Nella sua Parola Dio ci presenta due realtà assolutamente vere ed indiscutibili: la sua assoluta sovranità, che gli consente di fare ciò che vuole, quando e come vuole, e la responsabilità dell’uomo, che, davanti alla rivelazione di Dio ed ai suoi appelli, è chiamato ad esercitare la sua libertà di scelta, che ovviamente non sarà senza conseguenze.
La scelta di credere porterà alla Vita, la scelta di non credere farà rimanere in una condizione di morte.
• Dio ha dotato l’uomo di una coscienza • Dio ha introdotto nell’uomo il pensiero dell’eternità • Dio chiama a ravvedimento • Dio cerca l’uomo
• Dio parla mediante la potenza del suo Vangelo
Queste sono soltanto alcune considerazioni che abbiamo avuto modo di vedere, ma sufficienti per dimostrare che l’uomo è effettivamente inescusabile. Ora, nel corso di questo articolo vedremo l’aspetto nella Scrittura riguardante la sovranità di Dio da una parte ed il libero arbitrio umano dall’altro e soprattutto se è vero, come asserisce la dottrina calvinista, che prima avviene la rigenerazione dello Spirito e successivamente si ha fede.
• La gioia delle nazioni riguardo alla sovranità di Dio. “Le nazioni gioiscano ed esultino, perché tu governi i popoli con giustizia, sei la guida delle nazioni sulla terra” (Sl 67:4). È molto importante questo testo, in quanto il salmista rivolge un chiaro invito alle nazioni (quindi non soltanto ad Israele) di gioire ed esultare. Ma quale è il motivo? Quando si gioisce vi è sempre una causa. Ebbene il motivo è la consapevolezza che Dio regna e governa. Molte volte quando si parla di sottomissione alle autorità si percepisce un senso di frustrazione ed umiliazione. Il tutto è alimentato nel momento in cui ci si rende conto che chi governa non è proprio giusto. Ma per quanto concerne il governo di Dio, il suo giudizio e la sua giustizia, esse sono realtà assolute e biblicamente comprovate. Nessuno, potrà tacciare il Signore di essere un dio ingiusto. Ogni suo decreto, rivelazione, detto, sentenza sono perfetti. Addirittura ecco cosa leggiamo nel Salmo 98: “Risuoni il mare e quanto contiene, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme i monti davanti al SIGNORE. Poich’egli viene a governare la terra; egli governerà il mondo con giustizia, e i popoli con rettitudine” (Sl 98:7-9). In questo caso non vengono prese come testimoni solo le nazioni, ma la creazione stessa. Sono emblematici nel Salterio queste immagini, le quali non sono però semplici licenze poetiche. Esse sono immagini che sottolineano una lezione ben più profonda. Vi è gioia ed allegrezza nel momento in cui ci si sottomette alla volontà del Signore. Ed ancora il salmista che esprime la sua certezza dettata dalla fede “Dio governerà il mondo con giustizia”.
Nella persona del Signore Gesù confluiscono due immagini, facce della stessa medaglia: l’Agnello e e il Leone. Egli, nella sua umiltà, è “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv 1:29), ma nella sua suprema regalità, egli è “il Leone della tribù di Giuda” (Ap 5:5). Il testo paolino che troviamo nella lettera ai Romani ha una chiara connotazione escatologica che rimanda al periodo milleniale.
Ma di certo segna una chiara connessione tra la sovranità di Dio e nello stesso tempo la sovranità del Figlio quale Re dei re. In Apocalisse 19 infatti leggiamo: “Gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi, ed erano vestiti di lino fino bianco e puro. Dalla bocca gli usciva una spada affilata per colpire le nazioni; ed egli le governerà con una verga di ferro, e pigerà il tino del vino dell’ira ardente del Dio onnipotente. E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: RE DEI RE e SIGNORE DEI SIGNORI” (Ap 19:1-16). Queste parole riguardano quel combattimento che sarà svolto prima dell’instaurazione del regno glorioso del Messia. Ma è interessante notare come il testo biblico precisi a più riprese le azioni del Giudice, del Sovrano assoluto che esercita il suo giudizio e la sua giustizia. Nessuno può impedire l’adempimento dei piani divini.
