Calendario e festi solenni dell'Antico Testamento

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Il nome per mese in ebraico era hodesh, che significa luna nuova. I mesi ebraici, almeno iniziando nel periodo dopo l'esilio, erano lunari e iniziavano con la nuova luna come era vista ad occhio nudo. Cosi la lunghezza del mese lunare dipendeva dal giorno in cui la luna veniva annunciata da parte del Sinedrio; questo rendeva il mese di 29 o di 30 giorni. Come regola in un anno capitavano non meno di 4 e non più di 8 mesi interi (di 30 giorni).

Quando poi nell'ultimo mese di Adar appariva chiaro che la Pasqua, che doveva capitare nel mese seguente (Nisan o Abib), sarebbe capitata prima della mietitura, si aggiungeva un intero nuovo mese tra Adar e Nisan, chiamato in ebraico "Adar-Sceni" e cioè "secondo Adar ",
 
Solitamente l'anno ebraico risultava avere 354 giorni (invece dei 365 giorni del nostro anno), per cui ogni tre anni si aggiungeva un mese extra di 29 giorni, per far combaciare il calendario lunare con l'anno solare.
 
Calendario Ebraico

 Le festività solenni ebraiche

  1. Pasqua: In ebraico è pesah, che viene da pasah, e significa passare oltre (Es. 12.12;13,23), e in senso figurativo risparmiare. La Pasqua doveva essere celebrata ogni anno il 14 del primo mese (Abib o Nisan) sull'imbrunire, per ricordare la liberazione dall'Egitto (Es. 12.14; Le. 23.5; Nu. 28.16; De. 16.1-8).
  2. Festa dei pani azzimi: In ebraico è matstsah e significa focaccia o pane non lievitato. Questa festa seguiva immediatamente la Pasqua e durava sette giorni, e durava dal 15 al 21 del primo mese (Abib o Nisan) (Es. 12.18; 13.3-10; Le. 23.6-8).
    Nel primo e settimo giorno della festa dei pani azzimi e' era una santa convocazione o assemblea e ci si asteneva da ogni lavoro (Es. 12.18; 13.3-10; 23.15; 34.18; Le. 23.6-8•Nu. 28.17-25; De. 16.3,4).
  3. Festa delle primizie: In ebraico è re sciyth e significa il primo nel tempo, nel genere, nell'ordine o rango. Il giorno 16 del primo mese (Abib o Nisan) si presentava al sacerdote un covone, come primizia del raccolto, che veniva agitato davanti all'Eterno (Le. 23.9-14).
  4. Festa della Pentecoste: In ebraico è shabuwa o scebù àh, che significa setteni, settimana, e in greco pentekoste, che significa cinquantesimo. Cosi nel cinquantesimo giorno (e cioè, il giorno 6 del terzo mese, Sivan) all'offerta delle primizie c'era una santa convocazione o assemblea con l'obbligo di astenersi dal lavoro, e si offrivano due pani di fior di farina, cotti con lievito, come primizie offerte all'Eterno (Es. 23.16; 34.22; Le. 23.15-21; Nu. 28.26-31; De. 16.9-12; At. 2.1-13).
  5. Festa delle trombe: In ebraico è terùw'àh e significa gridare forte, suonare le trombe, dare l'allarme, rallegrarsi. Le trombe venivano suonate il primo giorno del settimo mese (Ethanim o Tishri), per una santa convocazione o assemblea e con l'obbligo di astenersi dal lavoro (Le. 23.24,25; Nu. 1.1-10; 29.1-6).
    Il primo caso di suon di tromba riportato nelle Scritture è quello di Esodo 19.16-25, quando Mosè fece uscire il popolo dall'accampamento per condurlo incontro a Dio che era disceso sul monte Sinai. Si suonavano le trombe anche quando il popolo d'Israele levava l'accampamento e si metteva in cammino (Nu. 10.1-10), e al termine della stagione della raccolta (Nu. 29.1-6).
  6. Il giorno dell'espiazione: In ebraico è jòm kippùr. Il decimo giorno del settimo mese (Ethanim o Tishri) era un giorno di riposo per una santa convocazione o assemblea, in cui bisognava umiliare le proprie anime e offrire particolari sacrifici per fare espiazione (in ebraico kàfar, che significa coprire, espiare, condonare, placare, cancellare, riparare, riconciliare, ecc.; vedi Espiazione), per i sacerdoti, per il popolo, per il tabernacolo e per l'altare degli olocausti.
    Era l'unica volta all'anno in cui il sommo sacerdote entrava nel luogo santissimo con il sangue del sacrificio per il peccato e lo spruzzava sul propiziatorio (Le. 16. 23.26-32; Nu. 29.7-11).
  7. Festa delle Capanne o Tabernacoli: In ebraico è hàg hassukkòwth; sukkòwth è il plurale di sukkàh, che significa capanna, riparo fatto di foglie e rami intrecciati, tenda, casetta, padiglione, tabernacolo, e cioè, abitazione temporanea. Era pure chiamata la festa della raccolta.
    Così il quindicesimo giorno del settimo mese (Ethanim o Tishri), cinque giorni dopo il giorno dell'espiazione e al termine della raccolta dei frutti della terra, iniziava la festa delle capanne o della raccolta. Essa durava sette giorni (Le. 23.33-36), durante i quali il popolo dimorava in capanne, con una santa convocazione o assemblea nel primo e nel!' ottavo giorno, in cui ci si doveva astenere dal lavoro (Es. 23.16; 34.22; Le. 23.33-36; 39-43; Nu. 29.12-34; De. 16.13-15).
    Questa festa aveva lo scopo di far ricordare la raccolta dei frutti della terra (Le. 23.39) e il prodotto dell'aia e dello strettoio (De. 16.13), ma soprattutto il fatto che i figli d'Israele, uscendo dall'Egitto, avevano dimorato in capanne (Le. 23.43).
    Nell'ottavo giorno, distinto dalla festa delle capanne e in cui non vi era più l'obbligo di abitare in tende, c'era una santa convocazione o assemblea (Le. 23.36; Nu. 29.35), che chiudeva il ciclo delle festività dell'anno.

 

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