E' stato sconvolgente leggere il resoconto dello storico giudeo Giuseppe Flavio sull'epilogo della rivolta giudaica che portò nel 70 d.C. alla distruzione del tempio e della città di Gerusalemme. Egli riporta che il numero delle vittime di quella catastrofe fu di oltre 1.300.000 persone. Tremenda fu in particolare la sorte di coloro i quali, dopo la distruzione di Gerusalemme, si erano arroccati nella fortezza di Masada. Questi, infatti, decisero, dopo un ultimo accorato discorso del loro leader, di suicidarsi in massa pur di non cadere in mano dei romani.

 

Per chi conosce la Bibbia ed ha letto di come Gesù profetizzò innanzi tempo sulla distruzione del tempio e della città e del fatto specifico che questi due eventi sono direttamente collegati alla reiezione del Messia da parte della nazione di Israele, questo ultimo fatale discorso assume dei toni davvero molto significativi. Riporta così Giuseppe Flavio: "Avremmo fatto meglio ad intuire il proposito di Dio molto prima ... e comprendere che lo stesso Dio che anticamente aveva avuto in favore la nazione giudaica, l'ha adesso abbandonata alla distruzione; perché se avesse continuato ad esserle favorevole o se non fosse stato tanto dispiaciuto di noi, egli non avrebbe permesso la distruzione di così tanti uomini e avrebbe liberato la città santa dal fuoco e dalla distruzione che è avvenuta per mano dei nostri nemici".

Dalla "Guerra Giudaica", citata nel libro "Readings from the first century world" edito da Walter A. Elwell e Robert W. Yarbrough, pag. 53-54.

 

Vi è un senso di ineluttabilità di chi nel commentare questo o quell'evento sospira: "era destino che andasse così!"

Davanti ad una morte prematura, spesso si sente dire: "era il suo destino, era destinato così".

Nel piangersi addosso di alcuni davanti all'ennesima svolta negativa nella propria vita si sussurra rassegnati: "è il mio destino, la mia sorte".

L'esistenza o meno di un Destino all'interno delle vicende umane è un problema squisitamente filosofico. E come accade nella Bibbia, che non è un libro filosofico ma è, invece, sempre diretta alle ripercussioni pratiche delle cose, la mia riflessione parte da una domanda: - credi nel Destino?

Ebbene, se credi nel Destino, sappi che Dio è Signore e Padrone anche di quello!

In pratica ed in maniera definitiva, apprendiamo dalla meditazione della Sacra Scrittura, che non esiste un "Destino" come molti lo intendono, cioè come il percorso inevitabile degli eventi, semplicemente perché Dio è Signore di ogni cosa e di ogni evento.

Un medesimo modo di dibattere sulle credenze popolari lo incontriamo negli scritti di Paolo, nella sua epistola ai Colossesi. Qui egli discute della complessa cosmologia gnostica, della contemplazione di "emanazioni divine" da Dio immaginata dai sostenitori di questa eresia. Paolo non ne confuta le dottrine o il pensiero; sembra invece opporre, con sottile intelligenza, un ragionamento molto semplice, nel quale è come se dicess: "inventatevi tutte le genealogie celesti che volete, Cristo è sempre al di sopra di tutto e di tutti e Lui solo vale la pena conoscere e servire."

La risposta di Paolo evita una polemica difficile, lunga e forse anche inutile, e ribadisce con fermezza la devastante semplicità della fede cristiana.

"Egli - Gesù - è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui". Colossesi 1:15-17.

Per dimostrarci con un linguaggio incredibilmente semplice - è un pregio della Scrittura, non un suo limite - che non esiste alcun decreto immutabile sulla sorte di nessuno, la Bibbia spesso ci parla di Dio che si "pente" di ciò che ha fatto o di ciò che sta per fare e decide di tornare sui suoi passi, cambiando opinione sul da farsi su questa o quella questione. In parole povere, se apprendiamo dalla Parola di Dio che Dio stesso può "cambiare idea", allora possiamo concludere che il corso degli eventi, apparentemente immutabile, può invece essere cambiato e che, quindi, per logica conseguenza, non vi è nulla di inevitabile.