Il vaso non può avanzare nessuna pretesa, nessun diritto nei confronti del vasaio, né lamentarsi del suo operato. È chiaro che ci troviamo di fronte ad una metafora nella quale il vaso è l’uomo ed il vasaio il Creatore. Nessun uomo può dire di Dio che “lui non capisce, non sa ciò che fa”, in quanto, come dice l’Ecclesiaste “Dio è lassù nei cieli e quaggiù sulla terra” (Ec 5:2). Interessante inoltre osservare la situazione spirituale presentata. Abbiamo un chiaro monito iniziale, nel quale vengono avvertiti tutti coloro che si vogliono allontanare dai decreti di Dio e compiere le loro azioni inique. L’atteggiamento di chi vuole contestare il Signore è proprio degli empi che non hanno alcun timore di Dio. Una piccola parentesi la possiamo aprire però anche per quanto concerne il figlio di Dio. Quando si parla della sovranità di Dio dobbiamo sempre tenere presente chi è il nostro Padre Celeste e che effettivamente egli porta avanti i suoi disegni eterni anche se essi superano la nostra razionalità e capacità di comprensione. Perciò, con l’immagine del vasaio, Dio ci ricorda che egli fa ciò che vuole, secondo il suo proposito. Ma vi è un altro passo che chiarisce molto bene la questione e l’abbiamo nel libro di Geremia: “ «Casa d’Israele, non posso io far di voi quello che fa questo vasaio?» Dice il SIGNORE. «Ecco, quel che l’argilla è in mano al vasaio, voi lo siete in mano mia, casa d’Israele! A un dato momento io parlo riguardo a una nazione, riguardo a un regno, di sradicare, di abbattere, di distruggere; ma, se quella nazione contro la quale ho parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di farle. In un altro momento io parlo riguardo a una nazione, a un regno, di costruire e di piantare; ma, se quella nazione fa ciò che è male ai miei occhi senza dare ascolto alla mia voce, io mi pento del bene di cui avevo parlato di colmarla” (Gr 18:6-10).
Dunque, il testo presenta due decreti di Dio l’uno opposto all’altro. Nel primo caso Dio decreta per una nazione un chiaro giudizio di distruzione. Egli lo può fare perché è Sovrano. Ma vi è un dettaglio illuminante nel quale entra in gioco la responsabilità umana: se la nazione si converte dalla sua malvagità, si pente e si ravvede del suo peccato, il Signore cambia proposito, cambia decreto, ritirando il suo decreto di giudizio.
Per contro, se Dio decreta una benedizione per una nazione, ma essa risponde con malvagità e peccato, egli può cambiare decreto presentando una sentenza di giudizio. Domandiamoci: Dio lo può fare? Certo! Egli è Sovrano, può cambiare decreto, come può anche non cambiarlo. Ma è indubbia la posizione di rilievo che assume altresì la responsabilità umana. Per inciso faccio presente che il passo di Romani 9:21 in cui si tratta ancora dell’immagine del vasaio, verrà analizzato quando si parlerà dell’elezione incondizionata. Libero arbitrio o servo arbitrio? Questo è sicuramente un argomento molto importante per l’argomento che stiamo trattando. Nel corso dei secoli si è dibattuto molto intorno a questa tematica arrivando a conclusioni assolutamente opposte. Le domande che vogliamo porci sono: • L’uomo è dotato di libero arbitrio? • Quando decide per accettare il messaggio dell’Evangelo: al momento della conversione o dopo la nuova nascita?
• La chiara realtà della volontà umana. Vi sono innumerevoli testi nella Scrittura che indicano esplicitamente la responsabilità umana e soprattutto la sua capacità di scelta. Ecco cosa leggiamo nel primo libro di Samuele: “Se temete il SIGNORE, lo servite e ubbidite alla sua voce, se non siete ribelli al comandamento del SIGNORE, e tanto voi quanto il re che regna su di voi seguite il SIGNORE, il vostro Dio, bene; ma, se non ubbidite alla voce del SIGNORE, se vi ribellate al comandamento del SIGNORE, la mano del SIGNORE sarà contro di voi, come fu contro i vostri padri” (1Sa 12:14-15).
