La redenzione dell'uomo peccatore è lo scopo principale  della venuta di Cristo sulla terra come "figlio dell'uomo". 
Per questo il Suo sacrificio, espiatori o e vicario, sulla croce costituisce anche oggi il contenuto fondamentale della testimonianza dei Suoi discepoli e la motivazione primaria della loro adorazione. Questo Suo sacrificio e le Sue conseguenze sono ben espressi 
dalle immagini del Leone e dell'Agnello.

Il leone e l'agnello sono due animali che, a parte le quattro zampe, sembrano non avere nulla in comune. 
Mentre l'agnello è un animale mite che non fa paura a nessuno, il leone con il suo ruggito fa tremare anche i più coraggiosi, al punto da essere conosciuto da tutti come "il re della foresta".

Può essere sorprendente il fatto che il Signore Gesù nella Scrittura venga associato a entrambi gli animali e nel libro dell'Apocalisse troviamo un brano in cui entrambe le figure vengono utilizzate nel medesimo contesto, offrendoci l'occasione di riflettere sull'opera meravigliosa e completa del nostro Redentore.

Chi è degno di aprire il libro?

Nel libro dell'Apocalisse, al capitolo 5, Giovanni vede "nella destra di Colui che sedeva sul trono un libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli" (Apocalisse 5:1). Poi vide "un angelo potente che gridava a gran voce: «chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i sigilli?». Ma nessuno, né in cielo, nè sulla terra, né sotto la terra, poteva aprire il libro, né guardarlo" (Apocalisse 5:2-3). 
È un passaggio fondamentale del libro.

Il lettore che proseguirà la lettura dell'Apocalisse scoprirà che l'apertura di quel libro darà il via ai giudizi di Dio che si svilupperanno nei capitoli successivi fino al compimento dell'ira di Dio e allo stabilimento del Suo Regno eterno. 
La tensione è quindi alta, il momento è drammatico. 
È giunto il momento di cui i profeti hanno parlato da millenni, il momento in cui Dio deve giudicare gli uomini e nessuno è degno di gestire il giudizio. 
Ecco perché Giovanni piange (Apocalisse 5:4). 
Ma a quel punto, Giovanni viene rincuorato e apprendiamo che esiste Qualcuno degno di aprire il libro: "Ma uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ecco; il Leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli»" (Apocalisse 5:5). 
Un Leone è degno di aprire il libro. 
Ha vinto per poterlo fare.

Il contesto rende evidente la natura simbolica dell'immagine. Non si tratta di un animale, un vero e proprio leone, ma di un uomo, infatti è indicato come "il discendente di Davide". 
Quest'uomo appartiene alla tribù di Giuda, è un discendente di Davide, quindi un re, e ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli. 
A questo punto il lettore dovrebbe già aver identificato questo personaggio con Gesù il Cristo. 
Ma perché viene indicato come "il Leone della tribù di Giuda"?

Il Leone

Nel Nuovo Testamento l'espressione "Leone della tribù di Giuda" si trova solo in questo passo. Inoltre, nel Nuovo Testamento, il Leone è spesso associato addirittura all'avversario (2 Timoteo 4:17; 1 Pietro 5:8). 
Non è quindi scontata la domanda sul motivo per cui il Messia viene qui indicato come "il Leone della tribù di Giuda". 
Per rispondere a questa domanda osserviamo che una particolarità del libro dell'Apocalisse è quella di non avere citazioni dirette dell'Antico Testamento pur contenendo diverse centinaia di allusioni a passi tratti da quest'ultimo, al punto che risulta quasi impossibile comprendere questo libro senza conoscere le scritture dell'Antico Testamento. 
L'espressione "il Leone della tribù di Giuda" è proprio una di queste allusioni all'Antico Testamento. 
L'associazione tra il Leone e la tribù di Giuda risale addirittura al libro della Genesi. Nel capitolo 49 della Genesi, Giacobbe (il capostipite del popolo di Israele) profetizza intorno ai suoi figli e la loro discendenza. Quando arriva il turno di Giuda, Giacobbe disse: "Giuda è un giovane leone; tu risali dalla preda, figlio mio; egli si china, s'accovaccia come un leone, come una leonessa: chi lo farà alzare? Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né sarà allontanato il bastone del comando dai suoi piedi, finché venga Colui al quale esso appartiene e a cui ubbidiranno i popoli" (Genesi 49:10).

