A quando risalgono le 
origini del Salvatore del
mondo?
Dio è “Eterno” e il “Creatore degli 
estremi confini della terra” (Is 40:28) mentre l’uomo è la sua
creatura (Ge 1:27) che conoscerà una “fine”, infatti, per le 
conseguenze del
peccato la sua esistenza terrena ha la “durata di qualche palmo” (Sl 39:4).
Il vero e unico bisogno 
della vita dell’uomo è, quindi, quello di tornare al suo
“Creatore” per
divenire partecipe con lui della sua eternità. Tutto questo è 
realizzabile se
durante questa vita terrena l’uomo ripone la sua speranza in Dio per 
mezzo del
suo Figlio Cristo Gesù (vedi anche IL CRISTIANO n. 7/luglio 2009; pagg.
316-321). Infatti, Dio “che ha creato i cieli e li ha spiegati, che 
ha
disteso la terra con tutto quello che essa produce” (Is 42:6a) ha inviato suo 
Figlio
sulla terra come “luce delle nazioni” per “aprire gli occhi 
dei ciechi”
 e per “far uscire dal carcere i
prigionieri e dalle prigioni quelli che abitano nelle tenebre” (Is. 42:6b) del peccato 
donando a
tutti coloro che credono la salvezza e la vita eterna.
 
Ma a quando risalgono le 
origini di colui che ridona la
vista ai ciechi persi nelle tenebre del peccato?
A quando risalgono le 
origini del Salvatore del mondo,
Cristo Gesù?
L’eternità di Gesù Cristo
Il profeta Michea scrive 
nel suo libro:
“Ma da te, o Betlemme, 
Efrata, piccola per essere tra le
migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele,
 le cui
origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni” (Mi 5:1).
Profetizzando la prima e la
 seconda venuta di Cristo,
menzionato come “colui che sarà dominatore in Israele” e come colui “che 
porterà la
pace” (Mi 
5:4),
l’autore del testo biblico parla anche delle “origini” di Cristo le quali “risalgono
ai
 tempi antichi, ai giorni eterni”.
Da ciò comprendiamo che 
come Dio, il Padre, è eterno anche
Gesù, il Figlio, è eterno e che la sua esistenza non ha avuto un principio e
 non avrà neanche una
fine. Gesù afferma, infatti: “Io sono l’alfa e l’omega, il primo e 
l’ultimo,
il principio e la fine” (Ap 22:13). 
 
Durante un dialogo con 
alcuni Giudei Gesù stesso, dopo aver
ricordato loro che erano schiavi del peccato e che solo lui poteva farli
divenire “veramente liberi”, disse:
 “In verità, in verità
 vi dico: prima che Abraamo fosse
nato io sono”
(Gv 8:58).
 Ecco quindi che Cristo 
Gesù, il liberatore, è venuto sulla
terra per dare la libertà dal peccato ma è presente da molto prima, 
infatti,
Gesù afferma “io sono” prima ancora che Abraamo fosse.
 In un altro dialogo, questa
 volta in preghiera con il Padre,
Gesù dopo aver ricordato che la vita eterna è conoscere Dio e colui che 
Dio “ha
mandato” 
(Gv 17:3),
afferma:
 
“Io ti ho glorificato 
sulla terra, avendo compiuto
l’opera che tu mi hai data da fare. Ora o Padre glorificami tu presso di
 te
della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse” 
(Gv 17:5).
 Gesù era presente “prima” ancora “che il mondo 
esistesse”,
 si trovava, infatti “presso” Dio e nella “gloria” di Dio. Quindi 
dall’eternità, prima
della creazione del mondo Gesù era con Dio. Gesù ha lasciato la gloria 
del
Padre nella quale era fin da “prima che il mondo esistesse” per venire sulla terra a 
compiere “l’opera” che il Padre gli aveva dato da
fare.
L’obiettivo di questa opera
 era, ed è, quello di rendere
partecipi di quella gloria tutti coloro che per mezzo della sua opera 
credono
nel Padre. Infatti, poco dopo, sempre rivolto al Padre, il Figlio 
chiede:
 “Padre io voglio che 
dove sono io, siano con me anche
quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai 
data;
poiché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo” 
(Gv 17:24).
