Molti anni fa, in una città orientale vivevano due fratelli. Il più giovane conduceva una vita corrotta e spensierata. Vivere nel peccato era la norma per lui; anzi, la sua immoralità peggiorava di giorno in giorno, senza mostrare il minimo desiderio di cambiare stile di vita.
...
Il fratello maggiore, invece, era attivo nelle sue occupazioni e umile, temeva Dio e cercava di vivere secondo la Sua volontà, combattendo contro il male e fuggendo le tentazioni. La condotta del fratello minore lo faceva molto soffrire, ed egli spesse volte, piangendo, lo esortava al bene; ma era inutile; esortazioni e lacrime non servivano a nulla. Il fratello minore continuava a rovinarsi, fisicamente e spiritualmente. Quasi ogni giorno si rinnovava la stessa misera scena: fino a tarda notte egli sciupava il tempo con i suoi compagni, mentre il più grande lo aspettava a casa, pregando e supplicando Dio per lui.

Una sera, passata la mezzanotte, il fratello maggiore udì picchiare forte alla porta. Corse ad aprire e vide l'altro entrare, pallido, tremante e con gli abiti macchiati di sangue. "Salvami! Nascondimi" gridò disperato. "Sono inseguito! Ho commesso un omicidio! Guarda qui il sangue!. Sì, questo è il suo sangue!".

Ma come nasconderlo? Senza perdere un momento, il fratello maggiore prese i vestiti insanguinati e li indossò. Poi diede al fratello minore i propri abiti puliti, lo spinse in una stanza e chiuse la porta dietro a lui.

Dopo pochi istanti sentì bussare e due gendarmi entrarono.

"Siamo sicuri che l'omicida si nasconde qui - esclamarono -. Abbiamo molti sospetti su questa casa anche per altri delitti".

Si avvicinarono al fratello maggiore, lo guardarono con occhio scrutatore, esaminarono i suoi vestiti, ed esclamarono: "Sei tu l'omicida?"

L'uomo non rispose.

"Ma perché glielo chiedi? Non vedi che ha i vestiti ancora sporchi di sangue?" disse impaziente uno dei due al suo compagno. "Vieni, ammanettiamolo e portiamolo via!"

L'uomo fu ammanettato e quella notte stessa portato in prigione. Lo chiusero in una buia cella fino al mattino seguente quando si svolse l'interrogatorio. Egli non rispose a nessuna delle domande che gli venivano rivolte; ripeteva soltanto: "Io so che dovrò morire per questo delitto; e più presto avverrà, tanto meglio sarà per me ".

Qualche tempo dopo dovette comparire in tribunale. I giudici, sapendo dei suoi abiti insanguinati, dissero: "Qui non abbiamo bisogno di testimoni, la sua colpevolezza è evidente ed egli stesso lo conferma".

"Hai un avvocato?" gli domandarono.
"No" rispose.
"Hai da dire qualcosa a tua discolpa?"
"No, non ho niente da dire" rispose con voce ferma e decisa. Poi abbassò il capo perché non leggessero nei suoi occhi la sua innocenza.

Il processo si concluse con una sentenza di condanna a morte.

Alla vigilia dell'esecuzione, inaspettatamente il condannato chiese un colloquio col direttore del carcere. Quando questi entrò nella cella, il condannato gli disse: "Se vuole adempiere l'ultimo desiderio d'un condannato a morte mi dia, per favore, carta e penna per scrivere una lettera; io la chiuderò e lei mi prometta davanti a Dio di non aprirla e di inviarla, dopo la mia morte, al destinatario. Le assicuro che non vi è in questo nessuna cattiva intenzione. Domani l'anima mia comparirà davanti a Dio; potrei mentire proprio alla mia ultima ora?"

Il direttore osservava l'espressione del viso del condannato; non poteva dubitare della sincerità delle sue parole e non si sentiva di opporsi ad una tale richiesta. Si capiva che l'aveva fatta col cuore; era calmo, sereno e umile, e i suoi occhi brillavano di una luce divina.

Il direttore gli fece portare quanto aveva chiesto, e in vista della sua imminente morte gli promise che avrebbe eseguito coscienziosamente il suo desiderio. Quella sera gli agenti addetti al servizio di controllo si fermarono davanti alla cella del condannato e ritirarono la lettera chiusa. Passò la notte, una notte di riposo per molti, di sofferenza e di rimorsi per altri... Per il povero carcerato una notte d'insonnia, ma anche di pace. In ginocchio nella sua cella egli pregava Dio; sulla soglia dell'eternità gli sembrava di godere già del cielo.

Finalmente spuntò il giorno. Gli uomini si recarono ognuno al suo lavoro, compreso il boia che avrebbe dovuto compiere l'esecuzione.

Nell'arco di un ora tutto si sarebbe concluso.

Poco dopo un agente fu mandato con la lettera sigillata alla casa dei "due fratelli". Bussò alla porta. Un uomo pallido, eccitato, prese la lettera; la guardò smarrito come se non fosse indirizzata a lui, ma alla fine l'aprì e lesse. Non potè fare a meno di gridare e di piangere. Correva verso la porta, poi ritornava indietro come un pazzo; e rileggeva la lettera angosciato.

Ma cosa c'era scritto? Solo poche parole.

"Domattina, vestito coi tuoi abiti, io muoio per te; e tu, vestito coi miei, devi condurre una vita giusta e santa. Fallo in ricordo di me!"

"Io muoio per te!" Queste parole penetrarono nel più profondo del suo essere, in quel cuore indurito da una vita di peccato e di ribellione.

"Io muoio per te" ripeteva a se stesso. Ma se non fosse ancora morto? Con quest'idea si precipitò fuori e corse al carcere. Chissà se avrebbe fatto in tempo a salvare il fratello. Al carcere chiese di vedere il direttore, e lo fece in modo così insistente e supplichevole che fu accontentato.