La tribù di Giuda è quindi associata da Giacobbe al leone, un animale forte, un predatore che non teme nessuno. 
Da quel momento il leone diventa quindi simbolo della tribù di Giuda. 
È fondamentale che in questo passo la tribù di Giuda venga associata al "bastone del comando" e allo "scettro" a dimostrazione del fatto che, come poi si vedrà nel resto dell'Antico Testamento, i legittimi re di Israele, a partire da Davide, sarebbero appartenuti a questa tribù. 
Il Signore promise a Davide che la sua casa e il suo regno sarebbero stati resi stabili per sempre attraverso la sua discendenza (2 Samuele 7:13-16).

Benché l'interpretazione delle Scritture a riguardo dell'aspettativa messianica non fosse uniforme nel Giudaismo dell'epoca (e non lo è neanche oggi), è un fatto che molti Israeliti attendessero un re, un figlio di Davide (Matteo 22:42), che avrebbe regnato per sempre. 
Molti pensavano che tale figura dovesse coincidere con il "figlio d'uomo" di cui è scritto in Daniele: "io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d'uomo; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui; gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto" (Daniele 7:13-14).

Gesù stesso utilizzo l'espressione "figlio dell'uomo" per auto-designarsi come Messia (Matteo 26:64; Marco 13:26; Luca 12:40) identificandosi in qualche modo con la visione di Daniele e dichiarò anche davanti a Pilato di essere effettivamente un re (Giovanni 18:37). 
Sappiamo inoltre che Egli era discendente di Davide (Matteo 1:1) e quindi di Giuda.

Il Messia-Re deve quindi appartenere alla tribù di Giuda (simbolizzata da un leone) ed essere discendente di Davide. 
Ha quindi perfettamente senso che in Apocalisse 5:5 Gesù venga designato come "il leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide". 
Lo scettro è appartenuto nella storia ai re della tribù di Giuda a partire da Davide, ma chi è il re per eccellenza, che regna per sempre se non il Messia, il Signore Gesù? 
A chi dovranno ubbidire i popoli se non a Lui? 
Più avanti nel libro dell'Apocalisse troviamo proprio un'allusione al Salmo 2:9 che ci mostra il Messia che governa le nazioni: "Dalla bocca gli usciva una spada affilata per colpire le nazioni; ed Egli le governerà con una verga di ferro" (Apocalisse 19:15).

Giovanni ricevette quindi in questa visione una splendida notizia perché il leone della tribù di Giuda, il Re discendente di Davide, ha la competenza per gestire il giudizio, aprendo il libro con i suoi sette sigilli! 
A questo punto Giovanni, e con lui il lettore dell'Apocalisse, è pronto per vedere questo personaggio che è appena stato introdotto nella visione. 
Ci aspettiamo da un momento all'altro che appaia il leone della tribù di Giuda pronto ad aprire il libro. Ce lo immaginiamo mentre si reca con passo fiero e a testa alta verso il Trono per ricevere il libro e, finalmente, aprirlo. 
Ed è qui che la visione ci sorprende perché Giovanni, guardando verso il trono, non vede un leone ma un agnello.

L'Agnello

Tutte le volte che leggo questo brano, anche mentre sto predicando, riesco a stento a trattenere le lacrime per la commozione. 
Immagino Giovanni che si volta pronto a vedere il maestoso Leone e si trova davanti un Agnello che portava visibili segni di sofferenza e morte: "Poi vidi, in mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello in piedi, che sembrava essere stato immolato, e aveva sette corna e sette occhi che sono i sette spiriti di Dio, mandati per tutta la terra. Egli venne e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono" (Apocalisse 5:6-7). 
L'Agnello "sembrava essere stato immolato", quindi portava su di Sé i segni della morte patita, tuttavia è vivo!