Vediamo qualche esempio biblico di ciò che dico.

"In quel tempo Ezechia si ammalò di una malattia che doveva condurlo alla morte. Il profeta Isaia, figlio di Amots, andò da lui, e gli disse: "Così parla il SIGNORE: Dà i tuoi ordini alla tua casa; perché tu morirai; non guarirai". Allora Ezechia voltò la faccia verso il muro e pregò il SIGNORE, dicendo: "SIGNORE ricòrdati, ti prego, che ho camminato davanti a te con fedeltà e con cuore integro, e che ho fatto ciò che è bene ai tuoi occhi". Ezechia scoppiò in un gran pianto. Isaia non era ancora giunto al centro della città, quando la parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: "Torna indietro, e di' a Ezechia, principe del mio popolo: "Così parla il SIGNORE, Dio di Davide tuo padre: Ho udito la tua preghiera, ho visto le tue lacrime; ecco, io ti guarisco; fra tre giorni salirai alla casa del SIGNORE. Aggiungerò alla tua vita quindici anni, libererò te e questa città dalle mani del re di Assiria, e proteggerò questa città per amor di me stesso, e per amor di Davide mio servo." - (2 Re 20:1-6)

La preghiera di Ezechia cambiò il suo "destino"! Isaia gli aveva annunciato la sua morte con parole molto forti: "Così parla il Signore", aveva detto il profeta. Nonostante questo, però, la preghiera di Ezechia fa mutare il consiglio stesso di Dio e il Signore lo guarisce concedendogli quindici anni in più da vivere.

E' difficile sopravvalutare il potere della preghiera, quando vediamo che può influenzare gli stessi decreti di Dio. Questo deve farci comprendere che possiamo cambiare la nostra vita e la vita di coloro che stanno intorno a noi, possiamo cambiare le situazioni, possiamo volgere le circostanze a nostro favore!

La preghiera fa la differenza nella vita di un uomo, perché tramite la preghiera invitiamo Dio nella nostra vita con tutto ciò di positivo che la sua presenza implica.

La differenza fra Giuda e Pietro - come fra chi crede e chi non crede - non è poi così marcata: è una preghiera di ravvedimento, un cuore che capisce di avere peccato e si appella alla grazia di Dio per il perdono e la riconciliazione con il Padre. Giuda non pregò, ravvedendosi di quanto aveva fatto, ma disperato, senza fiducia nella grandezza di Dio, nella sua Grazia, nel suo perdono, poté solo suicidarsi. Pietro, invece, si affidò all'immenso amore di Dio e tornò al Signore, sicuro della grazia di Dio che cancellava il suo peccato. La salvezza è lontana soltanto una preghiera!

Torniamo al tremendo evento che abbiamo citato all'inizio, la distruzione di Gerusalemme.

Eusebio di Cesarea, storico della Chiesa del IV secolo, narra che i cristiani residenti a Gerusalemme furono divinamente avvertiti della distruzione che da lì a poco sarebbe avvenuta ed abbandonarono la città. Eppure io sono certo che l'intero popolo avrebbe potuto essere risparmiato: sarebbe stato sufficiente credere al messaggio degli apostoli.

E' vero quindi che Dio sa e conosce ogni cosa, passato, presente e futuro. Ma chiamare in causa il "destino" o la "sorte" come responsabili per gli eventi della nostra vita è troppo facile, ma è anche stupido (mi si perdoni questo termine), perché significa soltanto "gettare la spugna".

Riconoscendo, invece, che Dio è Padrone e Signore di ogni cosa - anche di quello che gli uomini chiamano "Destino" - rivolgendoci a Lui, possiamo cambiare il corso degli eventi a nostro favore e permettere al Signore di fare la differenza nella nostra vita.

Maggio 2011

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Inviato da alex il

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