 Da “prima della 
fondazione del mondo” il Padre ha amato il Figlio e
quindi il Figlio è presente ed esiste fin da prima della creazione del 
mondo.
Per tale amore l’opera svolta dal Figlio permette a tutti coloro che 
credono in
lui di essere un giorno nella sua gloria per l’eternità. 
Abbiamo visto come la 
parola di Dio afferma l’eternità di
Cristo Gesù:
 le sue
“origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni”, “prima che Abraamo 
fosse nato”
 lui era, infatti, era nella gloria
del Padre e “presso” il Padre “prima che il mondo esistesse” essendo “amato” dal Padre “prima della
fondazione del mondo”. 
Cristo Gesù è eterno, ma 
non è certo a caso che quando il
profeta Michea, prima, e l’apostolo Giovanni poi hanno scritto riguardo
all’eternità di Cristo Gesù, lo hanno fatto sempre mettendola in 
relazione con
l’opera svolta dal Messia per l’umanità mortale e nel peccato. 
E così che si legge che “le
 sue origini risalgono ai
tempi antichi, ai giorni eterni” ma che egli è sceso sulla terra una prima 
volta lasciando la
città celeste per una terrena nascendo a “Betlemme…piccola per essere
 tra le
migliaia di Giuda”.
Questa prima venuta è stata necessaria per aprire la strada ad una 
seconda
venuta quando, nel regno milleniale, egli sarà “dominatore in 
Israele” e
 colui che in Israele “porterà” finalmente e veramente “la pace”.
Così quando l’apostolo 
Giovanni riporta le parole di Gesù
che ci rimarcano la sua eternità, “prima che Abraamo fosse nato io 
sono”, lo 
fa non omettendo che poco
prima, a coloro ai quali Gesù ricordò questa verità, aveva anche detto 
che solo
lui poteva farli divenire “veramente liberi” dalla schiavitù del 
peccato alla
quale per natura come uomini, e in quanto uomini, erano sottoposti.
Lo stesso autore quando 
scrive le parole che Gesù rivolse al
Padre riporta, sotto la guida divina, che Gesù chiese al Padre di 
ritornare
nella gloria che aveva “presso” di lui “prima che il mondo esistesse” dopo averla lasciata per 
svolgere
un’opera di salvezza per la vita di ognuno di noi. Non dimenticando, 
inoltre,
che tale richiesta fatta dal Figlio al Padre, che lo ha amato “prima 
della
fondazione del mondo”,
fu fatta non solo per sé stesso ma per tutti coloro che credendo in 
questa
terra nell’opera del Figlio vivranno nel futuro laddove il Figlio era, è
 e
sarà: cioè nella gloria eterna del Padre. 
 Gesù Cristo è eterno 
come il Padre è eterno. Questa verità, che dobbiamo
ricordare e ristabilire come tale ogni giorno della nostra vita, non è 
fine a
sé stessa ma si applica alla nostra vita e alla vita di ogni uomo.
Gesù Cristo è eterno e nella
 sua eternità ha svolto
un’opera per la salvezza di chi, come l’uomo, questa eternità l’ha persa, 
rifiutandola e
preferendole il peccato. Lasciando la sua gloria eterna Gesù è sceso 
sulla
terra compiendo “l’opera” che il Padre gli aveva “data da fare” e per mezzo della quale 
chiunque
crede un giorno sarà per l’eternità nella sua gloria. 
Gesù Cristo, il 
Salvatore del mondo, non ha iniziato il
suo intervento nella storia dell’uomo a Betlemme come non lo ha concluso
 al
Golgota. A
 Betlemme
Cristo Gesù l’eterno è sceso sulla terra prendendo forma di uomo (Mi 
5:1; Mt
2:1-12; Lu 2:4-19; Fi 2:6-7), al Golgota ha deposto la sua vita per il 
perdono
dei peccati di ogni uomo (Mt 27:32-55; Mr 15:21-41; Lu 22:33-49; Gv 
19:17-37).
Tramite quest’opera egli 
può cambiare la storia della vita
dell’uomo che crede in lui. Ma allo stesso tempo, colui che ha fatto 
tutto ciò
è l’eterno che esiste da “prima della fondazione del mondo”, che è “senza inizio 
di giorni
né fin di vita” (Eb
7:3). Questa realtà, come e con Betlemme e il Golgota, ha profonde
applicazioni, così profonde da essere eterne, per la vita dell’intera 
umanità. 
