Qualche tempo fa ho incontrato un “vecchio” compagno delle elementari che non vedevo da tempo. Abbiamo ricordato il nostro essere parte delle tre “M” nell’appello del maestro. Nella nostra classe infatti in tre avevamo lo stesso nome, “Paolo”, e (guarda che combinazione!) il cognome di tutti e tre cominciava con la lettera “M”, per cui il maestro leggeva consecutivamente i nostri nomi ogni mattina. L’appello, appena entrati in classe, era una specie di rito “sacro”.
 
Oggi è passato di moda, perché le classi sono generalmente poco numerose. Ma allora era una necessità, perché ogni classe era formata da 40/50 alunni (ricordo che nella “mia” prima elementare eravamo 52!) e per un insegnante non era certo facile scoprire chi fossero gli alunni assenti.
Così il maestro prendeva con solennità il registro sul quale erano scritti in ordine alfabetico i nomi di tutti gli alunni. Poi ognuno di noi doveva stare attento e prepararsi al momento in cui egli avrebbe letto il suo nome, quindi doveva rispondere alla chiamata (e doveva farlo ad alta voce) pronunciando distintamente la parola: “Presente!”.
 
Era un modo semplice per comunicare al maestro: “Ci sono!”. Quando alla lettura del nome rispondeva... il silenzio, il maestro registrava l’assenza dell’alunno chiamato.
 
Ho pensato ad una delle tante esortazioni che troviamo nella lettere di Paolo e che ha a che vedere proprio con l’essere presenti, con il nostro essere presenti!
 
“...presentate voi stessi a Dio, come di morti fatti viventi, e le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio” (Ro 6:13). Sono esortato dal Signore ad essere ogni giorno presente davanti a lui. Questo significa che devo comunicargli la mia volontà di stare davanti a lui, di trascorrere con lui le mie giornate, di testimoniargli che non so stare senza portare me stesso davanti a lui, perché ho fortemente bisogno di ascoltare la sua voce, di apprendere i suoi insegnamenti, di ricevere le sue correzioni, di essere disciplinato ed orientato dalle sue indicazioni, di vederlo quindi intervenire nella mia vita. Ma, seguendo le indicazioni del testo biblico, significa anche che nel presentarmi devo avere la certezza di essere scritto nel “registro”: non posso cioè presentarmi come sono, ma come sono diventato per la sua grazia (un morto risuscitato e rinnovato da capo a piedi per compiere la giustizia di Dio). Questa esortazione del Signore deve diventare ogni giorno la mia scelta! Una scelta che dovrò concretamente esprimere attraverso la lettura della Parola, attraverso la preghiera ed attraverso una concreta disponibilità alla testimonianza ed al servizio.

Io so, in base alle promesse che mi ha comunicato attraverso la sua Parola, che Dio la sua scelta l’ha già compiuta: quella di essere ogni giorno presente davanti a me, accanto in me, in me. Ma io sono presente davanti a lui? Quand’egli pronuncia il mio nome e mi chiama, riceve la mia risposta oppure segue un silenzio? Un silenzio per lui penoso ma per me drammatico! Il dramma di tanti figli e di tante figlie di Dio non è forse provocato oggi proprio dalle loro prolungate assenze davanti al Signore? Dalla loro latitanza nella preghiera, nell’ascolto personale della sua voce e, di conseguenza, nella testimonianza e nel servizio?
 
Nella società si parla spesso del fenomeno dell’assenteismo che, quando vissuto nel mondo del lavoro, provoca crisi alla produttività delle aziende e, quando vissuto nella scuola, impedisce l’apprendimento e rallenta il percorso scolastico. E quando l’assenteismo è vissuto davanti al Signore? Quali conseguenze provoca nella mia vita?
 
Impegnamoci ad essere ogni giorno presenti davanti a Dio e, anche nelle difficoltà, il nostro cammino quotidiano conoscerà le risorse della sua grazia e sarà un cammino di vittoria.

Paolo Moretti

Fonte: Il Cristiano (ottobre 2006)

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Inviato da alex il

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