"Io muoio per te" Quelle parole scritte nella lettera commossero anche il direttore che si ricordò dell'insistente domanda del condannato e di quello sguardo fermo e calmo che lo aveva colpito. Portò subito la lettera al giudice che volle interrogare il colpevole. Questi confessò tutto: tutta la sua vita passata, l'ultimo delitto, la sua paura, il suo vergognoso tacere. E finì con la supplica: "Uccidetemi, vi prego, non mi lasciate più vivere; non merito che la morte!"

Ma le parole del fratello "Io muoio per te!" erano sacre per il giudice. Erano troppo grandi e troppo profonde. Quell'uomo era stato giustiziato già da diverse ore e un tale sacrifizio non doveva esser stato fatto invano.

Al colpevole, vita e libertà erano ormai assicurate. Un altro era morto per lui.

Con la lettera in mano, l'uomo tornò a casa, e col cuore straziato gridò a Dio dicendogli tutto il suo dolore e confessandogli tutta la sua vita di peccato.

"O Dio, perdona i miei peccati. Il tuo Figlio è morto per me sulla croce, e tu mi puoi fare grazia", supplicava con le lacrime agli occhi e con tutta la forza dell'anima sua. "Come mio fratello è morto per me e io devo essere degno di portare i suoi vestiti, così aiutami a portare con dignità il Nome di Gesù!".

Da quel momento non lo si riconosceva più, talmente era cambiato; trattava tutti con affetto e simpatia, e la sua vita non era più quella di prima.

All'inizio i suoi vecchi compagni tentarono con molti ragionamenti di persuaderlo a ritornare con loro nei luoghi di corruzione e di peccato che aveva sempre frequentato e a prendere parte alle loro azioni malvage. Ma egli non aveva per loro che una sola risposta:"Con questi vestiti non posso più venire; mio fratello non avrebbe mai frequentato questi luoghi e non avrebbe mai commesso simili azioni".

Così, alcuni amici lo abbandonarono del tutto; altri, invece, lo ascoltavano con attenzione e consideravano con rispetto la sua nuova vita, onesta e consacrata a Dio. Qualcuno di loro, sotto la sua influenza, cambiò completamente vita.

Passarono molti anni e giunse il momento in cui Dio dovette esaudire quella preghiera fatta tanto tempo prima davanti al giudice in un momento di angoscia e d'amarezza:"Fatemi morire!". La vita terrena cessò e i due fratelli furono riuniti nell'eternità. Secondo il desiderio espresso dal fratello, in calce alla lettera, egli fu sepolto vestito con quegli stessi abiti che gli avevano risparmiato la cattura e la morte, perché questo non fosse mai dimenticato dai parenti e dagli amici.

Il racconto è molto significativo e dà un importante ammaestramento valido in tutti i tempi, per ogni creatura umana di qualunque paese; e anche per te, caro lettore. Forse hai già avuto in mano un Vangelo, hai avuto occasione di leggerlo o di udirlo; e forse quando l'hai udito ti ha appena sfiorato, senza penetrare in fondo al tuo cuore. Rifletti su ciò che la Parola di Dio, la Bibbia, ti dice della vita e della morte del Signore Gesù, il nostro Salvatore. "Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi" (1 Giovanni 3:16)

Considera quanto ti ha amato, quanto ha sofferto per te. Egli ha dato la sua vita perché tu potessi avere vita! L'ha fatto per liberarti dalla giusta condanna di Dio a causa del peccato, e dalla morte eterna. L'ha fatto anche per liberarti dalla potenza del peccato nella tua vita, da quella forza contro la quale finora forse hai lottato invano. Egli è morto per te, affinché, purificato col Suo sangue e rivestito cogli abiti della Sua giustizia, tu potessi diventare una "creatura nuova", fortificata dal suo Spirito, irreprensibile, pura. "Uno solo morì per tutti... affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per Colui che è morto e risuscitato per loro" (2 Corinzi 5:15).

Se credi che Gesù Cristo è morto per te, al tuo posto, sulla croce, i tuoi peccati sono perdonati e tu diventi un "figlio di Dio" (Vangelo di Giovanni 1:12). Il Signore non si vergogna di chiamare "fratelli" quelli che credono in Lui (Ebrei 2:11) perché Egli si fece in tutto simile a noi, a parte il peccato, per risollevarci dalla miseria e dal male, e farci partecipi della sua natura divina (2 Pietro 1:4) ed eredi del suo Regno. Questo è anche per te, caro lettore.

Egli è morto per te! E tu, rivestito con l'abito della Sua divina giustizia puoi condurre una vita santa e giusta alla Sua gloria e per amore del Suo nome. "Colui che non ha conosciuto il peccato, Dio lo ha fatto diventare peccato per noi affinché noi diventassimo giustizia di Dio in Lui" (2 Corinzi 5:21).

Il Vangelo è la sua lettera d'amore che ti è indirizzata. Ti dice: Io sono morto per te. Che risposta gli dai?

"Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia" (1 Pietro 2:24).

"Il castigo per cui abbiamo pace, è stato su lui" (Isaia 53:5).

"Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remissione dei peccati mediante il suo nome (Gesù)" (Atti degli Apostoli 10:43)."Se pure gli avete dato ascolto e in Lui siete stati istruiti secondo la verità che è in Gesù, avete imparato per quanto concerne la vostra condotta di prima, a spogliarvi dell'uomo vecchio. e a rivestire l'uomo nuovo che è creato all'immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità" (Efesini 4:21-24).

© Azione per la diffusione delle Sacre Scritture

Inviato da Gianni57 il

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