Può accadere ad ognuno di noi di essere chiamato dal Signore ad andare oltre i propri limiti per poter realizzare, in modo pratico e concreto, tutto il bene che egli vuole che noi compiamo per glorificarlo. Anzi, nel cammino con Cristo l'andare oltre i propri limiti dovrebbe costituire la norma non certo l'eccezione. Il bene che Paolo chiese di compiere, rispettivamente, ad Onesimo e a Filemone ci incoraggia a riflettere.
 

Non sempre scegliamo di fare il bene.

Compiere il bene richiede, a volte, uno sforzo troppo grande per noi.
Non ne sei convinto?
Sei di quelli che possono dire di aver sempre fatto il bene quando ne hai avuto la possibilità?
Sono contento per te ma non posso dire altrettanto di me.
In varie circostanze della mia vita, ho visto che ci sono dei limiti oltre i quali non riesco ad andare nel fare il bene, limiti dettati dall'orgoglio, dalla convenienza, dalla pigrizia, e ho bisogno dell'aiuto di Dio per superare quei limiti.
 
La lettura della lettera di Paolo a Filemone mi ha sfidato ad andare oltre i miei limiti per glorificare il Signore compiendo tutto il bene che posso fare.

Una sfida per Onesimo

Non so come abbia reagito Onesimo quando Paolo gli ha chiesto di ritornare da Filemone con questa epistola, ma sono sicuro che, se mi fossi trovato al suo posto, difficilmente avrei avuto il coraggio di tornare.
Onesimo era infatti uno schiavo che era fuggito a Roma, probabilmente dopo aver recato del danno (furto?) al suo padrone Filemone (v. 18).
La legge romana prevedeva punizioni severe per gli schiavi che fuggivano, quindi prima di riconsegnarsi al suo padrone, Onesimo avrebbe dovuto pensarci due volte.
Ma, dopo aver lasciato Filemone, Onesimo, mentre si trovava a Roma, è venuto in contatto con Paolo mentre quest'ultimo era imprigionato (Atti 28:15-31), e ha fatto una esperienza che ha cambiato la sua vita: ha conosciuto Cristo.
 
Tra Paolo e Onesimo si è quindi creato un legame molto forte, come tra un padre e un figlio: "Ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo" (Filemone 10).
 
Nonostante il grande desiderio di tenerlo con sé, Paolo prepara Onesimo a ritornare a Colosse dal suo padrone Filemone: "Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore. Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo" (Filemone 12-13).

Perché Paolo agisce in questo modo?
Perché rinuncia a tenere con sé Onesimo?
Perché l'incontro con Filemone sarebbe stato per Onesimo una grande opportunità di crescita spirituale.
Dopo la sua conversione, Onesimo aveva già dato prova della sua fede servendo Paolo mentre quest'ultimo era prigioniero a Roma; ora, rimandandolo da Filemone, Paolo lo stava sfidando ad affrontare i suoi fantasmi del passato, l'ultima cosa che probabilmente Onesimo avrebbe voluto fare.
 
C'era un conto aperto nella vita di Onesimo e, per poter crescere nella fede, era necessario che fosse saldato.
Onesimo doveva assumersi la responsabilità del suo gesto tornando da Filemone e mettendosi a disposizione di quest'ultimo, pronto a pagare i propri debiti.
 
Non sarebbe stata una cosa tanto facile, infatti chi poteva garantirgli che il suo padrone non lo avrebbe punito come meritava?
Chi poteva garantirgli che non avrebbe perso ancora la propria libertà?

Questa lettera è giunta fino a noi a testimonianza del fatto che Onesimo ha accettato la sfida che gli era stata proposta, costretto dalla sua nuova fede in Cristo.
 
Onesimo era pronto a rinunciare anche alla libertà pur di essere approvato da Cristo e, mentre viaggiava per andare da Filemone, magari ancora con qualche timore, possiamo essere certi che aveva già fatto passi da gigante nella fede.
 
Dopo un lungo viaggio, Onesimo avrebbe incontrato un altro uomo che, probabilmente ancora ignaro di tutto, stava per affrontare una sfida altrettanto impegnativa.

Una sfida per Filemone

Credo che per tutti, prima o poi, venga un momento nella vita in cui viene voglia di gridare: "Chiedetemi tutto, ma non questo!".
Per Filemone, quel momento era arrivato.
Anche Filemone si era convertito tramite la predicazione di Paolo (v. 19) ed aveva con Paolo un legame molto stretto: "Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore..." (Filemone 1).
 
