Se l'attacco terroristico di Eilat tragicamente conferma il fatto che ormai dall'Egitto postrivoluzionario spirano pesanti minacce di guerra; se pensare che un commando terrorista variegato per missili, cinture suicide e kalashnikov, ma compatto nella determinazione di uccidere chi capita rappresenti l'orrore impersonificato per la sua fame di uccidere passanti innocenti non abbiamo ancora visto niente. Sono gli eventi del giorno dopo che ci svelano lo scenario delle prossime puntate, e ci dicono purtroppo che il peggio deve ancora venire.
 
Invece di lanciare ai palestinesi di Hamas e altre organizzazioni terroriste una condanna che suoni come un invito alla pace, pressoché tutto il mondo arabo li esalta.
All'Onu, il Libano nel suo ruolo di membro temporaneo del Consiglio di Sicurezza, ha impedito contro ogni ragionevolezza che esso votasse una risoluzione di condanna dell'attentato minacciando il veto se non vi fossero state inserite parole di condanna anche per Israele. Ma Israele ha solo reagito a un attacco che ha fatto 8 morti e decine di feriti sul suo territorio nazionale, e lo ha fatto colpendo obiettivi puntuali, come avrebbe fatto qualsiasi Paese colpito.
 
Se i terroristi cercano rifugio in siti civili, questo fa parte dell'immenso problema della guerra asimmetrica, che non può tuttavia condannare a essere inermi.
Ma si sa, a Israele è vietato reagire altrimenti è un coro di condanne, che però non ci sono mai state prima per l'attentato stesso, né per i missili quotidiani sparati da Gaza sulle città israeliane, come è successo persino ieri.
L'Egitto: del tutto incurante che il commando sia uscito dal suo territorio e che la cosa avrebbe forse potuto essere prevenuta o almeno esplicitamente combattuta, ha preferito invece di porgere le sue scuse ritirare il suo ambasciatore da Tel Aviv e ammonire l'ambasciatore israeliano perché alcuni suoi uomini erano stati per sbaglio uccisi nella reazione israeliana. Israele si è scusata. La reazione, certo non ci sarebbe stata se il Sinai non fosse ormai un campo di esercitazione del terrore. Del resto il giornale del Cairo Al Gumhourrja nell'editoriale ha sostenuto che «l'aggressività israeliana» è responsabile per l'attacco, e così ti saluto. Un sito egiziano ha lanciato un appello a chi vuole offrirsi volontario per far guerra a Israele, e avrebbero già risposto a migliaia. Il quotidiano saudita Al Jazeera sostiene che l'attacco è «giustificato e legale nonostante le esagerazioni occidentali»; Al Sharq, dal moderno Qatar, si diffonde nel descrivere con ammirazione quello che chiama «un attacco di altà qualità».
 
L'entusiasmo è alle stelle, far fuori gli ebrei ha nell'area un forte indice di gradimento e la ragione ce la spiega il "moderato" Hafez Barghouty, direttore del giornale palestinese che dirige, Al Hayat al Jadida: «L'operazione mostra cosa potrà ora provenire da quei confini che fino ad ora erano sorvegliati da regimi che cadono adesso uno ad uno». La rivoluzione araba insomma, dice Barghouty farà cadere «il regime criminale israeliano». Ovvero, l'entusiasmo filoterrorista dei cosiddetti Paesi moderati è la maniera più sicura per cercare di compiacere le masse in agitazione, ovvero si espande l'odio antisraeliano e antiebraico che le ha tenute al guinzaglio per tanto tempo.
 
Il potente rischio del momento è che questo punto di vista si sviluppi, ciò che danneggerà sia i democratici in lotta per un po' di libertà, intrappolati nella morsa islamista massimalista, sia Israele, circondato dall'odio che genera il terrorismo. Qualche giorno fa la tv palestinese in un programma intitolato «Le migliori madri» intervistava la madre di un terrorista, Yusuf Shaker Al Asr, e le chiedeva perché suo figlio aveva voluto immolarsi. La madre ha risposto che il figlio aveva scelto, piuttosto che un matrimonio normale, di sposare le 70 vergini dagli occhi neri, quelle che aspettano lo shahid in Paradiso. Grande benevolenza e ammirazione hanno accolto le sue parole. Così piccoli terroristi crescono, quando si sentono benvoluti.