D'altra parte Gesù già nel primo capitolo dell'Apocalisse si era presentato a Giovanni dicendo: "Non temere, Io sono il primo e l'ultimo, e il vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli..." (Apocalisse 1:18). 
Era morto ma ora è vivo. 
L'Agnello porta i segni dell'immolazione ma è in piedi in mezzo al trono. 
Inoltre è presentato come Onnipotente e Onnisciente, caratteristiche che normalmente sono associate a Dio stesso. 
Il numero sette sta infatti ad indicare la completezza, la perfezione. 
Le sette corna indicano quindi completa potenza (le corna sono uno strumento di attacco per molti animali e nelle scritture rappresentano spesso la forza, la potenza per sconfiggere i nemici - es. Deuteronomio 33:17; 1 Re 22:11, Michea 4:13, Zaccaria 1:18-21) mentre i sette occhi indicano completa conoscenza (Zaccaria 4:10 in cui sette occhi sono associati alla conoscenza globale delle vicende umane da parte di Dio). Inoltre i sette occhi sono associati ai sette spiriti di Dio, ovvero a Dio stesso! 
Non si tratta quindi di un semplice uomo. 
La scena è magnifica!

L'Agnello prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. 
Perché poteva farlo? 
Lo scopriamo nelle parole delle quattro creature viventi e dei ventiquattro anziani che si prostrarono davanti all'Agnello dicendo: "Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il Tuo Sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un Regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra" (Apocalisse 5:9-10).

L'Agnello è stato immolato, ovvero ucciso, e la Sua morte è stato il mezzo con cui ha acquistato a Dio persone provenienti da ogni parte del mondo per appartenergli. 
Questo è il motivo per cui l'Agnello è degno di aprire il libro! 
Lui ha pagato per i peccatori quindi Lui è degno di stabilire chi deve essere giudicato e come (Giovanni 5:22).

L'immagine dell'Agnello immolato per riscattare i peccatori la troviamo già all'inizio del Vangelo di Giovanni nelle parole di Giovanni il battezzatore: "Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!»... e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: «Ecco l'Agnello di Dio!»" (Giovanni 1:29, 36). 
Gesù viene chiaramente indicato come un Agnello attraverso il quale il peccato del mondo è tolto!

Questa immagine viene ripresa nell'epistola di Pietro: "...sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma con il prezioso Sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia" (1 Pietro 1:18-19).

La figura dell'Agnello è quindi una figura consolidata nel Nuovo Testamento e si basa su una figura altrettanto familiare del Vecchio Testamento. Infatti il quattordicesimo giorno del mese di Nisan, fin dalla sua istituzione in Esodo 12, gli Israeliti celebravano la Pasqua sacrificando un agnello. In quell'occasione il sangue dell'agnello venne sparso sugli stipiti e l'architrave delle porte delle case in cui veniva mangiato in modo che essi non venissero colpiti come gli Egiziani: "Infatti, il SIGNORE passerà per colpire gli Egiziani; e, quando vedrà il sangue sull'architrave e sugli stipiti, allora il SIGNORE passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nelle vostre case per colpirvi" (Esodo 12:23).

Il termine "pasqua" ricorda proprio quest'atto del "passare oltre" da parte del Signore vedendo il sangue dell'agnello sulle porte.

Un altro brano molto conosciuto in cui viene utilizzata la figura dell'Agnello è Isaia 53. Questo brano è particolarmente importante perché si tratta dello stesso brano che il ministro etiope stava leggendo (Atti 8:32) quando incontrò Filippo: "Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l'agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, Egli non aprì la bocca" (Isaia 53:7).

L'etiope chiese a Filippo aiuto per capire il testo: "L'eunuco, rivolto a Filippo, gli disse: «Di chi, ti prego, dice questo il profeta? Di sé stesso, oppure di un altro?» Allora Filippo prese a parlare e, cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto messaggio di Gesù" (Giovanni 8:34- 35).

Per Filippo non fu dunque difficile identificare il servo sofferente dipinto in Isaia 53 come Gesù stesso a dimostrazione del fatto che gli apostoli avevano già compreso a quel punto che dovevano applicare a Gesù quel brano di Isaia. 
Ma non doveva essere il Leone ad aprire il libro? 
Eppure è l'Agnello che prende il libro dalla destra di colui che siede sul trono.

A questo punto comprendiamo ciò che il Signore vuole mostrarci: il Leone è l'Agnello e l'Agnello è il Leone. 
Non può esserci l'uno senza l'altro perché, per poter aprire il libro, il Leone ha vinto proprio essendo immolato come Agnello.

