Ciascuno di noi può di certo ricordarsi momenti particolari di grande
gioia.
La gioia è veramente importante! È forse uno degli impulsi più importanti per la nostra vita. È straordinario quante cose la gioia può mettere in moto.
Quando si è ripieni di gioia, allora si è anche pronti ad affrontare difficoltà; allora si riesce a compiere tutto più facilmente, anche le faccende giornaliere che sono spesso noiose.
Se invece si agisce senza gioia, allora ogni cosa è incredibilmente faticosa e stancante. Ciò che vale per la vita giornaliera, vale similmente per la vita di fede, per la vita da cristiano.
Tanti hanno già fatto questa esperienza: ci sono momenti nei quali si vive sulla cima della fede dove tutto ha un senso. Dove si fanno esperienze meravigliose con Dio, dove si vive la propria fede. Leggere la Bibbia ci colma in quei tempi di grande gioia. Non bisogna sforzarsi per pregare. ma la preghiera sgorga spontaneamente dal nostro cuore e ci rallegriamo.
Ma ci sono anche altri tempi nei quali tutto ci sembra difficile.
Tempi durante i quali dobbiamo proprio farci coraggio, nei quali dubitiamo della nostra fede.
Eppure la gioia è così importante, essere cristiani senza gioia, non è veramente possibile.
Avere una fede gioiosa è importante e così essenziale che gli scrittori biblici ispirati da Dio ci esortano di continuo a rallegrarci: «Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi» (Filippesi 4:4) e «La gioia del SIGNORE è la vostra forza!» (Neemia 8:10) e cosi in tanti altri passi nella Bibbia.
Per questa ragione vogliamo occuparci di un passo biblico che approfondisce il soggetto «gioia».
Vedremo come Gesù era capace di gioire.
Vedremo anche che cosa Lo fece gioire e infine scopriremo che la stessa gioia può regnare anche nei Suoi seguaci.
L'evangelista Luca parla nel suo Vangelo al capitolo 10, dal verso 21 in poi, di una situazione particolare dove Gesù fu colmo di gioia.
Iniziamo considerando le circostanze che hanno preceduto quest'occasione.
Gesù aveva incaricato circa settanta discepoli di predicare nelle città e nei villaggi di Israele. La loro missione consisteva in parole e azioni.
Annunciarono il tanto atteso avvento del Regno di Dio. Nel Nome di Gesù guarirono i malati e addirittura liberarono uomini dall'influenza dei poteri demonici. In questo modo confermarono l'autenticità e verità del messaggio.
Compirono i segni caratteristici dell'epoca messianica, cioè la liberazione dei prigionieri dalle potenze malvagie, il ricupero della vista per i ciechi e la guarigione degli zoppi.
Dopo aver compiuto il loro lavoro con successo, ritornarono da Gesù pieni di entusiasmo. Con occhi lucenti diedero rapporto al loro Maestro: «Signore, anche i demoni ci sono sottoposti!»
Gesù, tuttavia, si rendeva ben conto che la Sua autorità era superiore a quella di satana. Sapeva quale fosse l'autorità che aveva passato ai Suoi discepoli. Per Lui c'era qualcosa di molto più importante.
Gesù conosce una gioia che ha radici molto più profonde e che è di tutt'altro merito.
In Luca 10:21 leggiamo di questa gioia che Gesù esprime e che supera di molto l'intensità dell'entusiasmo provato dai discepoli. Gesù si rallegra, anzi «esulta».
Il Suo cuore addirittura trabocca.
«Gesù esultò nello Spirito Santo», c'è scritto.
Che significa ciò?
Luca descrive in diversi passi del suo Vangelo che Gesù era colmo dello Spirito Santo durante il Suo ministero qui in terra.
Già dal grembo di Sua madre era pieno di Spirito Santo (vedi Luca 1:15).
Quando Gesù si fece battezzare da Giovanni, lo Spirito Santo scese su di Lui come conferma divina (vedi Luca 3:21-22).
Poco dopo Luca riferisce che Gesù fu condotto nel deserto «pieno di Spirito Santo» (vedi 4:1).
In Luca 4:18, Egli si mise a leggere dal profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di Me; perciò Mi ha unto . . . » Si mise a sedere e disse: «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite».
E la Sua gioia è «gioia nello Spirito Santo».