 
Gesù Cristo il Creatore
 Proprio perché eterno e 
quindi presente “presso” il Padre “prima che il mondo
esistesse”,
 il
Figlio non è estraneo alla creazione. Anzi, la Scrittura ci afferma:
 “Egli è…. il primogenito
 di ogni creatura; poiché in
lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le
visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potestà; tutte le
 cose
sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di
 ogni
cosa e tutte le cose sussistono in lui” (Cl 1:15-17).
 L’apostolo Paolo, guidato 
dal Signore, affrontando
l’argomento della superiorità di Cristo sviluppa anche l’aspetto della 
sua
superiorità sul creato e quindi anche del suo ruolo nella creazione. 
Gesù nella
sua eternità “è prima di ogni cosa” per tale motivo “tutte le cose” sono state create “in 
lui”, “per
mezzo di lui” e “in
vista di lui”. La
totale partecipazione del Figlio nella creazione, non come colui che è 
stato
creato ma come Creatore, è ben riassumibile nelle parole “Egli è….il
primogenito di ogni creatura”. Infatti, Gesù è al di sopra di tutte le creature 
in quanto
non è stato creato come loro ma ne è il Creatore, come il Padre e con il
 Padre,
e lo è fin dall’eternità. Così che “tutte le cose sussistono in lui” in quanto al pari del 
Padre, anche
il Figlio non solo è il creatore ma è anche il sovrano sulla creazione. 
Lo stesso apostolo Paolo, 
guidato ancora da Dio, parlando
dell’unicità del Padre e del Figlio afferma:
 “Tuttavia per noi c’è un
 solo Dio, il Padre, dal quale
sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù 
Cristo,
mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi 
siamo” (1Co 8:6).
 Il Padre e il Figlio sono 
allo stesso modo entrambi Creatore
e Sovrano sul creato, la differenza che questo utile parallelo ci 
evidenzia e
che “dal” Padre “sono
tutte le cose”.
mentre “mediante”
il Figlio “sono tutte le cose”.
A tal proposito viene 
scritto in Ebrei che Dio “mediante” il Figlio “ha pure creato i
mondi” (Eb
 1:2)
parole che, insieme a quelle viste in precedenza, ci ricordano che Gesù è
 il
Creatore, “per mezzo” e “mediante” il quale il Padre ha creato.
Gesù non è stato creato dal
 Padre, ma il Padre ha creato “per
mezzo” di 
lui. “Dal” Padre quindi è proceduto l’atto
creativo reso poi tale e applicato “per mezzo” del Figlio. 
Nel vangelo di Giovanni, il
 Signore nella sua grazia, ci ha
fatto pervenire un messaggio che comprende ed amplia quanto è stato 
visto fino
ad ora. Troviamo scritto:
 “Nel principio era la
 Parola, la Parola era con Dio e
la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata 
fatta per
mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta” (Gv 1:1-3).
 Poco più avanti Giovanni
 scrive anche che “la Parola è
diventata carne e ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di 
verità” 
(Gv 1:14a). Fin dal “principio” prima della creazione del mondo “la
Parola”, 
che come
abbiamo visto da Giovanni 1:14 rappresenta Cristo, “era”, “era con Dio” ed “era Dio”.
 • Cristo Gesù “era” cioè era fin 
dall’eternità quindi è
eterno e “nel principio” prima ancora della creazione del mondo lui era 
presente.
 • Cristo Gesù non era da 
solo “nel principio” ma vi era anche Dio, il Padre,
tanto che Cristo Gesù “era con Dio”, cioè in stretta relazione e
 in profonda comunione con il
Padre fin dall’eternità.
 • Ma allo stesso tempo fin 
dall’eternità Cristo Gesù “era
Dio”, infatti, il Figlio è Dio 
come il
Padre è Dio, vi è un unico e solo Dio e il Figlio e il Padre sono 
insieme
l’unico Dio.