Se conosci l'Agnello non hai paura del Leone

Quando il Signore Gesù venne sulla terra per offrire sé stesso come "agnello che toglie i peccati del mondo" venne frainteso da molti. 
Quando Gesù parlava del figlio dell'uomo in termini gloriosi ed eterni, coerenti con la profezia di Daniele 7:16, non c'erano particolari problemi, ma i Suoi interlocutori erano confusi quando Gesù diceva che il Figlio dell'uomo doveva soffrire e morire (Marco 10:45; Luca 9:22; Giovanni 3:14; 8:28), infatti essi si aspettavano un Messia Re che non sarebbe mai morto: "Gesù disse: «Questa voce non è venuta per Me, ma per voi. Ora avviene il giudizio di questo mondo; ora sarà cacciato fuori il principe di questo mondo; e Io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a Me>'. Così diceva per indicare di qual morte doveva morire. La folla quindi gli rispose: «Noi abbiamo udito dalla legge che il Cristo dimora in eterno; come mai dunque Tu dici che il Figlio dell'uomo dev'essere innalzato? Chi è questo Figlio dell'uomo?»" (Giovanni 12:30-34).

La grandezza di Dio si mostra nel fatto che il trionfo di Cristo avvenne proprio attraverso la croce! 
Quella che, da un punto di vista umano, sembrava una sconfitta di Dio diventa invece la Sua più grande vittoria sul nemico. 
Ma la maggior parte degli Israeliti si aspettava di incontrare il maestoso Leone della tribù di Giuda mentre non erano pronti ad accogliere l'Agnello che sarebbe stato immolato.

Erano pronti a ricevere un Re ma non comprendevano l'aspetto sacerdotale dell'opera del Messia dipinta proprio in brani come Isaia 53 e spiegata nel Nuovo Testamento nel dettaglio nella lettera agli Ebrei: "Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei beni futuri, Egli, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d'uomo, cioè, non di questa creazione, è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio Sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna" (Ebrei 9:11-12).

Il Leone della tribù di Giuda ha vinto proprio diventando l'Agnello immolato che toglie il peccato del mondo. In quel modo ci ha acquistato una redenzione eterna permettendoci di essere riconciliati con Dio, cosa che la maggior parte degli Israeliti dell'epoca non comprese.

Mi chiedo cosa sarebbe stato di noi se il Leone avesse aperto i sigilli del libro e dato inizio al giudizio senza essere anche stato l'Agnello che è morto per i nostri peccati?
Chi di noi avrebbe potuto, con la propria giustizia, rimanere in piedi di fronte al giusto giudizio di Dio?

Per questo motivo, chiunque non sia legato al Signore attraverso il Nuovo Patto (Luca 22:20) inaugurato attraverso l'opera sacerdotale dell'Agnello, farà bene a temere il Leone quando verrà per regnare.
Ma, se conosci l'Agnello, non devi avere paura del Leone.

Nei capitoli 4 e 5 dell'Apocalisse assistiamo ad un crescendo nell'adorazione che si estende dalle quattro creature viventi (4:8) ai ventiquattro anziani (4:10) che adorano continuamente "il Signore, il Dio Onnipotente, che era, che è, e che viene".

L'adorazione cresce ancora e viene introdotto un cantico nuovo che esalta l'Agnello dopo che quest'ultimo ebbe preso il libro (5:9-10) per poi coinvolgere miriadi di angeli intorno al Trono ed estendersi, infine, a tutto il creato che esalta congiuntamente "Colui che siede sul trono e l'Agnello": "E vidi, e udii voci di molti angeli intorno al Trono, alle creature viventi e agli anziani; e il loro numero era di miriadi di miriadi, e migliaia di migliaia. Essi dicevano a gran voce: «Degno è l'Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode>'. E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono, e all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli»" (Apocalisse 5:11-14).

A questo punto è scritto che le quattro creature viventi dicevano: "Amen!". 
E gli anziani si prostrarono e adorarono.

Immaginando la grandezza di una simile scena, pensando al piano di Dio per noi, all'opera dell'Agnello immolato e alla maestosità del Leone della tribù di Giuda che regnerà per sempre, non possiamo fare altro che inginocchiarci ed unirci a loro.

Omar Stroppiana

«IL CRISTIANO» giugno 2012 www.ilcristiano.it

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