(il Giornale, 21 agosto 2011)

alex

di Vittorio Dan Segre

Non è vero - come affermano alcuni analisti - che i servizi di sicurezza israeliani sono stati presi di sorpresa dall'attacco terroristico di giovedì che ha fatto 8 morti e 33 feriti sulla strada di Eilat. Sapevano chi lo organizzava (i palestinesi Abu Oud al Nirab e Khaled Shaat); non potevano prevenirlo perché il gruppo aveva stabilito la sua base nei quartieri egiziani della città di Rafah che sta a cavallo della frontiera egiziana con Gaza e non volevano rompere i fili della cooperazione militare con l'Egitto con una azione preventiva. Non potevano chiudere il traffico nel sud del Paese senza provocare panico e perdite economiche. Non potevano che attendere sperando nei miracoli che in parte si sono avverati dal momento che le perdite umane avrebbero potuto essere molto più alte.
Israele ha reagito immediatamente distruggendo la base operativa dei terroristi nella parte egiziana di Rafah (trasformata in un mercato di droga, armi, contrabbando e di cellule islamiste dilegate a al Qaida) sperando che la morte di tre soldati egiziani non provochi la rottura con il Cairo (che si dichiara estraneo all'attacco) e usando dell'occasione per dimostrare a Hamas (che si dichiara innocente dal momento che i terroristi operavano in terra egiziana) due cose: 1) che non ci sarebbe stata una offensiva del tipo di quella contro Gaza (27 dicembre 2008-18 Gennaio 2009 che con 1500 morti palestinesi e 3000 case distrutte fu una sconfitta politica e di immagine per lo Stato ebraico) ma operazioni mirate molto più efficaci che nel passato. 2) che l'attacco doveva servire a testare l'efficacia dei sistema missilistico anti missili a cortissima gettata. Sistema che ha intercettato dei missili lanciati da Gaza (uno ha causato un ferito colpendo una scuola religiosa a Ashkalon).
Che interpretazione si può dare a questa operazione terrorista? Dal punto di vista militare dimostra il più alto livello operativo dei terroristi: coordinamento di 4 attacchi, uso di missili e mine tele comandate, impiego di uomini disposti in un secondo tempo a trasformarsi in kamikaze, probabilmente alla periferia di Eilat. Dal punto di vista economico mirava a colpire il turismo israeliano in piena espansione; dal punto di vista politico intendeva rompere lo stato di pace fra Egitto e Israele che ha resistito ai ripetuti sabotaggi del gasdotto nel Sinai.
Siamo forse alla soglia di uno scontro militare con l'Egitto come un editorialista israeliano paventa? O a una intensificazione della guerra islamica contro il "piccolo satana" sionista guidata dall'Iran che dopo aver perso l'alleato siriano, vista compromessa la posizione degli Hezbollah in Libano teme l'estendersi della rivolta araba sul suo territorio? Oppure un desiderio di tutti gli Stati arabi di stornare l'attenzione su quanto succede in casa propria? Tutto è possibile ma per il momento improbabile.
Il terrorismo - la guerra dei poveri - alza la testa per sfruttare l'impotenza delle forze armate convenzionali arabe. Non solo perché sono impegnate a prevenire o a soffocare le rivolte dei propri popoli, ma perché tutti governi debbono sfamare la loro gente. I quattrini - anche nei Paesi produttori di petrolio - li detengono i militari che non possono più usarli per l'acquisto e la manutenzione dei costosissimi armamenti moderni.
Dal momento che Israele rimane nel'immaginario delle folle il nemico permanente e simbolico, non c'è nulla di meno costoso e politicamente più redditizio del terrorismo per dimostrare che la "guerra santa" continua. È una fase nuova di una vecchia guerra piena di pericoli ma anche di grandi opportunità per lo Stato ebraico. Uno Stato che in questo guazzabuglio deve soprattutto preoccuparsi di non lasciare offuscare la sua immagine di Paese economicamente stabile, politicamente democratico, socialmente vibrante, finanziariamente credibile e scientificamente avanzato. Tutto quello che il mondo arabo islamico con l'aiuto di non pochi nel mondo occidentale invidia, odia e vorrebbe veder scomparire.

(il Giornale, 20 agosto 2011)

alex

Di Deborah Fait
(Informazione Corretta, 20 agosto 2011)
 
Da ieri stiamo vivendo in Israele le prove generali del futuro stato palestinese.
Hanno dato il via al terrore a mezzogiorno di ieri, 18 agosto, con tre terroristi che hanno incominciato a sparare a un autobus di linea partito da Beer Sheva per Eilat.
10 passeggeri feriti.
 

 
Hanno continuato ammazzando l'autista di un autobus vuoto che seguiva.
Due altri terroristi hanno poi sparato contro un'auto che passava, al suo interno una famiglia che andava in vacanza sul Mar Rosso. Quattro morti, nessun sopravvissuto.
In un'altra macchina hanno sparato, ucciso il guidatore la cui moglie si e' salvata fingendosi morta per non ricevere il colpo di grazia.
Un altro terrorista ha ammazzato un soldato ventiduenne che guidava una jeep.
 
