L'idea che l'esercizio della fede viene da Dio computato in conto di giustizia è molto popolare (Romani 4:5,22).
Certamente, possiamo rallegrarci perché la Grazia della redenzione in Cristo non si limita a pagare il nostro inestimabile debito con la giustizia di Dio, avendoci essa arricchiti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti.
Altrettanto conforme alla Grazia evangelica, però, è credere che l'amore fraterno ci è messo in conto di debito. Tutto quello che si fa in nome di Dio, in ogni gesto o parola d'amore, non è mai una tassa; tuttavia amarsi gli uni gli altri, per quanto possa essere gratificante, rimane comunque un sacro dovere, alimentato da una crescente gratitudine per l'ineffabile generosità di Dio.
Basti pensare come, scrivendo alla chiesa in Roma, l'apostolo aggiunga che "...la Macedonia e l'Acaia si sono compiaciute di fare una colletta per i poveri che sono in Gerusalemme. Si sono compiaciute, ma esse sono anche in debito nei loro confronti; infatti se gli stranieri sono stati partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di aiutarli con i beni materiali" (Romani 14:26-27).
L'amore di Dio fa considerare il prossimo non in termini utilitaristici, per quanto possiamo ottenere o spremerne, bensì per tutto quello che possiamo dare e condividere.
Non pochi stimano di avere fatto molto, profuso abbastanza a pro di persone che non hanno adeguatamente ricambiato, pascendosi ora dell'unica aspettativa di remunerazione, pretendendo che il "pane gettato sulle acque ritorni", magari con gli interessi... Nessuno, in realtà, può vantare crediti verso il Corpo di Cristo o l'opera di Dio.
Se diamo qualcosa è perché abbiamo ricevuto, immeritatamente, dalla mano del Signore. L'amore celeste non è pratico di calcoli, non vuole conteggiare quante volte perdona, non "addebita il male", per continuare a fare il bene, alla gloria di Dio.
La degenerativa perdita di sentimenti umani nel mondo è triste, ma purtroppo non sorprende. Ciò che invece dovrebbe stupire è l'affievolirsi dei sentimenti cristiani nella Chiesa. Se vogliamo veramente sbarazzarci d'ogni frode spirituale, come ci esorta la Parola di Dio, dobbiamo cessare di esibire l'amore verso il prossimo come un titolo da riscuotere.
D'altronde, l'obbligo d'amarci reciprocamente ci impegna ed appassiona, senza impoverirci affatto; anzi, se persevereremo nel dare, continueremo a ricevere.
Chi ha ricevuto il dono della vita eterna è affrancato da ogni avarizia, perché nessuno può rubargli il suo tesoro celeste; chi gusta quanto Dio è buono, è sanato da logorante invidia, perché in Cristo ha pienamente tutto quello che il mondo non potrebbe mai elargire.
L'amore esemplare e fedele continua a ricambiare quello di Cristo, conservando il suo straordinario debito celeste sul quale nessun usuraio può speculare: un "conto aperto", che continuerà sempre ad arricchire l'anima dei figlioli di Dio!
A.C.
Tratto da «Cristiani Oggi» 16 - 28 febbraio 2006
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