Chiaramente questo brano ci presenta la possibilità di due scelte l’una contrapposta all’altra. Samuele si rivolge al popolo d’Israele in un modo molto chiaro ed incisivo senza lasciar alcun dubbio sulle sue parole. Vi sono due scelte: • o ubbidienza o disubbidienza, • o timore nei confronti di Dio, o ribellione. Nel primo caso vi saranno benedizioni, ma se vi fosse stata ribellione e disubbidienza si sarebbero pagate le dovute conseguenze. Infatti il profeta specifica “la mano del Signore sarà contro di voi”. Anche nel libro di Neemia leggiamo: “Tu li scongiuravi per farli tornare alla tua legge; ma essi si inorgoglivano e non ubbidivano ai tuoi comandamenti, peccavano contro le tue prescrizioni che fanno vivere chi le mette in pratica. La loro spalla rifiutava il giogo, essi irrigidivano i loro colli e non volevano ubbidire. Hai avuto pazienza con loro molti anni, mentre li avvertivi per mezzo del tuo Spirito e per bocca dei tuoi profeti; ma essi non vollero dare ascolto, e tu li hai messi in mano ai popoli dei paesi stranieri” (Ne 9:29-30).
Se per l’uomo non vi fosse alcuna possibilità per scegliere nel modo giusto e secondo il volere di Dio proprio per il fatto che è totalmente depravato, non avrebbero senso queste parole di Proverbi. La “Sapienza” parla, richiama, avverte, ma visto che l’empio non vuole ascoltare, non vuole cambiare direzione, allora sperimenterà le conseguenze della sua scelta.
Non è mai scritto nella Parola che l’uomo non può, ma che o vuole o non vuole. Molto chiare sono le seguenti parole del Signore Gesù: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!” (Lu 13:34). Il Signore si rivolge ad una Gerusalemme infedele, disubbidiente, che ha raggiunto il culmine della sua ribellione disconoscendo e rifiutando il Re Messia. Anzi più volte Israele si è macchiato di gravi colpe nei confronti dei profeti, dei servi che Dio mandava per richiamare il popolo sulla sua condotta. Il Signore Gesù né è l’esempio eccellente e supremo. Ma nello stesso tempo si parla di due volontà contrapposte: il Signore Gesù fa riferimento alla volontà di Dio che avrebbe voluto “raccogliere i figli di Gerusalemme”, ma questa volontà si è scontrata con l’assoluta non volontà dei suoi abitanti a permettere al Signore tale atto d’amore. Sempre e comunque, si parla di volontà precisa e determinata.
• La scelta decisiva. Perciò l’uomo si troverà sempre davanti, nel corso della sua vita, ad una chiara scelta decisiva per la sua vita. Un giorno Giosuè disse al popolo: “«Dunque temete il SIGNORE e servitelo con integrità e fedeltà; togliete via gli dèi ai quali i vostri padri servirono di là dal fiume e in Egitto, e servite il SIGNORE. E se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE»” (Gs 24:14-15).
Chiaramente il consiglio è quello di temere il Signore, di servirlo con integrità e fedeltà, di ubbidire alla sua legge, rifiutando qualsiasi compromesso. Ma sta di fatto che Israele deve scegliere: o il Signore, oppure gli idoli pagani. Giosuè non costringe alla scelta, in quanto anche il Signore non costringe mai a scegliere per lui. Giosuè si limita a date la sua preziosa testimonianza: “Quanto a me ed alla casa mia serviremo il Signore”. Il problema di questa scelta, di questo bivio è per ogni uomo ed alla fine egli dovrà scegliere. Ma dobbiamo anche considerare il fatto, come già abbiamo visto nei punti precedenti, che il Signore non lascia l’uomo da solo.
Abbiamo già notato quale sia l’iniziativa di Dio nei confronti dell’uomo come ci ricordano le parole del salmista: “Chi è l’uomo che teme il SIGNORE? Dio gl’insegnerà la via che deve scegliere” (Sl 25:12). Dio presenta all’uomo la via che deve scegliere ed essa è chiaramente rivelata nella Bibbia, scritta nero su bianco. Non vi sono possibilità di incomprensioni o di dubbio per quanto concerne il messaggio della salvezza. La via che deve scegliere gli viene indicata, ma il suo libero arbitrio lo rende nello stesso tempo responsabile di tale scelta.