La lettera a Filemone, come le altre epistole di Paolo, esordisce con l'elogio dei pregi del destinatario: "Io ringrazio continuamente il mio Dio, ricordandomi di te nelle mie preghiere, perché sento parlare dell'amore e della fede che hai verso il Signore Gesù e verso tutti i santi" (Filemone 5).
"Infatti ho provato una grande gioia e consolazione per il tuo amore, perché per opera tua, fratello, il cuore dei santi è stato confortato" (Filemone 7).

Filemone stava servendo la fratellanza con amore e Paolo lo apprezzava talmente tanto da esprimere continua riconoscenza verso il Signore per la sua opera.
Dopo aver elencato i pregi, normalmente Paolo, nelle sue lettere, affrontava eventuali debolezze dei suoi destinatari per correggerle.
 
Ed è proprio qui che sta la particolarità di questa epistola: leggendo e rileggendo il testo non troviamo alcun punto debole da correggere.
Paolo infatti non vuole correggere un punto debole di Filemone ma esortarlo a migliorare ancora nel suo punto di forza: "Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo" (Filemone 6).
 
Filemone eccelle già nell'amore ma Paolo desidera che egli vada oltre il proprio limite e diventi un campione assoluto di amore. Filemone era come un atleta chiamato a battere il proprio record personale.
Filemone tutto si sarebbe aspettato tranne che ritrovarsi davanti Onesimo.
 
Come poteva immaginare che lo schiavo scappato qualche tempo prima, quello che aveva tradito la sua fiducia, si sarebbe convertito a Roma e sarebbe tornato da lui con una lettera di Paolo?
 
Filemone aveva mostrato amore verso molti credenti ma, per una serie di coincidenze guidate dal Signore, sarebbe stato in Onesimo che avrebbe dovuto riconoscere tutto il bene che poteva compiere alla gloria di Cristo.
 
A questo scopo Paolo, pur avendo buone ragioni per fare valere la sua autorità apostolica, preferì lasciare che fosse l'amore a spingere Filemone a prendere la decisione giusta, infatti: "Perciò, pur avendo molta libertà in Cristo di comandarti quello che conviene fare, preferisco fare appello al tuo amore, semplicemente come Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù... " (Filemone 8-9).

"Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto far nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria" (Filemone 13-14).
 
Paolo preferiva che la buona azione fosse volontaria.
Questo approccio è decisamente più efficace, infatti la risposta volontaria avrebbe prodotto in Filemone una trasformazione più profonda.
 
L'ubbidienza ad un ordine sarebbe stata comunque ammirevole ma l'azione volontaria basata sull'amore implica la comprensione, il riconoscimento del bene e produce un cambiamento interiore che dura nel tempo.
 
Filemone non era chiamato solo ad ubbidire ad un ordine, ma a considerare Onesimo un fratello e ad accoglierlo come se fosse l'apostolo Paolo stesso: "Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso. Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, lo scrivo di mia propria mano: pagherò io; per non dirti che tu mi sei debitore perfino di te stesso" (Filemone 15-19).

Considerando i trascorsi tra Filemone e Onesimo, lo sforzo sarebbe stato notevole.
 
Per poter accogliere Onesimo era necessario che Filemone riflettesse sul debito che gli era stato condonato in Cristo dal momento che si era convertito, e allora avrebbe guardato al debito di Onesimo nei suoi confronti come qualcosa di davvero irrisorio.
 
D'altra parte Filemone doveva ricordarsi che il Vangelo trasforma le vite.
 
Come lui era cambiato, anche Onesimo non era più lo stesso: "Ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo, un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me" (Filemone 10-11).
 
Proprio con questo gioco di parole (il nome "Onesimo" nella lingua greca significa utile, profittevole), Paolo stava sfidando Filemone a considerare la trasformazione che era avvenuta in Onesimo.
 
Onesimo, in passato, nonostante il suo nome, si era mostrato inutile nei fatti, essendo un servo disubbidiente nei confronti di Filemone.
 
Paolo, stava testimoniando del fatto che la predicazione del vangelo aveva trasformato Onesimo in un servo utile, un uomo nuovo che non avrebbe più tradito il suo padrone e che aveva mostrato la genuinità della propria fede servendo Paolo mentre si trovava in catene.
 
