far perire e l'anima e il corpo nella geenna» (Matteo 10:28).
Sono innumerevoli, delle moltitudini...
Padre buono, se nella tua bontà e nella tua grazia tu mi giudichi degno della tua salvezza, che in questa fornace apocalittica non vi sia nessuno di coloro che amo.

N. Hugedé, "Cristo questo sconosciuto" - Edizioni AdV
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