Non è il Signore a scegliere per lui, ma è lui personalmente che deve effettuare tale decisione. Un giorno Mosè disse a Israele: “Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza, amando il SIGNORE, il tuo Dio, ubbidendo alla sua voce e tenendoti stretto a lui, poiché egli è la tua vita e colui che prolunga i tuoi giorni. Così tu potrai abitare sul suolo che il SIGNORE giurò di dare ai tuoi padri Abraamo, Isacco e Giacobbe»” (de 30:19-20). Ecco il bivio, ecco a scelta da fare: davanti ad ogni uomo vi è o la via che conduce alla vita, oppure alla morte. Il consiglio è “scegli la vita” con tutto ciò che questa scelta presuppone come l’amore ed il timore nei confronti di Dio, nonché l’ubbidienza. Essendo consapevole di tale scelta, Israele avrebbe dovuto svolgere il suo compito di testimone fra le nazioni; purtroppo però molte volte venne meno davanti a questa responsabilità. Ma anche in questo caso non vi sono possibilità di errore: il testo presenta la possibilità di scelta.
• La responsabilità umana nel credere o non credere nel Signore Gesù. Quando poi andiamo nel Nuovo Testamento, l’argomento del libero arbitrio assume ancora più forza. Nel meraviglioso passo sicuramente più conosciuto del Vangelo di Giovanni e di tutta la Scrittura è scritto: “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3:16-17). Il Signore Gesù presenta l’amore di Dio universale, verso tutti, nessuno escluso.
Questo passo lo riprenderemo anche quando tratteremo del punto concernente la redenzione limitata. Ad ogni modo il Signore rivela due atteggiamenti che si intersecano a vicenda:
• ma dall’altra la chiara responsabilità dell’uomo nel credere o non credere al Signore Gesù. Più avanti nello stesso discorso Gesù ha anche affermato: “Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Gv 3:36).
• chi decide di credere nel Figlio,
• chi invece rifiuta di credere nel Figlio. Non si parla di coloro che vengono messi in condizione di credere ed altri no, ma di individui che hanno invece la possibilità di fare una scelta, sempre determinata dall’iniziativa di Dio vista nell’articolo precedente. Paolo, scrivendo ai Romani, dichiara: “Ora a chi opera, il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito; mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in conto come giustizia” (Ro 4:4-5). Anche in questo caso si parla del giusto come di colui “che crede in colui che giustifica l’empio”. Si tratta di avere fede in ciò che Dio dichiara ed afferma e, sempre nella lettera ai Romani, leggiamo: “Che cosa dice invece? «La parola è vicino a te, nella tua bocca e nel tuo cuore»: questa è la parola della fede che noi annunziamo; perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati” (Ro 10:8-10).
Parole assolutamente chiare che non lasciano spazio assolutamente a dubbi. Paolo parla del “cuore che crede” e sebbene i destinatari primi di queste parole siano Ebrei, non possiamo certamente dire che queste affermazioni siano legate solo all’esperienza di Israele. Quell’uomo, quella donna che ad un certo punto della loro vita decidono con il cuore di credere a ciò che Dio dice, di avere fede nel messaggio della salvezza, nella croce di Cristo, nella sua risurrezione, sono salvati. Ma ancora possiamo notare come l’atto di fede sia ricondotto alla responsabilità stessa dell’individuo. Anche l’apostolo Giovanni dichiara: “Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in sé; chi non crede a Dio, lo fa bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha resa al proprio Figlio. E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel Figlio suo” (1Gv 5:10-11). Queste parole sono molto simili a quelle di Gesù (Gv 3:16).
Si parla ancora della contrapposizione tra colui che crede e colui che non crede, a due individui che decidono di prendere due strade diverse, di fare due scelte diverse, con conseguenze diverse. L’ira di Dio rimane su colui che rifiuta volutamente e responsabilmente di credere nel Figlio nonostante l’iniziativa di Dio. Vita eterna vi è per colui che decide volutamente e responsabilmente di avere fede nel Figlio grazie all’iniziativa di Dio.
Andrea Belli (Assemblea di Fontanellato, PR)
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