 Dopo averci ricordato 
l’eternità di Cristo Gesù, la sua
relazione e la sua unità con il Padre, ecco che quanto abbiamo letto in
precedenza ci ricorda anche il ruolo di Creatore del Figlio. Infatti, è 
scritto:
“Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei (la parola cioè Cristo); e
 senza di lei neppure
una delle cose fatte è stata fatta”. Queste parole ci mettono ancora in evidenza
 il ruolo
svolto dal Figlio nella creazione, non un ruolo secondario ma al pari di
 quello
del Padre. Infatti, ci viene ancora detto che tutto è stato creato “per
mezzo”
 di
Cristo Gesù
 e senza
di lui non ci poteva essere niente di quello che oggi nella creazione 
vediamo e
ammiriamo, noi compresi.
Fu poi in un dato momento 
della storia che “la Parola è
diventata carne e ha abitato un tempo fra noi”. Cristo Gesù il 
Creatore è
diventato uomo pur rimanendo sempre Dio (Gv 1:1) ed ha abitato per
 un tempo fra coloro che sono
stati creati “per mezzo” di lui, diventando parte di quel creato di cui era
 stato Creatore.
“Nel principio” Gesù era presente, era con
 Dio, era Dio, infatti, quando la
Scrittura ci afferma che “nel principio Dio creò i cieli e la terra” (Ge 1:1) ci rivela il
coinvolgimento e la partecipazione del Figlio nella creazione. Il 
termine “Dio” presente in Genesi 1:1 è una
traduzione del termine ebraico “elohiym” che è un plurale per 
quanto riguarda la forma ma un
singolare per quanto riguarda il significato. Ecco quindi che l’uso di 
tale
termine ci ricorda la trinità del Dio Creatore, la quale ci porta ancora a
riaffermare il ruolo del Figlio, nella creazione, come scritto: “Poi 
Dio 
(elohiym) disse: «Facciamo
l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza»” (Ge 1:26). L’eternità e 
la
partecipazione del Figlio nella creazione è uno dei messaggi che 
dipartono fin
dall’inizio della Scrittura e che si sviluppano nel corso della 
rivelazione di
Dio per l’uomo: Gesù è quindi l’eterno presente da “prima della 
fondazione
del mondo”,
 mondo
che è stato creato “in lui”, “per mezzo di lui” e “in vista di lui”.
Ma che cosa ne ha fatto il “mondo” da lui creato di questo 
messaggio
che Dio nella sua Parola gli ha chiaramente rivelato?
Un rifiuto che inizia fin 
dal “principio”
 Alla luce di questo 
messaggio possiamo affermare che accogliere
spiegazioni diverse da quelle della Scrittura, riguardo al “principio” cioè riguardo alla 
creazione del
mondo, ha ripercussioni anche sul nostro rapporto con il Salvatore 
del
mondo, Cristo Gesù,
perché lui vi era “prima della fondazione del mondo”. Una spiegazione
dell’origine della vita diversa da quello che la Parola di Dio ci ha 
rivelato
esclude il Figlio, Cristo Gesù il Creatore, colui “mediante il quale” il Padre “ha pure 
creato i
mondi”.
Sì. proprio così, rifiutare
 il messaggio di Dio riguardo alla
creazione o anche solamente accogliere e condividere una minima 
divergenza da
quanto la Scrittura ci propone riguardo all’origine della vita significa
rifiutare
 Cristo Gesù
e di conseguenza anche l’unico piano di salvezza per la vita dell’uomo. 
Non si
godrà mai l’ombra del verde fogliame di un albero o la bontà dei suoi 
frutti se
questo viene tagliato dalla base. Così è anche per il Figlio di Dio e 
per la
sua opera di salvezza: Cristo non può essere veramente accolto se si
disconosce e si rifiuta ciò che veramente accadde al momento della 
creazione
del mondo e dell’origine della vita quando Cristo era “nel principio 
con
Dio”.
 L’apostolo
 Pietro scrive, inoltre,
che il riscatto dal peccato avviene solo “con il prezioso sangue di 
Cristo,
come quello di un agnello senza difetto né macchia” (1P 1:19) ma scrive anche 
che
questo prezzo e questo mezzo per il riscatto della vita dell’uomo dalla
prigionia del peccato (Is 42:6) era “già designato prima della 
fondazione
del mondo”
 (1P
1:20a). 