Cosa dunque provoca in Gesù un tal entusiasmo e che cosa Lo rallegra?
La Sua esultanza sfocia nella lode e nell'adorazione: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra...».
Lo abbiamo notato? Quasi casualmente Luca qui richiama la nostra attenzione sulla Trinità: Dio, il Figlio, è pieno dello Spirito Santo e glorifica con esuberanza Dio, il Padre.
Credo che questo passo ci dia una visione di ciò che si svolge nella presenza di Dio.
Il Dio trino è colmo di gioia.
Tutte le tre Persone comunicano di continuo l'una con l'altra. Tutto ciò che pensano, pianificano, dicono e fanno è meravigliosamente perfetto e da ciò scaturisce una gioia pura che a sua volta si moltiplica.
La gioia si esprime in lode e riconoscenza che le persone nella trinità si concedono a vicenda. Ciascuno onora e glorifica l'altro e gioisce in Lui.
È importante vedere Gesù in questa luce. Dio non è privo di emozioni. Né il Padre né il Figlio sono stoici completi senza alcun sentimento. La loro gloria, le loro qualità e opere li stimolano a glorificarsi gioiosamente a vicenda.
Nel passo succitato, Gesù fa proprio questo.
Penso che sia importante sapere che è così. Ciò non significa naturalmente che Dio è uno schiavo delle Sue emozioni, ma neanche che siede sul Suo trono indifferente e disinteressato agli eventi nel mondo. Egli è un Dio appassionato, perfetto nella gioia che diletta Dio stesso.
In primo luogo, scopriamo, dunque, che Gesù gioisce della Persona di Dio. Si rallegra della gloria del Padre.
Esiste però una seconda ragione per la gioia di Gesù?
Che cosa opera il Padre nei cieli che spinge il Figlio alla lode?
Se continuiamo nella lettura dell'inno di lode che Gesù incanta, lo scopriremo.
Gesù glorifica il Padre per aver conservato e allo stesso tempo rivelato il SUO «segreto». Lo ha nascosto agli sapienti di questo mondo e simultaneamente lo ha rivelato «ai piccoli».
Che discorso strano e cosa significa?
Poco prima Gesù aveva detto ai Suoi discepoli: «.. . ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli!»
Il fatto di essere stati salvati da Dio avrebbe dovuto essere la ragione della loro gioia.
Gesù sapeva che i discepoli erano persone semplici. Non stupide di certo, ma non membri dei ceti superiori. Non erano conduttori religiosi e non frequentavano l'alta società. Per quanto riguarda la saggezza filosofica e la conoscenza religiosa appartenevano piuttosto ai piccoli, ai «bambini».
Nella Sua sovranità e grazia, però, Dio aveva deciso di stabilire il Suo Regno proprio tra loro.
Non bisogna essere furbi o ricchi o avere conoscenze religiose per entrare nel Regno di Dio.
Il Padre rivela il segreto della Sua salvezza in modo che non può essere compreso dalla saggezza umana. Può essere soltanto appresa con gli occhi della fede che Gesù stesso apre.
Verso 22 ne parla così: «Ogni cosa Mi è stata data in mano dal Padre Mio; e nessuno sa chi è il Figlio, se non il Padre; né chi è il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo». Gesù, essendo il Figlio di Dio, conosce il Padre come nessun altro. Egli è al corrente dei piani segreti Suoi che nessun altro può comprendere. Poi, è magnifico che Gesù ha il potere di rivelare Suo Padre agli uomini.
La via per giungere a Dio passa soltanto per Gesù.
Gesù si rallegrava con esuberanza delle intenzioni sagge del Padre che si adempivano parola per parola davanti ai Suoi occhi nella vita dei discepoli.
E Gesù esultava, anche se si rendeva conto del ruolo importante e gravoso che stava per compiere nel divino piano di salvezza. Infatti, era già incamminato sulla strada per Gerusalemme.
Per il Golgota.
Per la croce.
Abbiamo dunque due ragioni perché Gesù esultava.
La prima era la gioia che diletta in Dio stesso e nella Sua gloria e la seconda è l'esultanza per ciò che Dio determina o opera nella Sua saggezza; in altre parole, per il Suo piano di salvezza che vale per tutti gli uomini senza alcuni favoritismi. È il Suo proposito di edificare il Suo Regno con chi non è stimato agli occhi del mondo.