Otto morti israeliani in un caldo giorno di agosto.
Gli attacchi sono continuati fino a sera e alle 9 p.m. il nostro Iron Dome ha intercettato e distrutto un missile diretto a Askelon.
Oggi invece? cosa e' successo oggi?
Dieci missili su Ashdod, altri 7 feriti di cui uno molto grave.Gli attacchi stanno continuando, un missile grad a Beer Sheva e altri missili sono arrivati fino a Gad Yavne. Da casa mia ho sentito le sirene delle ambulanze, chi era per la strada come mio figlio ha sentito il Zeva Adom.
Questo e' il risultato dell'amore del mondo per i palestinesi, questo e' il risultato dell'inverno arabo, altro che primavera, inverno buio e cupo riscaldato dalle fiamme delle bombe e dei massacri.
Il Sinai, dove un tempo si andava in vacanza, e' diventato, con la caduta di Mubarak, terra di nessuno dove scorazzano gruppi di terroristi palestinesi , chi legato a hamas, chi a Al Queda, chi alla jihad islamica. Terroristi che con qualche valigia di soldi o di droga si assicurano l'aiuto dei beduini. Il Sinai e' diventato la base del terrore di criminali armati fino ai denti, pronti a col-pire Israele e in questa atmosfera di terrore e guerra non si capisce come il mondo occidentale possa appoggiare la creazione di uno stato terrorista come sara' quello palestinese che vuole nascere, unilateralmente, in settembre.
 
Sono anni che chiedo per quale motivo gli stati occidentali riempiono di soldi i palestinesi sapendo che con tutti i miliardi di donazioni non fanno che costruire ville per i boss del terrore, grandi alberghi per riccastri arabi e comprare armi per il terrorismo. Lo chiedo ma nessuno risponde e siccome nessuno risponde e continuano a finanziarli io mi permetto di ritenere tutto il mondo occidentale responsabile dei nostri morti.
Sissignori, sono colpevoli tutti, i governi e i media europei e americani, colpevoli e traditori, odiatori di Israele, desiderosi di vederlo nella polvere a chiedere pieta'.
No non accadra', potete starne certi, nessuno fara' cadere Israele e come siamo stati capaci di affrontare e vincere contro eserciti arabi armati e assetati del nostro sangue cosi' saremo capaci di vincere il terrorismo di quei maledetti che vorrebbero sistemarsi al posto nostro per ridurre il MO a una regione di banditi e criminali pieni di soldi.
 
Oggi, giornata di dolore dopo i morti di ieri, abbiamo assistito ai funerali, abbiamo visto le lacrime e la disperazione, abbiamo onorato le bare a volte nella bandiera di Israele e abbiamo asciugato gli occhi dei familiari e amici sopravvissuti.
Un vecchio Papa' che diceva a bassa voce a suo figlio di amarlo tanto, di aver voluto essere al suo posto.
Mogli, figli, madri, fratelli che davano l'ultimo saluto ai loro cari. Non una parola di odio, non una manifestazione contro i palestinesi, non un gesto. Dolore e basta.
Il popolo delle tende si e' fermato e si e' messo in lutto, ultima grande dimostrazione della civilta' israeliana.
Violenza e odio invece dall'altra parte, a Gaza, dove stanno i mandanti e che la reazione di Israele, nella notte, ha a sua volta bombardato. Odio e violenza, cadaveri, otto, ballonzolanti e sporchi sulle barelle dei loro funerali in mezzo a gente urlante e a giovani che sparavano per aria e chiedevano vendetta.
 
Loro ci colpiscono e poi chiedono vendetta se Israele reagisce.
Benjamin Netaniahu e' arrivato ieri al briefing per i giornalisti, ha detto poche parole, poche e decise "Chi ci ha colpito puo' gia' considerarsi morto, Il prezzo sara' pesante" e se ne e' andato.
Purtroppo sappiamo che, pesante o leggero, niente fermera' le belve, la guerra che ci fanno e' perenne, dura da 63 anni e da prima ancora, prima della fondazione dello Stato Ebraico e chissa' ancora per quanto tempo andra' avanti.
Ogni popolo ha momenti di stanca, persino i tedeschi, in qualche istante di distrazione hanno dato al mondo geni come Beethoven, gli austriaci, oltre a Hitler, ci hanno regalato Mozart.
 
Gli arabi non sono mai stanchi di uccidere, che lo facciano tra loro (e lo vediamo in questi mesi in cui si massacrano a vicenda) o che lo facciano contro gli infedeli, e' la morte la loro unica distrazione.
 
Sono razzista? Noo, io non li odio, dico la verita' senza filtri politicamente corretti.
Io sarei la prima a voler vivere in pace con loro, io sono la prima a desiderare che i miei nipoti non debbano mai andare in guerra.
Purtroppo per noi tutti, la verita' e' che gli arabi non danno nessun significato alla parola pace.
Perche' hanno colpito? Non c'era nessun motivo di farlo.
Perche' allora?
E perche' il mondo li difende sempre?
Perche' il mondo li paga?
Perche' li coccolano, li viziano, li aiutano, li difendono dalle critiche di chi sa chi sono?
Perche'?
 
Come sempre nessuno mi rispondera' e noi ebrei continueremo a morire.
Shabat Shalom

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Deborah Fait 

Inviato da alex il

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