Ecco quindi che il rifiuto 
di Cristo e del piano di salvezza
in lui da parte della nostra cultura e del mondo in cui viviamo inizia 
da
lontano, dal “principio”, dalla base. Inizia dal rifiuto di quello che la 
rivelazione scritta di
Dio ci espone riguardo alla creazione del mondo e all’origine della 
vita. Del
resto Giovanni, ispirato da Dio, scrisse che “Egli (Cristo) era nel mondo e
 il mondo
fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo ha conosciuto” (Gv 1:10).
Quel mondo che è stato 
fatto, stabilito, creato per mezzo di
lui è stato proprio quello che non lo ha conosciuto e lo ha rifiutato 
come
Creatore e allo stesso tempo quindi anche come salvatore. Quello stesso 
mondo
che è stato creato per mezzo di lui rinnova e riafferma questo 
rifiuto tutte
le volte che presenta, insegna, diffonde e accoglie una spiegazione
dell’origine dell’universo, della terra e della vita che esclude quello 
che la
Parola di Dio invece afferma e rivela a proposito al tempo in cui “prima della 
fondazione del
mondo” Cristo
 era “nel
principio con Dio”.
 Ma facciamo attenzione! In 
questo mondo e in questa cultura
ci viviamo anche noi, che Cristo per grazia sua lo abbiamo ricevuto e
conosciuto. Ricordiamoci che Cristo è pericolosamente appartato anche 
quando
noi, sotto l’influenza dalla cultura del mondo, viviamo, pensiamo, 
agiamo,
ragioniamo, scegliamo, parliamo come se Cristo Gesù, il nostro 
Salvatore, e con
lui il suo piano di salvezza, non fosse un qualcosa “già designato 
prima
della fondazione del mondo”. Cristo Gesù “è stato manifestato negli ultimi 
tempi” (1P
 1:20b) ma le sue “origini
risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni”, il piano di salvezza in 
lui e per mezzo di lui è
stato designato da Dio “prima della fondazione del mondo”, mondo che è stato creato
 “per
mezzo di
 lui”. 
Vivere ogni giorno riscoprendo e
considerando pienamente tutto questo ci porta a vivere considerando in 
modo
ancora più ampio la portata dell’amore di Cristo rivolto a noi, le sue 
risorse
infinite a disposizione per noi, la sua grazia eterna sparsa su noi, la 
sua
misericordia senza limiti di tempo e di spazio con la quale lui ha da 
sempre
considerato ognuno di noi. Insomma vivere riscoprendo quotidianamente
 tale
verità ci porta a contemplare e ad ammirare ancora di più quello che
l’influenza della cultura del mondo spesso ci oscura: cioè chi è veramente il 
nostro
Salvatore, la sua eternità e il suo ruolo nella creazione con delle 
conseguenze
pratiche per la nostra vita.
 Quanti aspetti quotidiani a
 partire dalle nostre frequenti
sfiducie, dai nostri facili scoraggiamenti, dalle nostre presunte 
invalicabili
paure, dalle nostre non rare preoccupazioni, dalle nostre limitanti 
incertezze,
dai nostri possibili sconforti, infatti, apparirebbero sotto una luce 
diversa
considerando che non è solo da ieri, né solo da qualche anno, né solo da
 tanti
anni ma è da “prima della fondazione del mondo” che Cristo stava 
pensando
proprio a me, proprio a te, proprio a noi, proprio all’umanità intera 
creata
per mezzo di lui.
Colui che vi è da “prima della fondazione del mondo”, nella sua immensa grazia,
 per
l’adempimento del suo piano di salvezza ha vissuto nel mondo in un 
periodo di
tempo definito ma ciò non significa che deve essere confinato nella sua
presenza e nella sua opera nella storia dell’umanità tra delle date 
numeriche.
Lui che del mondo ne è il Creatore, lui il cui ruolo di Salvatore era “già
designato
 prima della fondazione del mondo”. Questo è il nostro Salvatore! Così come ci viene 
presentato dalla
Scrittura abbiamo il quotidiano privilegio, ma anche la quotidiana 
necessità,
di contemplarlo, ringraziarlo, adorarlo, servirlo come del resto anche la 
giornaliera
responsabilità di presentarlo al mondo che fu fatto “per mezzo 
di lui” ma
 che ancora “non lo ha
conosciuto”.
 
                                                                                  
 Giovanni
Beccari
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