E' proprio a questo gruppo di persone appartenevano allora i discepoli e oggi tu, se riconosci che davanti a Dio sei come un bambino piccolo e indifeso.
Se ti presenti a mani vuote, hai il miglior requisito perché Dio ti arricchisca con i Suoi doni.
Come mai mostriamo spesso poca gioia nella nostra vita di fede?
Come mai siamo colmi di gioia per certe cose, mentre la vita con Gesù ci lascia spesso indifferenti?
Il passo biblico mi fa percepire che ciò che spinge Gesù a esultare non può essere una pillola amara. Se Gesù è il nostro esempio perfetto che vogliamo imitare di tutto cuore, allora anche la Sua gioia dovrebbe essere il criterio per la nostra.
Continuiamo considerando in che modo la gioia di Gesù influisce su di noi. Nei versi 23 a 24 Gesù complimenta i discepoli e li chiama beati perché hanno veduto e udito ciò che, tra altri, Mosè e Davide e Isaia desideravano vedere e udire.
I grandi profeti e i re dell'Antico Patto, gli eroi della fede indagarono e fecero ricerche per sapere l'epoca e le circostanze quando si sarebbe adempiuto ciò che allora potevano solo ipotizzare.
Proprio questi pescatori e pubblicani semplici sperimentarono l'avvento di una nuova era del Regno di Dio. Davanti ai loro occhi si adempì l'impossibile: Dio stesso compie la missione di salvare uomini peccatori riconciliandosi con i Suoi nemici e ristabilendo la comunione con loro.
Quando i nostri occhi si aprono a questa verità, ne scaturiscono una gioia ed esultanza profonda.
Sono convinto che la mancanza di brio e di forza nella vita cristiana derivi dal fatto che ci occupiamo troppo di noi stessi. Cerchiamo disperatamente di estrarre gioia dalle cose che non possono veramente suscitarla, per esempio:
- da opere che compiamo (anche quelle pie, come i discepoli);
- dall'apprezzamento che altri ci offrono per le nostre prestazioni;
- dalle circostanze felici che speriamo di vivere;
- dal conto in banca ben fornito o dal bel tempo.
- .....
È quindi abbastanza ovvio che è soltanto una questione di tempo finché la gioia si spenga perché è soffocata dalle preoccupazioni e da innumerevoli altre questioni.
Quant'è diversa invece questa «gioia dei primi cristiani». Si tratta in fondo della stessa gioia che dimora a anche in Gesù. E' una gioia che scaturisce dall'occuparsi con Dio Stesso nella Sua gloria.
Una gioia che si nutre dal fatto che Dio è in Gesù e che Egli opera per mezzo di Gesù Cristo.
Per questa ragione t'incoraggio oggi di dare via libera al tuo desiderio grande e insaziabile di gioia e felicità. Considerali quali doni di Dio. Non cercare però questa gioia in qualcosa d'altro che in Dio Stesso, cioè in quello che EGLI è e in quello che EGLI fa.
Leggi la tua Bibbia con questo proposito in mente!
Combatti per conquistare la gioia!
Chi ha veramente afferrato e continua ad approfondire il significato della seguente confessione: «Io, peccatore indegno, posso aver comunione con Dio per mezzo di Gesù Cristo. La mia colpa immensa è perdonata. Il mio nome sta scritto nel libro della vita. Io ho il privilegio di far parte delle cose che Dio sta facendo in questo mondo», non può che diventar colmo di gioia. Anzi, avrà difficoltà a dominare la gioia che sorge dal suo cuore.
Ciò richiama le persone che Isaia descrive al capitolo 51, verso 11: «I riscattati del SIGNORE torneranno, verranno con canti di gioia a Sion; letizia eterna coronerà il loro capo, otterranno felicità e gioia; il dolore e il gemito fuggiranno».
Chi dunque si avvicina a Dio in umiltà, quale peccatore affranto, ma anche confidando nell'opera di salvezza di Gesù, può essere certo che Dio non lo incontrerà con scetticismo, ma nel modo descritto dal profeta Sofonia: «Il SIGNORE, il tuo Dio, è in mezzo a te, come un potente che salva; Egli si rallegrerà con gran gioia per causa tua; si acqueterà nel Suo amore, esulterà, per causa tua, con grida di gioia» (Sofonia 3:17).
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