La fuga di Onesimo, in qualche modo, aveva avuto dei risvolti positivi: "Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po' di tempo, perché tu lo riavessi per sempre; non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore!" (Filemone 15-16).
 
Si può dire che il Vangelo ha fatto diventare Onesimo utile non solo di nome ma anche di fatto.
 
A questo punto la palla era nel campo di Filemone. La sfida era stata lanciata: "Sì, fratello, io vorrei che tu mi fossi utile nel Signore; rasserena il mio cuore in Cristo. Ti scrivo fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel che ti chiedo" (Filemone 20-21).
 
Filemone era chiamato ad essere utile come lo era stato Onesimo.
L'orgoglio di Filemone era messo a dura prova: uno schiavo, per di più fuggiasco, poteva essere più utile di lui nel Signore?
 
Che razza di paragone stava facendo Paolo?
 
Filemone doveva riconoscere la potenza rigeneratrice dello Spirito Santo: Onesimo non doveva più essere valutato per quello che era stato ma per quello che era diventato in Cristo.

È proprio questa la difficoltà davanti a cui ci troviamo quando incontriamo qualcuno che ci ha fatto dei torti in passato; abbiamo sempre il dubbio che non sia cambiato niente e abbiamo paura che la nostra fiducia sia ancora delusa. Dobbiamo ricordarci che, come Cristo è in grado di cambiare la nostra vita, è perfettamente in grado di trasformare la vita di coloro che ci hanno offeso.

Filemone, accogliendo il servo Onesimo come un fratello e lasciandolo tornare da Paolo, avrebbe risposto all'appello di Paolo nel modo migliore, diventando a sua volta, lui che era un uomo libero, un servo utile.
 
Egli sarebbe uscito da questo confronto rafforzato nella fede e sempre più conscio della grandezza dell'amore di Cristo.

Una sfida per noi

Sarebbe stato bello conoscere il seguito di quest'epistola.
Filemone ha riconosciuto tutto il bene che avrebbe potuto fare alla gloria di Cristo?
Onesimo ha potuto tornare da Paolo?
Sembra che Paolo non avesse dubbi a riguardo: "Ti scrivo fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel che ti chiedo" (Filemone 21).
 
Paolo era sicuro della risposta di Filemone perché lo conosceva bene.
Filemone aveva praticato l'amore nei confronti di molti fratelli e lo avrebbe fatto anche nei confronti del suo nuovo fratello Onesimo nonostante i loro trascorsi. Egli avrebbe riconosciuto tutto il bene che poteva compiere alla gloria di Cristo.
 
Paolo, guidato dal Signore, ha dato a Onesimo e Filemone una grande opportunità di crescita.
L'uno accettò di prendersi le sue responsabilità, l'altro comprese che era possibile glorificare Cristo andando oltre ogni limite nell'amore.
 
Entrambi hanno dato una testimonianza forte nella società in cui si trovavano, dimostrando come un padrone e un servo potevano incontrarsi in Cristo.
 

E se Paolo avesse scritto a me o a te?

Sarebbe stato fiducioso della nostra ubbidienza?
Forse ho fatto del bene a diversi fratelli come aveva fatto Filemone, ma ci sono persone che mai o poi mai vorrei incontrare ancora e con le quali ho delle situazioni in sospeso, situazioni che preferirei non affrontare.
 
Cosa farei se il Signore me le rimettesse davanti all'improvviso?
Sarei pronto ad affrontare il mio Onesimo?
Sarei pronto ad accoglierlo?
Sarei pronto a perdonarlo?
Sarei pronto a "lasciarlo andare" considerando completamente risolte le nostre pendenze?
 
Conoscendomi non ne sono tanto sicuro ma confido in Dio e prego fin da ora affinché, quando Onesimo si ripresenterà davanti alla mia porta, la fede diventi efficace nel farmi riconoscere tutto il bene che posso compiere, alla gloria di Cristo.
 
D'altra parte io stesso potrei essere un Onesimo per qualcuno e prima o poi dovrei decidermi ad affrontare il viaggio di ritorno per affrontare le conseguenze del mio comportamento.
 
E tu, sei sicuro di non avere un Onesimo o un Filemone che prima o poi spunteranno fuori dal tuo passato?
 
Fonte «IL CRISTIANO» giugno 2010 www.ilcristiano.it
 
 
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Inviato da alex il

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